[Nel respiro è uno dei tre poemetti, insieme a Nel sangue e Nel battito, che danno corpo all’ultimo lavoro di Paolo Fichera: esemplare chiusura di un cammino circolare (cfr. qui e qui) iniziato tra le pagine di quell’autentico gioiello che è Lo Speziale.
Su Oboe Sommerso di Roberto Ceccarini è possibile ascoltare, oltre a quelli che qui si presentano, altri versi tratti da questa sezione dell’opera nella lettura di Simone Giorgino: qui e qui per la precisione.]
Estratti da Nel respiro (inedito, 2008)
(ed è cosa nuda che erode cose)
…il libro deposto nella fossa
ciò che termina
la maceria, l’olfatto
che il preludio sentenzia
a ogni respiro un codice,
un rito celebrante
adorante
la neve ombra corrode
l’infante, la tomba tace
il corpo bruciato, l’alito
sigilla la croce
alto il fumo erode
stanza 4
reparto B3,
tumulo di fossa 710
31-5-1939
ora 7-9-2007
altri non hanno il corpo
sono fisso nel segno
e non sento il dolore
neanche la terra ora
innesta alla terra il dolore
il seno
ogni divario schermato d’ombra
l’essenza-assenza
il seno
che la crepa smuove
il seno della fossa,
di ogni fossa
nel battito che nasce dalla fossa
l’ibrido ramato nella piaga
nell’ascolto che la piaga
rende nodo e vagito
ascolta e resta carne
nel legno
che la parola fissa e annida
e chiara rende la luce
ora che la luce
ha scavato la penombra
ora che l’ha resa
sperma
ora che la notte ha sete
e l’umanità è il battito ampio
di un vagito che si perde
ora
la maceria è distesa
ora e da sempre
ora
che il calice è versato
e l’acqua si smembra
morirò nel battito
e tu con me, e con te chiunque
l’orlo, cucito dall’ombra
albero padre, ramo padre,
pane padre, acqua padre,
vento padre, respiro padre,
sangue padre, stanza padre,
la pietà e l’umanità a terra
si dibatte, chiede pietà
il sorriso di carità
riduci il respiro
a una stele infissa
in sabbia di arti e polpa
e sangue e polpa e vena
e tu sei
la crepa
che l’ospite nutre
ti lascio e pongo l’acqua
alle labbra secche
l’organo reagisce in gesti
senza pensieri
caro padre, la tua mano,
la vita tessuta come l’incanto
lo sguardo alto, il cielo alto
e quieto, l’armonia del ferro
padre mio, mio compagno
i passi della vita
sono gli stessi della morte
padre mio, la musica, l’armonia
le note le ali, la vela nera
della barca che non hai mai solcato
ti chiudo gli occhi
ora che il nervo
premuto a premere
ora che il nervo premuto
non preme
e gli occhi danno alla lingua
il seme
vagina e lacrima
il seme umido
il cuore germe di mio figlio
che ogni parola sia umanità
e vagito d’animale e lacrima
di mondo e cellula e grumo
racchiuso e fondo ampio sazio
germe solco
vena carezza
non più sapere o non sapere
indossare la tunica
che lo strazio lambisce
e rende orfano
non più orfano o non orfano
non più mondo o realtà appesa
pensiero
che freme
e reagisce al tocco di mani
e pensiero
tu avvicini la sera
dove nudi cani accompagnano i morti
il corteo spelonca
la coltre lambita da lamine secche
la vita distesa nel solco di un frammento
scissa in cadaveri d’albe
flusso dove la neve freme
inno divelte inno placido e santo
mensa che il cielo disperde
dolce rame andando in dolce rame
ossa
corolla
pulpito
lama
pupilla organo
ciabatte occhio specchio
padre la resa padre pane
figlio la sete figlio fame
figlio l’utero figlio vena danza
cibo
richiamo
eco che nel trapasso
gli occhi distende
e il grumo brucia
raccolto nell’orda
***
riduci il respiro
a una stele infissa
in sabbia di arti e polpa
e sangue e polpa e vena
e tu sei
la crepa
che l’ospite nutre
ti lascio e pongo l’acqua
alle labbra secche
l’organo reagisce in gesti
senza pensieri
***
immagini di nascita e morte che si unicono ad anello in ciclo di memorie in immagini sanguigne e pulsanti.
I versi trascritti sono – a mio sentire – l’attimo d’abbandono melodico e carezza di figlio/padre/madre come un unicum dell’essere.
grazie della segnalazione Francesco, per il lavoro “sporco” da blogger.
ciao,
red
grazie francesco, per tutto. l’immagine dell’uomo di giacometti è perfetta. lui c’è sempre in me: c’era ne Lo speziale, c’è in questo libro, c’è nel poemetto Il cieco, a lui dedicato.
grazie a natàlia: è come dici tu: “figlio/padre/madre come un unicum dell’essere”. io figlio-mio padre-mio figlio-io padre-madre-sorella-moglie: ogni voce in un’unica voce perché i ruoli sono sciolti.
ciao
paolo
Grazie Natàlia e Roberto.
E grazie a Paolo, in attesa del libro.
fm
credo che, fra quelli che ho avuto fortuna di trovare, sia uno dei più belli e intensi squarci/rivelazioni sulla relazione figlio-genitore di fronte al confine vita-morte
un caro saluto a Paolo, a Francesco e a tutti
Mario Bertasa
p.s. però vorrei evidenziare che questo lavoro di Fichera ruota attorno ad una genitorialità nel segno della dedizione e della “compagnia” che è altrettanto preziosa ed intensa ma, purtroppo, non sempre esperibile sul piano delle storie individuali…
m’incuriosisce, anche se, da quello che ho letto e ascoltato, lo trovo un lavoro per il teatro, da portare in teatro.
Anch’io aspetto il libro. Grazie per la presentazione. fernanda
Cara Fernanda, il libro ora c’è:
http://78.6.11.203/Arcolaio/
Presto ne daremo conto anche qui.
Ciao.
fm