Victor Segalen
“Les stèles étaient des montants destinés à faciliter la mise en terre des cercueils. On y inscrivait des commentaires en guise d’oraison funèbre. Elles sont maintenant des plaques de pierre, montées sur un socle, dressées vers le ciel et portant une inscription.”
“Leur orientation est significative. Les stèles donnant au sud concernent l’Empire et le pouvoir, celles vers le nord parlent d’amitié, celles vers l’est d’amour, les stèles vers l’ouest concernent les faits militaires. Plantées le long du chemin, elles sont adressées à ceux qui les rencontrent, au hasard de leurs pérégrinations; les autres, pointées vers le milieu, sont celles du moi, du soi…”
STÈLES
(Un recueil de poèmes en prose, publié par Victor Segalen
en 1912 à Pékin.)
STÈLES FACE AU MIDI
Sans marque de règne (Senza suggello di regno)
Honorer les Sages reconnus; dénombrer les Justes;
redire à toutes les faces que celui-là vécut, et fut
noble et sa contenance vertueuse,
Cela est bien. Cela n’est pas de mon souci: tant de
bouches en dissertent! Tant de pinceaux élégants
s’appliquent à calquer formules et formes,
Que les tables mémoriales se jumellent comme les tours
de veille au long de la voie d’Empire, de cinq
mille en cinq mille pas.
*
Onorare i saggi riconosciuti; enumerare i giusti;
ripetere a tutte le facce che colui visse, e fu
nobile e di contegno virtuoso;
Sì, è bene. Ma non è mia cura: tante bocche ne
dissertano! Tanti eleganti pennelli si applicano
a calcare formule e forme,
Allineate dalle tavole memoriali come le torri
di guardia lungo la via dell’Impero, ogni
cinquemila passi.
***
Attentif à ce qui n’a pas été dit; soumis par ce qui
n’est point promulgué; prosterné vers ce qui ne
fut pas encore,
Je consacre ma joie et ma vie et ma piété à dénoncer
des règnes sans années, des dynasties sans
avènement, des noms sans personnes,
des personnes sans noms,
Tout ce que le Souverain-Ciel englobe et que
l’homme ne réalise pas.
*
Attento al non detto; soggiogato dal non ancora
promulgato; prosternato verso ciò che non fu
ancora,
Consacro gioia e vita e pietà a denunciare
regni senza anni, dinastie senza avventi,
nomi senza persone, persone senza nomi,
Tutto ciò che ingloba il Cielo-Sovrano
e l’uomo non realizza.
***
Que ceci donc ne soit point marqué d’un règne; — ni
des Hsia fondateurs; ni des Tcheou législateurs;
ni des Han, ni des Thang, ni des Soung, ni des
Yuan, ni des Grands Ming, ni des Tshing,
les Purs, que je sers avec ferveur.
Ni du dernier des Tshing dont la gloire nomma la
période Kouang-Siu, —
*
Questo dunque non rechi suggello di regno, – né
degli Hsia fondatori; né dei Ceu legislatori; né
degli Han, né dei Tang, né dei Sung, né degli
Yuan, né dei grandi Ming, né dei Tsing, i Puri,
che servo con fervore,
Né dell’ultimo dei Tsing la cui gloria diede nome
al periodo Kuang-Siu, –
***
Mais de cette ère unique, sans date et sans fin, aux
caractères indicibles, que tout homme instaure
en lui-même et salue.
A l’aube où il devient Sage et Régent du trône de son
cœur.
*
Ma dell’èra unica, senza data e senza fine, dai
caratteri indicibili, che ogni uomo instaura in
se stesso e saluta,
All’alba in cui diviene Saggio e Reggente del trono
del suo cuore.
***
Départ (Partenza)
Ici, l’Empire au centre du monde. La terre ouverte au
labeur des vivants. Le continent milieu des
Quatre-mers. La vie enclose, propice au juste,
au bonheur, à la conformité.
Où les hommes se lèvent, se courbent, se saluent à la
mesure de leurs rangs. Où les frères connaissent
leurs catégories: et tout s’ordonne sous l’influx
clarificateur du Ciel.
