Maurizio Manzo
Da: All’ombra dei pixel
Nel vedersi riflesso in un vecchio tv bombato catodico Rolando intravede della sua immagine l’iride che si guarda guardato ma non si sente, non ha voce e non ne avrà più una sua; seguirà il torpore che ronza e gironzola attorno al suo vivere.
I
in quel semi sferico cercarsi del viso
tutti i segni d’iride pervaso di labbra
gli compare tragica e felice la luce
mescolato al mimico disporsi Rolando
Musu trova illogico intravisto inudirsi
s’affloscia sul ruvido storto pavimento
preme e sfrega il timpano a strigliarlo di luce
Che l’assorda subdola negli occhi rivolti.
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II
trema e sfiora il rapido rumore che ronza
torpore e gironzola da quell’apparecchio
che l’osserva labile osservare dirupi
azzurrati mobili riflessi di mare
increspato al profugo ondulato procedere
ritmato da livide visioni ossessioni
di pestanti brividi incapaci a sostare
ancorati vividi nella sua memoria.
VI
Tempo reale è serico sorriso che mentre
passa labbra screpola che spesso riappare
sommesso al domestico incanto strazia sazia
commuove le viscere e Rolando ripone
il suo pene a pendolo e sfrega l’espressione
di tedio catodico sfrega sfregia aleggia
a riempire d’etica la bocca epocale
sopra tetti cupole e cupi panorami.
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VII
svegliato dal glicine appeso gocciolante
primavera brulica consigli la mente
di Rolando dentice squamato al cartoccio
nel forno dimentico fumante e annerito
un canale lavico cocente contorce
forma al cielo coagulo infinito incosciente
guarda quanta semola che fritta s’indora
Rolando tra il chimico odore che s’invola.
IX
Rolando si crogiola pesato e lavato
indotto dal solito torpore temprato
ascolta di tortore il becco canto bieco
e risponde energico con un fischio vischio
fino a sera rutilo riflesso già lesso
l’aria cupa sventola appassito l’umore
s’aggira sul circolo vizioso sontuoso
richiede la modica dose giornaliera.
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X
il volto si mescola e suda sulla sedia
toglie al sole candidi salienti momenti
e rincorre solide storie cova cavie
dal destino povero travolto e distrutto
dal destino polipo sotto messo mesto
ascolta e una lacrima scende sulla guancia
sulla pancia lapida il tremore motore
lo coglie lo remora lo sfascia l’accascia.
XI
così il giogo simula colori pastello
fosse sogno a fondere i loro occhi pestati
bolle il mondo luètico mentre il pranzo scalda
arsi vivi d’etica rosa religiosa
poi riposa ingenito ghiro ghiotto goffo
quando il sole stempera la linea di mira
Rolando si radica e l’aria ferma fitta
non nebbia ma polvere soffiata dai colpi.
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XIII
su Rolando tremuli frammenti di pioggia
che radente lemuri sementi gemmati
come fosse flaccido muro sprigionano
rampicanti sibili di guerra di terra
arrossata e fievoli distese indolori
lì davanti sagome figuranti orrori
silenziosi plastiche figure bordure
ai comuni soliti giorni forni d’altri.
XVIII
inseguendo il sapido sapore di bocche
sfatte al sole rancido Rolando soccombe
come fosse fossile moto di energia
video elettrostatica sottile e brillante
così insano mitilo succhiato e mangiato
fino al derma lacero contuso e picchiato
indolente cronaca di piaghe cosparsa
come porto d’ancore gonfio e tormentato.
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XXI
scorre fluido il bechico nei vostri polmoni
salutare farmaco a nuova concezione
nel petto debilito pestato da tosse
convulsa la formula rischiara il costato
respira il ventricolo di Stefano Musu
che batte sul tavolo pigio a tempo immoto
Rolando volubile guarda il padre perso
che vuole il suo danacool a sturare le vene.
XXII
volge il viso ai sepali tra i pali tra i lari
come un bimbo chierico fa la riverenza
Rolando si regola la lenza è quasi ora
della pesca al sarago la lezione a sbafo
grazie a tv vedilo la tua compagnia
serale dai l’obolo in armonia lieta
letta in viso nodulo all’amo e l’ironia
sfuma in ammoniaca che vieta il respiro.
