Wojciech Bonowicz
Uscita nel 2006, Mare aperto è la quarta raccolta poetica di Wojciech Bonowicz (1967). Nella ristretta produzione dell’autore segue Wybór większości (La scelta della maggioranza, 1995), Hurtownia ran (Ferite all’ingrosso, 2000), Wiersze ludowe (Poesie popolari, 2001) e precede Polskie Znaki (Segni polacchi, 2010). Mare aperto è a oggi la silloge di Bonowicz che ha avuto in Polonia maggiori riconoscimenti, fra i quali il Premio Gdynia, e lo stesso autore la considera un punto di svolta della sua carriera. Dopo di essa si è cominciato a parlare di Bonowicz come di un nuovo esponente della poesia religiosa. Pur non negando il proprio interesse per la teologia (del resto nel 2001 pubblicò una fortunata monografia su Józef Tischner, brillante prete filosofo morto l’anno precedente) l’autore prendeva però al contempo le distanze da una poesia il cui fine fosse quello di inserirsi in una tradizione, quella della poesia religiosa, pur molto fortunata in Polonia. La ricerca del poeta è rivolta piuttosto verso una lingua adeguata a parlare delle faccende che gli stanno a cuore. C’è la religione, certo, ma prima di essa, in questo libro magistralmente costruito, viene il tema della scrittura, con una serie di componimenti autotematici. Se in queste poesie cerchiamo risposte, troveremo soltanto ulteriori domande: Bonowicz crea continuamente situazioni ambivalenti, le sue storie sono piuttosto delle epifanie. Esemplare è il testo che dà il titolo alla raccolta: abbiamo da un lato una situazione molto chiara, presa dal quotidiano, e però d’altra parte restano tanti elementi inspiegati. Tutto questo avviene in soli tre versi, più un titolo che aggiunge mistero al mistero. Abbiamo un quadro, ma non sappiamo cosa avviene fuori dalla cornice. E poesie come Cronaca o Canti storici parlano forse di attualità? O di altri tempi e di altri luoghi? Tutte le risposte sono plausibili, perché lo spazio e il tempo in cui si muovono questi testi sono quelli dell’archetipo. Si noti, infine, che Wojciech Bonowicz è nato a Oświęcim, la cittadina presso il campo di sterminio nazista che ai più è noto col nome tedesco di Auschwitz. In un’intervista il poeta ha detto: “Solo dopo l’uscita di Mare aperto ho cominciato a parlare di Auschwitz, che è un tema col quale mi misuro da sempre. Sono cresciuto all’ombra del campo di sterminio. La consapevolezza che questo è accaduto così vicino ti segna per tutta la vita. […] Prima avevo paura a parlarne, non volevo che le mie poesie fossero lette solo in quest’ottica: ecco un altro poeta del dopo-Auschwitz! Ora non ho più paura”.
(Leonardo Masi, dalla Postfazione)
Wojciech Bonowicz
Mare aperto (Pełne morze, 2006)
Cura, traduzione e postfazione di Leonardo Masi
Disegni di Francesco Balsamo
Ragusa, Incerti Editori, 2012
Testi
Słupy
Tych kilka duszków które miały patrzeć
w oczy umierającym. Z wysoka
z palmy z kolumny doryckiej z bocianiego
gniazda z łodygi fasoli. Teraz odwraca wzrok
i tajemniczo podaje sobie ręce ponad głowami.
Fusti
Quei due o tre folletti che dovevano guardare
negli occhi i moribondi. Dall’alto
da una palma da una colonna dorica da un nido
di cicogna da uno stelo di fagiolo. Ora volgono lo sguardo altrove
e misteriosamente si danno la mano al di sopra delle teste.
*
Noc
Wiersz
najpierw zamyka cię w sobie.
Nie chce
żebyś rozglądał się szukał
innych słów
w innych wierszach.
Siedzisz w kącie kamienia
zwinięty
jak kartka papieru.
Bezbronny pogodzony
nie oddychasz. Wiersz
nie pozwala.
W kamieniu nie można
wiercić się używać
łóżka zegara mapy
i całej reszty
wyobraźni.
Wiersz
ma swoją wyobraźnię.
Zbudował ją sobie w twojej
a potem zamknął
żeby się uwolnić.
Musisz czekać
w kącie kamienia
w którym czasem zaświeci
złoty kurz nadziei.
W końcu wiersz
otworzy się. Kamień
wypuści cię: kartkę papieru
która zacznie oddychać.
Notte
Una poesia
prima di tutto ti chiude dentro sé.
Non vuole che
ti guardi intorno che cerchi
altre parole
in altre poesie.
Stai seduto dentro un sasso in un angolo
accartocciato
come un foglio.
