Poeta e suicida.
Carlo Michelstaedter
Il fascino che avverto in lui è quello di uno sparo la cui eco si spegne sopra un mare smisurato, è questa sua spregiudicatezza per cui «ognuno è il primo e l’ultimo»(1) uomo. Come se non ci fosse stato niente prima di lui. Dimostrare qualcosa, dimostrarlo tramite se stessi e pagarlo con la propria vita, l’impossibile, cioè che l’uomo rappresenta un caso limite, e che la sua esistenza altro non è che una via crucis contro la natura…
Una religione senza dio, l’uomo, un dio al di sopra dell’abisso… pensieri questi che sorgono leggendo gli scritti di Carlo Michelstaedter: un sentimento di confidenza e insieme di paura affiora spontaneo per la sua morte volontaria, una morte che imprime il giovane autore nella nostra memoria, poiché fu scrivendo che egli si preparava a questa fine e fu così che mise in atto quanto aveva pensato e vissuto. E nessuna tranquillità può sopraggiungere, niente può tranquillizzarci se pensiamo a lui. In ciò consiste la sua vendetta permanente nei confronti di quella civiltà a cui tutti apparteniamo e che lo ha ucciso. Continua a leggere Carlo Michelstaedter (I)