[Da: Faraòn Meteosès
(Stefano Amorese), Psicofantaossessioni,
prefazione di Claudio Comandini,
Faloppio (CO), Lietocolle, 2007.]
KM 1999
Esserci stati, quando ci dovevamo essere,
dietro le barricate, entro le scuole a studiare il Maoismo
contro i conservatori, a fianco i progressisti,
lungo i corsi centrali, nelle piazze,
durante le marce autogestite,
alle manifestazioni non violente
per i diritti civili, per le lotte sindacali
accanto agli ultimi partigiani, agli antifascisti;
senza essere stati brigatisti rossi,
dei N.A.P., del Potere Operaio,
perché mio padre avrebbe potuto viaggiare
su quell’Italicus, sulla Stella del Sud,
mio zio sostare a piazza Fontana,
mia madre fare la spesa al Mercato Trionfale
… ma eravamo troppo giovani per sapere, per capire
ciò che era successo, quanto era accaduto.
Esserci stati, quando ci dovevamo essere,
essere stati sessantottini anche solo in settanta,
aver commentato sulla sconfitta
della Nazionale in Messico,
sul viaggio interstellare di Gagarin,
sul primo allunaggio di Armstrong e di Aldrin
aver assistito al concerto di Jimi Hendrix al Brancaccio,
alle prime dei film di Luis Bunuel,
ballato i Bee Gees al Piper con Renato Zero,
aver visitato il museo di Dalì,
giunti ad Amsterdam con l’Interail,
a Cristiania dei tempi d’oro,
scappati in Nepal a ritrovare sé stessi,
fumato la marijuana a Benares,
allucinati di moderno induismo
o tatuati col segno del Tao,
augurandoci di non essere stati vietnamiti, afgani,
non nati per caso in Indocina,
per uno scherzo del destino nella Steppa dei Chirghisci
… ma noi siamo stati sorpassati dagli anni ottanta,
dai capi firmati Valentino, dall’edonismo Reaganiano,
dai PC, dai 7e30, poi dai 7e40,
alle otto meno venti tutti a cena, più tardi ad un party,
a un dopo-cena con tanto di olivette
e cosi non abbiamo avuto l’opportunità,
il piacere, la stravaganza
di terrorizzare, attaccare il potere politico,
stupefare, ridicolizzare la società,
ma guardato nel monitor in tempo reale
yugoslavi, albanesi, zairesi uccisi come le mosche,
cadere nella tela delle multinazionali
e a chi a loro ha svenduto arsenali di seconda mano
è lo stesso che ha inviato aiuti umanitari,
educato alla dittatura i vassalli come Said Barre
e gli sforzi di Troskij, di Ghandi, di Malcom X
a che cosa sono serviti? A che pro, il loro martirio?
Esserci stati nelle praterie del Tennessee
tutti nudi ma dignitosi del proprio corpo,
abbracciati agli alberi come fratelli,
nel tripudio con ghirlande di fiori sulla testa,
danzando in cerchio come a Stonehenge, in posizione yoga
respirando coi diaframma nel momento dello zenit,
sovrastati dal volo dell’Aquila
e invece noi abbiamo addentato l’Agnello Pasquale,
la Colomba della Pace,
sentito il sapore di Dio attraverso il cibo,
abbiamo trangugiato, masticato le ostie,
stracolmi dello Spirito Santo,
immersi nel benessere apparente,
tornati per il prossimo millennio già mangiati,
detersi, immacolati, già confessati
per nulla cresimati solo al matrimonio e cristocentrici,
catto-mafiosi ed italioti per nulla europeisti,
per nulla cosmopolitici ma turistico-pedofili,
autorizzati a deflorare le bambine tailandesi,
a fare stragi d’innocenti in Brasile
per conto del Capitalismo, in nome di quello stesso Dio
che ha permesso tutto questo!
