si riversa sulle cose e dentro il remoto del cielo
come dentro il filo verde dei monti e delle colline intorno —
traccia in aria un suo azzurro percorso
puntando verso ogni possibile mutamento
Roberto Cogo, Supplementi di viaggio
(2010-2011, inedito)
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davvero disse — basta soltanto udire e vedere
vivere ogni cosa con tutti i sensi
essere prato e roccia
albero che cresce i suoi rami nell’attesa della pioggia
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nel bagliore violento del sole osservare gli alberi
accordare il flusso dell’acqua all’ibrido aereo dei canti
di invisibili uccelli — tutta l’arte e le invenzioni dell’uomo
ammassati alla rinfusa — tutta la storia in un vibrare di foglia
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sciocco vano insensato rincorrersi e mostrarsi — disse
documenta l’occhio in posa sulle cose
il salto dello sguardo oltre l’ombra del ramo
piegato sopra un possibile mondo — molto più di quanto ci è dato
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la variazione è uno spiraglio di luce
penetra nel fitto verticale dei giunchi tutti protesi —
appare allo sguardo per uno spalancarsi di porte
un attimo d’erba in sospesa comprensione
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non dev’essere così male disse — avere un corpo di legno
muoversi elastici a scoprire nuove altezze
tra le diverse prospettive pensarsi punto mutevole
nell’aumento vigoroso della luce
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rinunciare all’umano dinanzi allo scenario naturale —
a tratti il sole trova uno spiraglio tra le nubi estive
in transito nel cielo continentale — sulle terre
punteggiate di laghetti i giorni si dedicano al grigiore
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acque brunastre a serpeggiare nell’ampia fenditura della valle
invasa da una vita porosa tanto prospera di penombre —
di fronte agli arti spalancati nell’effluvio della vegetazione
non costa poi molto rinunciare alle pretese
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questa è la natura che non lascia dubbi disse — esige
la nostra attenzione ai margini di città come dentro le foreste
non lascia dubbi sulla propria impronta — convoca
solo chi non coglie la sua satura presenza
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essere dentro questo istante fatto di alberi e vento
nel mosso fruscio del cespuglio come in queste foglie
di luce cangiante riflesse sullo stagno — sospesi nei detriti
a galleggiare girando in tondo nel fluire del tempo
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le parole come cuneo come unico valico
le parole come varco o spiraglio come sbocco o estuario
a volgere il cerchio delle cose — senza una storia
senza un tempo — le parole a sgorgare per starci dentro
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la luce in obliquo contro il bianco di un muro screpolato —
le ombre imprevedibili al termine del giorno
ad allungare ogni invisibile presenza
ogni nostro distenderci verso i confini del cielo
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bianche nubi galleggiano a mezz’aria
sopra un terra all’improvviso piatta — tra un luogo
e un altro una valle sinuosa come un dubbio
piantato tra le tempie — l’esteso cielo azzurro della mente
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sono giorni questi di alternanza disse — le nubi
raccontano l’acqua ai cieli mentre percorrono le distanze —
sospesi in un vuoto vertiginoso su territori di luce e buio
dipinti e ridipinti senza sosta senza clamore
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nella luce intensa l’occhio sfibra le nuvole al blu del cielo
sopra il taglio geometrico degli abeti —
foreste nere rammendano con sprazzi di vita le inferme paludi
governate dal miasma di assenze e abbandoni
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in palpiti e respiri nel contatto con la terra
la parola fruscia crescendo una bellezza selvaggia —
i corpi nudi di ogni età e fattezza compressi tra fibra e nervo
s’immergono nelle acque scure dove ogni differenza scompare
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nn conosco ma intensamente ideativo..
Un originale senso di sospensione, altamente evocativo, frutto d’estrema vigilanza nell’uso del linguaggio.
Questa poesia affascina per quel suo peculiare richiamo in cui esterno ed interno paiono fondersi senza perdere del tutto la loro fisionomia.
