
Francesco Scaramozzino
Lucetta Frisa
Sono tutt’altro che “balordi”, questi sonetti di Lucetta Frisa, sia nella forma che nel contenuto, sia, soprattutto, nella lucida consequenzialità che li collega in un percorso “alchemico”, logico e consapevole, capace di essere rielaborazione, trasformazione e, insieme, definizione di un programma di vita, di una modalità nuova e salvifica di approccio ai grandi temi dell’esistenza.
La raccolta origina dal dolore, un dolore profondo e radicato, archetipico e personale, così che tutta la prima, eponima sequenza è pervasa da termini, concetti, verbi, aggettivi (quali “sprofondata, entrare, sottoterra, dentro, entrata, ficcata, interrati, involucro, corpo nella fossa, murate, maschere, clessidra”) che definiscono una visceralità centripeta, espressa in un volgere quasi ossessivo a un’interiorità sentita non più come ripiegamento protettivo, ma colta nel suo inevitabile confrontarsi con un “fuori” lontano ed estraneo (“Grigio cielo di nuvole in estate”, “La via lattea lassù e qui la strada grigia”), in una dialettica vissuta per sua natura come rifiuto ed espulsione.
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