-
XXV
non pelo allo stomaco ma piuma che spuma
intarsia la tonaca mucosa al duodeno
bruciore conico convulso vissuto
riarso d’aspro mastice masticato puro
del sole che cigola c’è solo il ricordo
rovente che lastrica che scalcia con scatto
falcia e sente gracida la gola che ingoia
noia sfianca xantrazol imbianca parietale.
Da: Quaderno di sdegno quotidiano
Il belato di Dio
questo il belato di dio
che toglie l’anima al sangue
questo il belato biforcuto
che si coglie sul selciato
questo l’agnello di Quirra
budello e testa biforme
toglie i peccati ai pingui
che urinano nelle vene del vino
occhio al saltello
del budello d’agnello
del bidente d’uranio
sul cranio tagliente
bela sul fosso da una bocca
all’altra lana piroforica
lana di roccia che rocca
non scalda il respiro sfalda
prova l’agnello a seguire
nel gregge povero agnello
cento berretti una testa doppia (*)
duecentotrentotto isotopo scoppia
il pascolo inaridito
impoverito si è arricchito
il pastore imbizzarrito
indolenzito si è smarrito
addormentato su un letto
di mirra sotto il cielo di Quirra
ninna nanna mitra nanna ninna
canta la bomba canta la ninna
che senza tomba dorme la quiete.
(*) detto sardo: centu concas, centu berritas
(cento teste, cento cappelli)
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Nota biobibliografica
Maurizio Manzo nasce a Cagliari nel 1961.
Roma è la città dell’adolescenza, ma non troverà l’adeguato cibo per la sua mente e torna a casa all’età di 18 anni.
Dove si circonda delle letture che più ama e si emargina volontariamente.
Ha pubblicato un libro di poesie, Coreografia del ghetto storico (Cagliari, Edizioni Castello, presentazione di Tonino Casula), nel lontano 1985.
Gestisce il blog personale http://ilcollomozzo.wordpress.com
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Mattatoio di versi. Editoria dove sei?
La poesia di Maurizio Manzo dimostra che la tematica civile/sociale in versi non è stata abbandonata dai cantori contemporanei. Colpiscono la sapienza metrica e la multiformità del lessico.
Grazie a Francesco Marotta per questo post.
Una poesia che si espone e trova nella “ricerca” una (salutare) via di fuga dall’omologazione linguistica imperante. Fuori canone e, per ciò stesso, ancora capace di indicare direzioni, di suggerire ipotesi, di legare il lettore all’imprevedibilità di un “gioco” mai pacificato, sempre da definirsi, tra suono e senso.
fm
autore interessante..
r.m.
“occhio al saltello
del budello d’agnello
del bidente d’uranio
sul cranio tagliente”
la percezione della violenza della contaminazione…
Forte la tentazione di rispondere
in versi a questi versi forti
ma sarebbe come corrispondere
con una debole ecolalia
al canto della scolta sui contrafforti…
Ringrazio Luca, sempre genoroso…:) e Fiorella per la sua acuta attenzione…grazie a R. M., a Giorgi86 e Fulvio Sguerso per essersi soffermati sulle mie cose…
Un grazie a Francesco per aver pubblicato i miei testi e per il bel titolo scelto per il post e per il suo commento che come sempre aggiunge spessore rendendo più chiara ogni apparenza impervia.
mm
quando la poesia è scritta con il linguaggio che non concede pausa né perdono, e si fa lancinante consapevolezza…
l’impegno del poeta è assolto.
resto in ascolto.
grazie
cb
mozzare il fiato…era un tentativo…e il tuo commento mi consola…
grazie Cristia.
mm
ci vorrebbe una voce a scandagliare le parole, tra una riga e l’altra, ad accentuarne la forza, tra uno sguardo d’iride e il segno, che pervade sensuale le labbra.
Notevoli…mi piacerebbe conoscere la dinamica in cui accade il suo scritto, così curato nella forma e potente nei contenuti.
Grazie Carla per il passaggio e la traccia…
Dinamica elettrostatica…un’induzione sdrucciolo-statico…:)…
Un Saluto
Un incontro fortunato questo (per la prima volta) con Maurizio Manzo. Immagini che si susseguono incalzanti e pregne, associazioni personali e nuove, un autore che cercherò sicuramente ancora. Grazie per la proposta.
Doris
A volte la fortuna gioca brutti scherzi!…:)))…
Ciao Doris, grazie del passaggio e del segno lasciato!
Maurizio