Indifeso rassegnato
non respiri. La poesia
non lo permette.
Nella pietra non ci si può
agitare usare
il letto l’orologio la mappa
né tutto il resto
dell’immaginazione.
Una poesia
ha una sua immaginazione.
L’ha costruita nella tua
poi ce l’ha chiusa
per liberarsi.
Devi aspettare
in quell’angolo di sasso
dove a volte brilla
la polvere d’oro della speranza.
Alla fine la poesia
si apre. La pietra
ti lascia andare: un foglio di carta
che inizia il suo respiro.
*
Podróżnicy śmierci
Kryją się w pismach
jak w schronach.
Kiedy pożar wojna dzień i noc.
Kiedy spisek powodzi
i brudny śnieg zdrady.
Ale pisma już nie raz wydały ich
ogniu wodzie.
Jedną kartkę życia po drugiej.
To pisma dla śmiałych
znaki dla odważnych.
Dla tych
którzy naprawdę wierzą.
I viaggiatori della morte
Si nascondono nelle scritture
come dentro a rifugi.
Quando l’incendio la guerra il giorno e la notte.
Quando la congiura del diluvio
e la neve sporca del tradimento.
Ma più di una volta le scritture li hanno consegnati
al fuoco all’acqua.
Una pagina della vita dopo l’altra.
Sono scritture per gli audaci
segni per gli arditi.
Per quelli
che credono davvero.
*
Kronika
Kiedy widzę miękkich rozbitych
chłopców jak schodzą się wieczorami
i stają się cali i twardzi. Myślę o wciąż
tych samych historiach co to chcą
mieć swoje pięć minut w każdym ciele.
Cronaca
Quando vedo ragazzi molli
stremati che la sera si ritrovano
e diventano integri e duri. Penso alle storie
sempre uguali che gli va
di avere il suo momento di gloria in ogni corpo.
*
Śpiewy historyczne
Biegali z pochodniami
po mieście z papieru.
Kiedy spalili pierwszego
rozpłakałam się.
Migocą twoje usta
kochany. Migocą
obręcze na szyi
i kartka na piersi.
Znalazłam nowe imię.
Okryłam nim dzieci.
Niech długo uciekają
korytarzami snu.
Milczenie ma ciężką rękę.
Wytrzymam jej ucisk.
Dopóki oni tam są:
wielcy weseli i źli.
Migocą twoje usta
i czoło. Jak ptak
w nocnym drzewie kochany.
Jak ciała nad rzeką.
Canti storici
Correvano con le torce
per una città di carta.
Quando hanno bruciato il primo
sono crollata in pianto.
Scintilla la tua bocca
amore. Scintillano
i cerchi al collo
e il foglio sul petto.
Ho trovato un nuovo nome.
Ci ho coperto i bambini.
Che possano fuggire a lungo
per i corridoi del sogno.
Il silenzio ha la mano pesante
Sopporto la sua stretta.
Finché loro sono lì:
grandi allegri e cattivi.
Scintilla la tua bocca
e la tua fronte. Come un uccello
su un albero notturno amore.
Come i corpi in riva al fiume.
*
Piosenka w tempo
Wysłać i zadzwonić że
jaka jest sprawa. A także
odświeżyć się przypomnieć
by także potwierdzić że się
zajmowało. O której to wszystko?
Jeszcze o ostatniej: z suchym listkiem
w krtani. Z powieką pod wieko.
Canzonetta a tempo
Spedire e telefonare che
il discorso è questo. E anche
rinfrescarsi ricordare
anche per confermare che
ci si è pensato. A che ora tutto ciò?
Perfino nell’ultima: una foglia secca
in gola. La palpebra sotto il tappo.
*
Pełne morze
Jeszcze przez chwilę siedzi w cieple
wśród rozrzuconych ubrań.
Myśląc o ojcu którego tu przed chwilą kąpał.
Mare aperto
Ancora un momento resta seduto nel calore
in mezzo ai vestiti sparpagliati.
Pensando al padre a cui un attimo prima qui faceva il bagno.
***
complimenti a gli Incerti Editori, a Masi e a Balsamo per averci permesso di conoscere questo poeta.
leggendolo mi chiedevo cosa significhi essere poeta; una risposta l’ho trovata nella “sferzata” che dà in “Kronika” e ne “i viaggiatori della morte”.
Grazie dimora!
ciao Francesco,
sempre ottimi gli incerti :-) !
Una poesia
ha una sua immaginazione.
L’ha costruita nella tua
poi ce l’ha chiusa
per liberarsi.
*Mare dentro*
(li faccio miei questi versi)
e anche il seguito
ciao Francesco!