Complimenti davvero
Una ventata di benessere questi nuovi versi di Roberto Cogo: “basta … essere … albero che cresce i suoi rami nell’attesa della pioggia; tutta la storia in un vibrare di foglia; il salto dello sguardo oltre l’ombra del ramo piegato sopra un possibile mondo; sospesi nei detriti a galleggiare girando in tondo nel fluire del tempo; le parole a sgorgare per starci dentro; nelle acque scure dove ogni differenza scompare”. Ammiro, ringrazio e saluto Roberto nonché Francesco, Marco Scalabrino.
Conosco Roberto da un paio d’anni, e lo apprezzo molto come uomo e come poeta. Ma questo lavoro mi sembra il più compiuto e definito, grazie ad una lingua che ha trovato la misura giusta e, sì, l’equilibrio tra il detto e il sospeso.
Francesco t.
quasi elargisce un processo di immediata, silvana rigenerazione, questa lettura. sì, appendere lo sguardo, il fiato, al tronco, alla foglia, al muro bianco o assolato, alla trasparenza della pioggia, alla ruggine del cancello abbandonato. nel silenzio delle voci, nel verso delle cose. panico, creaturale.
(Francesco, ti abbraccio)
Concordo con Francesco Tomada, questo lavoro di Roberto è un “pezzo di bravura” di un poeta in continua crescita, libro dopo libro, traduzione dopo traduzione, la sua lingua si è affinata, si è fatta ancor più precisa e ancor più affondata al cuore delle cose, al respiro delle creature.
Che poi Roberto sia anche la persona splendida che è, contagiosa nella sua semplice aderenza alla bellezza e alla verità, è qualcosa che lascio scoprire a chi ancora non lo ha frequentato.
Con affetto. FF
“Le parole come cuneo…” “le parole come varco…”. Una grande consapevolezza di ciò che, in foma e sostanza, la poesia dice e fa.
E qui, in particolare, con una bellissima capacità di sguardo e leggerezza.
E tenerezza per le cose che ci avvolgono.
Complimenti a Roberto.
Un saluto a tutti.
Giorgio Bonacini
la rientranza temporale del “disse”, fissata nel passato (anzi remota) eppure che riverbera ed è voce presente grazie alla indeterminatezza del soggetto (chi? …disse),
è una fra le anse di questo viaggio che, dentro l”apparente distensione del verso che attraversa la natura naturale (e per questo sostanzialmente indifferente al verso stesso dove scorre), mi pare comprenda una lente interiore capace di intravedere inquietudini attese, squarci improvvisi , intuizioni, contatti imprendibili e/o imprevedibili, palpiti…ecc..
uno sguardo ai minimi per una “sospesa comprensione”
e allora sì,
tanto più se “le parole come varco o spiraglio come sbocco o estuario[…]senza una storia
senza un tempo — le parole a sgorgare per starci dentro”
è possibile
“tutta la storia in un vibrare di foglia”
“uno spalancarsi di porte”…”il salto dello sguardo oltre l’ombra del ramo
piegato sopra un possibile mondo — molto più di quanto ci è dato”
un caro saluto
cari amici, vi ringrazio tutti per gli splendidi commoventi pensieri e per il tempo dedicato ai miei versi. vedo che prevale l’idea di una fusione, meglio, una compenetrazione rivolta ad un equilibrio che però è sempre a venire, mai definitivo, in movimento…così è la poesia per me, così mi sento in questo mondo…un saluto e un grazie di cuore a francesco che mi ha voluto ancora ospite nella sua dimora.
roberto
lirica che trovo interessante, specie la parte “austriaca” mi sembra, soprattutto per il salutare sforzo di evitare il “poetese” che indebolisce anche molta poesia ben intenzionata… mi pare che cogo lo eviti da una parte sfruttando le atmosfere culturalmente e climaticamente “fredde” che evoca, dall’altra con note di realismo spinto, come quella sul galoppo viscido del lombrico…
Grazie a te, Roberto, e a tutti gli amici intervenuti con le loro osservazioni.
fm