Esserci stati nelle accademie,
nei conservatori sperimentali,
nei campi-studio e lavoro
col metodo Montessori,
con nozioni di psicologia bioenergetica,
attori in psico-drammi,
come figuranti della Metro-Goldwyn-Mayer
in un grande ruggito-conato di vomito,
espulso tutti “i direttori artistici, gli addetti alla cultura”,
buttato giù da una rupe-discarica
la più “fetosissima” immondizia commerciale
… ma che da quelle buste-placente di plastica
non nascano i nostri figli insicuri, paurosi,
senza valori precisi, senza uno scopo,
seppur minimo nella vita
e le nuovissime generazioni ci si ritorcono contro,
perché questo è ciò che hanno ereditato:
una libertà a caro prezzo che dovranno essi stessi pagare,
mentre i nonni ogni giorno muoiono
per l’estrema vecchiezza abbandonati in cronicari
dopo terribili terapie geriatriche,
intanto ad alcuni non è concessa la Morte,
ad altri è permessa la Vita per la Madre-provetta
e pochi altri più longevi resistono
e lasciano medaglie ai nipoti,
loro, ultimi eroi di una patria che non c’è più,
se non sulla carta di un mondo
che esiste soltanto nella sigla dei programmi satellitari.
E noi che abbiamo più di trent’anni suonati,
abbiamo piantato un fiore sopra il cavalcavia
dell’autostrada del Sole al Km. 1999,
mentre lassù sfreccia un concorde,
là transita il treno per Lourdes
tu mi consigli di contrarre una pensione integrativa,
d’installare un impianto a GPL
… di comprarmi la casa a riscatto.
***
Decomposizione sedimentaria
Morti viventi già fossili nelle intercapedini
negli orifizi degli edifici
e sonnolenti in piedi per movimenti deambulatori e peristaltici
ferruginosi e plastificati all’escrescenza alla putredine
focolaio di pusillanime sentenziatori saccenti di So Tutto
nei luoghi più comuni residenti
e probatori alla difesa delle ricchezze dei formicai
apparentemente benestanti ostentano la Felicità
nel possedere ossessivamente oggetti
nel marchiare all’onta del disonore la Coscienza Ribelle
e si rigurgitano in faccia visioni alterate
avvelenate e avvalorate
dai Capi in Testa che promulgano gli Editti
e guardano allucinati lo Strapotere che li crea e trangugia
ingranando nell’ingorgo marce forzate e sempre meno soste:
clonanti e clonati si acclamano si applaudono
in un eclatante
esasperato
girovagare
ipnotico.
***
Sidol
Sidol: sapore giallo limone. Agra lucidità mentale.
Solarità del pomo: pensiero primigenio.
Lingotto sferico delle mie ricchezze
interiori. Totem in forma fallica.
Ricordo-flash afonico di richiamo citofonico
come una burla-barlume-bambino.
Panno di lana morbida sfregato su livelli
lisci-lascivi-lussuriosi.
Sapore di oro puro: pulizia dello Spirito.
Duttile occhio metallico dell’autocoscienza.
Attraverso la serratura scorgo la vera essenza del mondo.
La mia casa è tutta di Sidol come una fiaba
consumistica-atavica.
Le mie mani risplendono come piatti di ottone
insieme fanno un vassoio di gioielli:
darò a te la carezza più aurea.
La mia fronte è priva di rughe sono ancora neo-nato:
ho un vagito aurorale.
La maniglia è ora tirata da fili di paglia.
Mi porto in un’altra stanza senza sostanza
… in un’altra dimensione
che luccica di Sidol! Qui… nel supermarket.
Note critiche
Libertà e rottura, rivelano queste poesie di Stefano Amorese (alias Faraòn Meteosès) che prende chiaramente le distanze da accademismi e poetiche prevalenti attuali e passate; ma non dalla storia e dalla vita reale, attraverso le infinite voci che le raccontano e l’hanno raccontata. Una volontà, parrebbe, di raccordo diretto delle proprie esperienze e percezioni ad una propria formanda lingua, che batte libera con empito teatrale attraversando e metabolizzando paesaggi su paesaggi, rompendo gli argini di un dire “stitico”, per dirla col prefatore, che “spesso scambia per poesia sfoghi incolori”. Qui, invece, i versi pulsano ed esondano – con un affollarsi di nomi, oggetti, sigle, richiami, espressioni di gergo comune o tecnico-settoriale, o in latino e in inglese – senza nulla omettere, offrendo quadri di vita finanche sporchi ed enfi di tutte le scorie. Ed è proprio questa deliberata ipertrofia che rivela l’intento dissacratorio dei componimenti, i fianchi adiposi d’una civiltà incastrata e sempre più soffocata, ormai, nel tunnel di una modernità o post modernità spesso desolante.