*
Qui, sta l’Impero al centro del mondo. La terra aperta
al lavoro dei vivi. Il continente cardine mediano
dei Quattro-Mari. La vita racchiusa, propizia al
giusto, alla felicità, alla conformità.
Dove gli uomini si alzano, si inchinano, si salutano in
proporzione ai ranghi. Dove i fratelli conoscono
le loro categorie; e tutto si ordina sotto l’influsso
chiarificatore del Cielo.
***
Là, l’Occident miraculeux, plein de montagnes
au-dessus des nuages; avec ses palais volants, ses
temples légers, ses tours que le vent promène.
Tout est prodige et tout inattendu: le confus s’agite:
la Reine aux désirs changeants tient sa cour. Nul
être de raison jamais ne s’y aventure.
*
Laggiù, l’Occidente miracoloso, pieno di montagne
sopra alle nubi; coi suoi palazzi volanti, i templi
leggeri, le torri trasportate dal vento.
Tutto è prodigo e tutto è inaspettato: il confuso s’agita:
la Regina dai desideri mutevoli vi tiene la sua
corte. Nessun essere dotato di ragione mai vi si
avventura.
***
Son âme, c’est vers Là que, par magie, Mou-wang l’a
projetée en rêve. C’est vers là qu’il veut porter
ses pas.
Avant que de quitter l’Empire pour rejoindre son
âme, il en a fixé, d’Ici, le départ.
*
Verso quel Laggiù, per magia, Mu-wang ha proiettato
la sua anima in sogno. In quella direzione vuol
portare i suoi passi.
Prima di lasciare l’Impero per raggiungere la sua
anima, ne ha fissato, da Qui, la partenza.
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La traduzione di Lina Zecchi è tratta da: AA.VV., Il Pomerio. Antologia Poetica, Elitropia Edizioni, “In forma di Parole“, Libro VII, Reggio Emilia, 1983, pag. 184-191.
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Bellissimi ricordi, di quando ventenne, alla sera, nella rilkiana Duino di fronte al mare leggevo, assieme ad una mia carissima amica, Segalen, Char, Saint John Perse…
anzitutto grazie! a Rebstein per questa scoperta, perché di quest’autore ho sentito solo la storia della morte, storia che ho letto da qualche parte tantissimo tempo fa.
Molto interessanti il titolo e il tema
La stele come tramite di un incontro fra un qui e un passato oltre, ma questo in prima battuta, perché in effetti, dovrei farmi tradurre la parte iniziale in corsivo,
cmq da quello che riesco a decifrare-immaginare, nonché da quello nei versi tradotti
leggo della stele come di una rappresentazione spazio temporale
(anche di una messa in spazio di parole),
non solo in senso orizzontale (sul piano d’orizzonte, la faccia disposta come una polena verso un punto cardinale – e molto interessante che questa disposizione di per sé già dica: di amicizia, di amore e così via – e mi colpisce allora anche a cosa questa disposizione volta le spalle: per es. se la stele guarda ad est, all’amore, allora volta le spalle all’ovest, cioè alla guerra…),
ma anche in senso verticale, di tensione al cielo, rimanendo ben infissa, profondamente radicata alla terra (anzi, facilitando, come un perno o uno scivolo, il ritorno alla terra del morto)
e infine, lungo una direzione-tensione altra/alta: il qui (e ora) verso l’oltre-aldilà.
Ma, anche così, non si esaurisce in toto la sua rappresentazione, perché credo che occorra tenere conto dell’ombra che via via la stele proietta
(che la rende meridiana per il tempo diurno e la rende ciclica, raggio di sé che ritorna)
e occorre tenere conto del fatto che funge, assieme alla eventuale iscrizione, da presidio mnemonico su un tempo più lungo, .
In questo senso, la stele tiene il luogo (spazio temporale) di un incontro
(tanto è vero che la si incontra errando)
e se spingo un po’, (però mi viene :)), anche per la forma (anche se non a punta), la penso come l’attrattore di un “tempo” e di una parola-incontro “sospesi”, non ancora caduti, non ancora del tutto scaricati (a terra, nell’oblio per es.).
