La Biblioteca di RebStein
XXIII. Agosto 2011
Francesco Marotta
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Il verbo dei silenzi (1991)
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La Biblioteca di RebStein
XXIII. Agosto 2011
Francesco Marotta
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Il verbo dei silenzi (1991)
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li prendo al volo. salvo e torno.
ma tu sei un bellissimo matto che regala stelle ai bambini.
Grazie, Natàlia.
Mi era stato chiesto più volte come fare a procurarsi questi libri. Poiché non sono più in commercio da anni, ho pensato (bene?) di riproporli in questo formato: impacchettati, infiocchettati e imbibliotecati…
Alla prima occasione indirizzo ad ugual sorte anche “Per soglie d’increato” – previa autorizzazione dell’editore che, *forse*, ne ha ancora qualche copia.
Che dire?
L’immortalità è ormai a un passo (o due)…
fm
sto guardando questo rettangolo bianco e non riesco a scriverti nulla di quello che vorrei. ad esempio, averti finalmente incontrato, e con te Enzo, e tanti altri amici, mi rende oggi davvero difficile comunicare via computer. Una volta era “normale”, adesso mi sa di poco, di niente e mi lascia l’amaro in bocca.
a presto, Francesco.
Grazie anche di questo, Natàlia.
E’ così anche per me.
fm
“In bocca un verbo
che la notte attraversa
alla sommità di un grido”
Non vorremmo mai che questa poesia finisse, in realtà non può mai finire, perché è sempre all’inizio di sé.
Difficile trovare altri esempi di questa “andatura” poetica (ah Nanni…)
m
“Per soglie d’increato” avevo provato un paio di volte ad acquistarlo on line ma i tentativi non sono andati a buon fine.
Ma intanto mi godo questi!
grazie francesco!
Grazie, ragazzi.
Enzo, vedrai che impacchetto, infiocchetto etc. anche le “Soglie”.
fm
Ringrazio Francesco per avere pubblicato ” Il verbo dei silenzi ” del 1991 dandoci così l’opportunità di leggerlo e di gustarlo.
Ad una prima lettura trovo che le parole ricorrenti sono “silenzio”, “assenza”, “respiro”, “luce” le quali emergono da una versificazione che si pone come frammento, come lacerto poetico quasi a sottolineare la fatica di rin-venire un senso nello scontro con la durezza della realtà: o comunque con un’aridità ed un’ineluttabilità percepite in modo assai forte dalla sensibilità poetica. E’ per non cedere all’in-creato che “..la parola rimane / il nostro unico sentiero”. E’ per non soccombere ad un silenzio imposto in cui le domande sono destinate a non trovare risposta che il dettato interiore diviene luogo “- dove dio è una sillaba / esplosa dal silenzio”. L’emergere della parola dal fiume del pensiero consente di “abitare” la realtà e di popolarla di “viventi”: “Nel tuo verde spazio siamo vivi”.
Un saluto,
Rosaria di Donato
Grazie, Rosaria, per questa tua gran bella lettura.
fm
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“Il verbo dei silenzi” di Francesco Marotta (1991)