I testi si compongono di versi lunghi carichi di una forza che radica su un ritmo e una musicalità giocata su assonanze e su scelte e accostamenti lessicali, il tutto preordinato – al di là della sostanza del discorso – a un’efficacia dicitoria.
Talvolta, come per la poesia KM 1999, l’affollamento polimorfico di elementi dirada per assumere l’ordine di un discorso articolato e logico.
(Giovanni Nuscis)
*
Il libro di Stefano Amorese (che in arte utilizza il proprio anagramma eufonico Faraon Meteoses) è un libro che raccoglie la produzione di un autore che come testimoniano i diversi video rintracciabili su Youtube, scrive pensando con attenzione all’oralità della propria produzione. Una caratteristica che potrebbe costituire allo stesso tempo una forza o un limite. Una forza perché la poesia, legata alla performatività del proprio autore, dona un’espressività del risultato che utilizzato con assiduità appaga degli sforzi, anche in termini di espressione. Un limite perché una volta viste, ascoltate e eseguite dal vivo, le poesie per conservare la stessa tenuta devono essere eccezionali. Come ad esempio lo sono quelle di Mariangela Gualtieri. Le assonanze e i rimandi vocali all’interno dei testi sono molti. I componimenti sottendono una vulcanica protervia compositiva, i più riusciti sono ottimi spartiti. Basta leggere poesie come “Verso il Bo”, “L’alternativa” o ancora “KM 1999″ per accorgersi che dietro alle intenzioni di coinvolgere la poesia in tutti i sensi ci sia dell’altro. Anzitutto un forte sentimento di critica nei confronti della società delle convenzioni, non solo ritmiche, con le quali siamo abituati a confrontarci. Queste poesie aiutano a risvegliare i sensi del lettore dall’intorbidimento.
(Luciano Pagano)
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Il mito metamorfico che si sviluppa lungo l’intero tracciato della silloge di poesie di Stefano Amorese, si avvale di un paesaggio linguistico fortemente variegato, in cui la parola poetica assume ruolo e funzione di viatico verso un viaggio surreale che, pur non dimenticando la consistenza della prassi contingente, opera e agisce lungo disegni e strategie dominate da una rilevante armonia espressiva.
Poesia forte, nella sua modernità, che non consente equivoci né trasmigrazioni in un altrove/rifugio che depriverebbe la parola stessa del suo insistito carattere di ambiguità.
In questa direzione, anche i momenti più cruciali della vita, i risvolti di frangenti rivoluzionari, diventano strumenti di una parola pietrificata ma non arida, proprio perchè arricchita da resistenti strutture ideali.
Una voce nuova e diversa insomma, che riflette su nodi tematici che spesso vengono elusi dalla poesia di oggi: un merito e un pregio di non scarsa rilevanza, poiché si cala entro una realtà non più astratta, bensì viva e da affrontare con il coraggio esplicito della parola.
(Walter Mauro)
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Nota biobibliografica
Faraòn Meteosès è l’anagramma e lo pseudonimo di Stefano Amorese (Roma 1965). Già militante in diversi gruppi di poeti ed artisti dell’underground romano, conquista la celebrità per le sue letture poetiche nelle pubbliche piazze della capitale e per la realizzazione di rigorose autoproduzioni editoriali. Al suo attivo “Per ludum dicere”, rappresentazione di teatro di poesia, altre performances, pubblicazioni su riviste e in rete.
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Saluto Stefano che ho conosciuto e apprezzato “live”.
le sue parole inondano lo spettatore/lettore fino a sommergerlo inesorabilmente.
ma spesso, come con km 1999 (bellissima) non si ferma alla parola sperimentale, ma sa entrare nella coscienza con un escursus storico fulminante, dissacrante, realistico e sconfortante.
autore ironico, istrionico, teatrale, dissacratore, fomentatore ma anche contagiatore, visto come sto scrivendo.
un caro saluto al padrone di casa (troppo buono), a Stefano e famiglia.
red
Bravissimo Stefano,
sempre coinvolgenti le tue poesie,
Complimenti per il tuo lavoro, e un salto affettuoso.
