Il più grande poeta sconosciuto d’Italia

Mario lo Tasso in un momento di particolare ispirazione.
Mario Lo Tasso in un momento di particolare ispirazione.

Mario Lo Tasso

Le liriche che di seguito leggerete sono state scritte da Mario Lo Tasso, poeta sconosciuto e praticamente inedito (almeno credo: ha finito la vita in Africa molti molti anni fa, dopo aver abbandonato la poesia per l’avventura… non si sa che mansioni ivi svolgesse: pare che insegnasse l’educazione tecnica di base ai bambini autoctoni, e forse – chissà – un po’ di poesia…), di cui solo pochi conoscono alcune opere, e ne parlano come poeta vero e proprio. Tra questi pochi, io, che l’ho conosciuto quando insegnava in un istituto professionale a Campobasso, Molise.
Credo che il suo nome sia rimasto impigliato, dopo molte e molte suppliche all’autore stesso che non voleva pubblicare niente, nella rete di miscellanee antologiche di natura e circolazione provinciale, se non addirittura scolastica. Non avendo mai creduto alla costruzione del proprio sé, non ha mai nemmeno creduto d’essere un poeta, o uno sciagurato passionario. Perciò non ha mai spedito rigo a nessuno, aborrendo l’editoria come tale, l’editoria come ordigno, e l’editoria come diffusione di fotografie scritte del sé (ignobile parte della persona).

Di lui presento alcuni componimenti-miscuglio (come li chiamava lui) tra la poesia e la prosa, che vogliono essere, secondo me, come un abbrivo proemiale di canzoniere visto che stanno in testa ad una nutrita ed articolata serie di poesiole d’occasione su cui lui ridente e fuggitivo aveva giustapposto la parola “canzoniere“. Buona lettura. (Dinamo Seligneri)

Mario Lo Tasso in una rarissima fotografia del periodo africano.
Mario Lo Tasso in una rarissima fotografia del periodo africano.

 

Testi

 

Mario sta scrivendo questa poesia...

Viaggio a Lourdes,
con quel tantum di prosaico che ne consegue
(*)

Mia cara,
tu l’ sai,
io a Lourdes
non ci voleva
venire!
Ti seguetti per te contentare!

pe’ ti dire che “t’amo”…
una prova…
un tradimento…

uno strappo,
alla
vena
della
regola…

La regola, mia cara,
è
che
i miracoli sono nel cuore
del poeta,
non certo bisogna
pregarlo
per
sprizzarne
copiosi
d’in tra
le genti…
miracoli
come
coriandoli
o
foglie
d’insalata
non sono…

Ma tu
ignuda
mi hai estorto
la promessa
il viaggio
a
Lourdes:
ti pare un bel principiare, così, d’emblée?

A me no,
ma venni
teco,
ingiustamente
per il
pacchetto
di
miracoli
promesso…

Miracoli, poi,
quà miracoli? scusa?
avevi bisogno di miracoli tu?
avevi bisogno di due poppe nuove,
ecco,
allora non era meglio
dirigerci
a quella clinica
dove mettono
mano…
eh?
no?
la grana, dici? i soldarilli,
non li avevamo;
i miracoli danarosi, a Lourdes?

dì la verità,
vulivavedè Lourdes?…
fai più bella figura a dicere accussì
dammi retta…

ma allora non si mentì, nemmeno
a noi stessi, potevamo?
e così
ci suscitammo su quel treno lungo e infinito
un treno rapinoso, rubato ai fulmini delle campagne,
al rosso dei tramonti,
al balzo della barca rotaia…
veleggiare ore e ore sopra
quel tapis-roulant
nero e
morto, a nastro,
un birroso corpo morto,
trascinati così
come birrosi corpi morti d’Ettori fumanti,
trascinati così come
sassolini di scarpa,
nella corsia
della morte…

tutto
per vedere Lourdes!
per ritirare la grana di un eventuale
rifacimento
dei tuoi (ex) tondi seni!
per rastrellare la posta in premio!
per vedere che succedeva a scaraventare il nostro cuore
(uno ciascuno, ovvero due)
in mezzo
alla baraonda
degli
altri umani,
ritrovarli ancora
l’uno e l’altro
magicamente
accanto:
is it possible?
diceva tua madre, mastra di lingua inglese
is it possible?
io, l’inglese, lo sai,
una frana,
ma allora capii,
“no, non era possibile!”… bisognava tirare,
te lo dissi, a casaccio, certo
ma
a vista,
non era una partita a baseball
coi nostri cuori molli
esangui

massì, suvvia, enjambemants,
era possibile! why not?
bugiardo mondo!
bugiardi cristi!
dispiega le ali leggiadre
le anche piumate
mia piccola sciocca
saluta il tuo branco di angeli…
vola
a crepapelle
verso
l’arpa
felice
A me piace come sei, cara mia,
l’ sai,
puro se gli anni corrono e ingrassano quelle tue due talpe
che porti attaccate
al petto,
al cuore,
sotto
la maglietta a collo largo,
e si muovono
a pendolino
sul busto
finché
non si arriva
a
Lourdes per
il miracolo della grana…

Lourdes! Lourdes!
dove il luogo è un po’ diverso dall’ospedale…
ché se stai bene,
vai a portare i cioccolatini ai parenti…
chi va a Lourdes ci va per il miracolo, le visite
dei salubri
non hanno ricettacolo, e nemmen ascolto: giustamente!
e la tua richiesta,
arenatasi
precoce
ai primi controlli celesti,
era insufficiente
per un intervento
della
Madonna.