E allora, giusto perché questo mio intervento non campi del tutto per aria :),
aggiungo che incontro
l’attrattore, (il presidio a sospensione), in particolare nella parte:
“Attento al non detto; soggiogato dal non ancora…verso ciò che non fu/ ancora,…denunciare/regni senza anni, dinastie senza avventi,/nomi senza persone, persone senza nomi,//Tutto ciò che ingloba il Cielo-Sovrano/ e l’uomo non realizza.”
dove il “gioco”- giogo delle negazioni quel distico finale realizzano appieno il senso di sospensione in potenza della forza fuoco del cielo attratta dalla punta;
la dimensione spazio temporale invece (e non poteva essere altrimenti) in “La partenza”
in quel “qui dove laggiù tutto verso prima” (che, anche graficamente, escono come linguette -punte)
dimensione spazio temporale che comunque si concentra/incentra proprio nella ripetizione di quel “Qui” (in maiuscolo!) del verso finale.
Infine, e finisco :) che devo inviare, io leggo questi elementi ulteriormente supportati dall’uso molto accurato e raffinato della affermazione-negazione, così come dalla leggerezza ed eleganza (orientali?) unite alla profondità di uno sguardo partecipe, proprio all’incontro, sguardo anche di riconoscimento-pietas (“consacro”) verso “nomi senza persone, persone senza nomi”, nonché una velatura di ironia (nelle due terzine, bellissime, finali della prima parte di “Senza suggello di regno”.
Grazie ancora
ciao!
Cara Margherita, c’è ben poco da aggiungere alle tue notazioni…
Scrive Lina Zecchi, nel bel saggio che accompagna la traduzione (Segno nel grande spazio vuoto):
“Segalen disegna, nella prefazione a Stèles, l’aspetto e la struttura della stele:
Monumenti ridotti a una tavola di pietra, che si erge dritta e porta un’iscrizione. Esse incrostano con le loro fronti piatte il cielo cinese… Segnando un fatto, una volontà, una presenza, forzano alla sosta, in piedi, faccia a faccia con loro. Nel rovinoso vacillare dell’Impero, sono le sole a implicare la stabilità.
Il tempo “visivo” dell’incontro faccia a faccia con la stele è anche, subito, gesto, posizione; tempo spazializzato, tradotto nell’immobilità che allude all’interiorizzazione del messaggio. A una consustanzialità stele-messaggio, fa eco una consustanzialità corpo della stele-corpo di chi guarda. Il decifratore riproduce in sé, nel suo spazio interiore, la scansione rituale dei caratteri incisi.
La stele è una sosta. Dove il tempo vissuto si trasforma in spazio vivente, in seno al quale il Vuoto opera incessantemente mutazioni interne.”
…
“Recuperare nel libro la spazialità e la sacralità delle steli, vuol dire costringere il lettore a seguire la rigida dimensione simbolica che i cinesi attribuiscono ai punti cardinali: i cinque punti cardinali, dato che esiste anche un “cardine mediano”, un “Centro”, che corrisponde al luogo, interiore ma fuori dalla geografia corrente, della conoscenza di Sé.
Il testo di Stèles allude sempre imperiosamente allo spazio, e al posto che la parola occupa nello spazio. Spazio che si dà immediatamente come spaziatura; cornice geometrica che ritaglia vistosamente la dimensione, il perimetro e l’area sacra in cui la parola della stele deve muoversi e iscriversi.
La stele è una sosta. Sosta, arresto miracoloso che annulla – in una scansione nel tempo e nello spazio – il tempo e lo spazio misurabili.”
fm
splendida la scelta di questo grande Segalen e splendidi i commenti di Margherita e tuo, caro Francesco ( e quello di Lina Zecchi, naturalmente).
GRAZIE, passare di qui per una lunga presa di fiato…
lucetta
“In forma di parole”: sento ancora il testo di Segalen che leggevo allora, emozionandomi. “La dimora del tempo sospeso”: ritrovare nel web quell’emozione, sfogliare lo schermo come una pagina vera. Qualcosa di romantico, di struggente. Ma anche una fermissima testimonianza di ciò che ha valore. Una stele.
Marco
Sono convinto che, a breve, Lina Zecchi sarà qui a offrirci altre testimonianze – e non solo di Segalen.
fm