Patrick
Bello. Vorrei segnalarti Stefano ‘Addio Capitalismo” di William Stabile che ha delle risonanze notevoli con il tu KM99. mi piacerebbe sentirti live..
un saluto a te e Francesco.
luca
Ringrazio e saluto Francesco Marotta come ospite della sua prestigiosa bacheca e tutti gli amici che finora si sono avvicendati nei commenti. Approfitto dell’occasione per complimentarmi indirettamente anche con quell’uomo coraggioso, che ha l’immagine impressa all’apice di questa pagina, che al di là delle critiche dei tecnicismi letterari e degli attacchi bassmediatici subiti, che a mio modesto parere (considerati i tempi, auspico sia almeno questo in maggioranza!!) rappresenta uno dei pochi scrittori (eccettuati pochi esempi come quello di Leonardo Sciascia) incaricatisi con assunzione di responsabilità della denuncia sociale e dell’impegno civile … ecco, allora mi permetto (come signor nessuno, quale io sono) in questa sede che so essere luogo sicuro e sensibile, di invitare gli intellettuali di grosso calibro, quelli che contano nel Bel Paese, a dire e scrivere di più riguardo argomenti scottanti, come “Camorra”, “Mercato Globale”, “rintontimento” indotto dalla sottocultura televisiva (e qui mi fermo) nell’arduo tentativo di spazzare via una quantità consistente di pennivendoli-giornalisti-giornalai, prìncipi incontrastati della “Disinformazione”, appartenenti a tutti i regimi esistenti: irradiati dal sole o in “penombra”. (Mi scuso per l’estensione del post, ma vado spesso fuori tema).
@ Luca: grazie. Cercherò di procurarmelo al più presto.
Meteosès
Ringrazio Roberto, Patrick e Luca.
Invito chi non lo conoscesse nella dimensione “live” a cercare su you tube, inserendo la voce “Faraòn Meteosès”, testimonianze della dirompente forza performativa di Stefano.
fm
Grazie, Stefano, per la tua graditissima partecipazione e per tutto quello che hai scritto in questo commento.
fm
i testi di Stefano reggono anche su “carta” (il che non sempre accade per tutti i performer); evidente lo slancio etico, il neo-barocco, la denuncia espressionista e… la bellezza di “sidol” (non a caso, se ricordo, prodotto di pulizia per l’..ottone), un caro saluto, V.
Un caro saluto a tutti gli amici intervenuti in questo post.
Stefano lo conosco da anni sin da quando, da bravo situazionista, irrompeva nel caos calmo dell’apatia odierna spaccando luoghi comuni, incendiando le parole, denudando re, prìncipi e vassalli. Quindi ogni commento sarebbe ben poca cosa rispetto alla realtà dei fatti.
Ringrazio Stefano per le parole spese su Saviano che temo abbia la sorte segnata visto come vanno sempre a finire le cose in questo paese e non intendo la morte fisica ma certamente, con il passare del tempo, la morte sociale. C’è sempre un grande fratello, un’isola dei famosi, una finale di champions league (lo dico da amante del calcio) da mettere sull’amo del pescatore d0anime.
Ciao
pepe
Ciao, Gabriele, sono felicissimo di rileggerti nei commenti. Aspettando di rileggerti anche come poeta.
Ti abbraccio.
fm
ho piacere anche io di lasciare una memo su Stefano, che saluto fraternamente insieme a Gabriele:
“teatrale pulsazione in cui la poesia fa mostra della sua esistenza fuori da metriche desuete e da cifre incerte, ma immersa in una vitalità dirompente figlia della contemporaneità da cui trae i benefici di una musa.
L’orecchio viene appagato dall’armonia fonico-lessicale che irrompe in partitura musicale;
la mente procede a spolverare (come per le pulizie comandare)i sedimenti incrostati dal tempo che oscurano le rivoluzioni singole e collettive.
Porto ancora negli occhi la “rappresentazione” goduta da Rinascita a inizio anno, ed i movimenti sincopati di un “burattino-burattinaio”.
Complimenti a te Faraon e buena vida!!
Khiton
“Esserci stati”, Stefano, …ed esserci, ancora, credo che sia il destino di chi non vuol stare in un angolo a “contare i francobolli”. Lieto davvero di trovarti qui, con le mie parole sul tuo libro.
Un caro saluto a te e a Francesco.
Giovanni