Ma questo, me n’avvedo,
è pensare
facile,
un desiderio è un desiderio no?
grande o sciocco che sia?
ed il suo esaudimento
non è da meno
e non guarda in faccia
alla
penuria
dei tempi,
alle bizze della bisogna…

Purtroppo, però,
i soldi non sono
comunque ancora arrivati,
con ciò non si dica
che la Divina abbia intelletto
facile,
giacché
prendo nota
che
sei più carina
ultimamente, dopo il viaggio
esoterico.

Sarà che hai ripreso a bere l’acqua di Fiuggi…?

(*) componimento dedicato alla midons Cuncetta.

 

*

 

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Topolino fuori vita
non è un bello spettacolo per la picciriella

La picciriella che abita
l’appartamento
sotto da me
ha visto stamani
cosa può fare un cane enfio di rabbia e schiuma

cosa arriva a sbranare un molosso incollerito dal randagismo
cosa escogita contro un povero topo di fogna
espulso (o espulsosi) dalla fogna,
magari solo per fare una vacanzina di sopra nei piani alti,
o pigliarsi una boccata d’aria,
o andare a comprare le sigarette
per la notte.

La picciriella
ha veduto
l’entragne
della bestia
del sottoproletariato cittadino
delle fogne
sparse pel giardino in fiore
e ha avuto un moto diaristico, quasi cosmico, d’amore
panico
e
sapendo
che io
mi diletto,
oltre a insegnare educazione tecnica alle medie per mangiare,
di poesia sacra
mi ha detto “Mario
perché non mi regali una
poesia sacra
sulla fine
del sorcio.
Puoi prendere
spunto
dalla mia
disperazione:
Ecco
la mia disperazione!
“.

Ed
ecco,
picciriella mia,
la tua poesia
sulla fine
der
sorcio
mangiato
dal cane
senz’appello…

 

*

 

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Paesaggio marino con ombre latine

Oggi ho dato le ripetizioni per amicizia
nonostante queste siano le mie antiche vacanze estive.
Il bacino idrografico bis, l’equatore, i movimenti tellurici,
la terra fotografata mentre trema come un
materasso idromassaggio,]
la tastiera saltata di questo computer sembra una
barretta di cioccolata]
da cucina…

le ripetizioni per amicizia… il bimbo, tardivo, impaziente
colle dite infilate
nell’astuccio
del
naso
“oh, ‘ste dita… cristo… nel naso!”
“eh, e ce l’ho messe, ce l’ho messe…” mi risponde,
riabilitando
la
frittata,

questo ragazzo è sveglio, penso,
dovrebbe solo mettere le educazioni
la madre dovrebbe mettergli le educazioni
così come io gli metto le ripetizioni…

“hai sentito?” dico
“che è mò professò?”
“la rotella che cadeva per terra… hai sentito?”
“n’ò sentito niente…”
“non hai sentito una rotella cadere
dal tuo
cervello
debole?
valla a cercare vai, ché sennò ne hai per altri dieci
anni
di ripetizioni
il pomeriggio
vai!”…
e il bambino,
scatenato,
corre alla piazzetta
a giocare
cogli altri
bambini
immaginari…

ognuno è fuori posto, nel mondo, pensa l’usignolo esterno,
io riparo le tabelline degli ultimi stracci della classe,
mentre dovrei stare ai tavoli dello stabilimento balneare
a mangiare
lunghe
fette
rosse
di
cocomero, e
giocare
a
ramino
fino
al
tramonto

la madre del bambino dovrebbe stare a mettere le educazioni
al figlio,
e invece non la finisce più d’imbottire un timballo
di sugo
pregno
d’acqua

il bambino dovrebbe stare al mare a nuotare,
invece studia
il mare dov’è nato
sul
libro di geografia
umana…

io sembro un vecchio sacchetto della spazzatura,
dimenticato fuori
da giorni
in un angolo
del balcone,
che gode
a
stare
ancora
qualche ora
sotto il sole
a
puzzare
fuori
posto…

 

*

 

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Torna l’autunno (letture dure)

Alla guerra come alla guerra
all’autunno come all’autunno
mi seggo al tavolo e sto fermo per tante ore di fila
che sembro un cappotto messo sull’attaccapanni,
che sembro un lavoro qualsiasi

viene a trovarmi un mio amico
più vecchio di me,
sul tavolo una pattuglia di formiche e molliche
ci guardano i buchi delle orecchie
chissà quando potremo entrare nel vostro
cervello
quand’è che brutti vecchiacci maledetti
vi morite ché è meglio per tutti
per lo Stato e per noi?

Dal tavolo insieme all’amico tristo e muto
allungo l’occhio alla bocca del muro vuoto
c’è sopra solo un vecchio forno da panettiere professionistico
annerito dal pane e dai dolci
che ci ha cavato mia moglie,
mi ricorda l’impagliatore di animali
che quand’ero piccolo teneva un forno
di queste dimensioni sormontato
da uccelletti di gesso e corvi in miniatura… piccolissimi…

Autunno,
sono dieci giorni che leggo un libro
corto e sono dieci giorni
che sto a pagina novantanove
ogni sera riprendo da qualche capoverso
prima dell’ultima lettura,
per riprendere il filo,
e immancabilmente mi blocco dal sonno
alla parola “zona cariata della città”
mi casca la testa,
non vado avanti da dieci giorni
dure si fanno le letture
tornando l’autunno,
mi sento mancare la coscia, la testa s’affloscia

un libro d’autunno dovrebbe essere di quel tale
Lorenz che andava sempre dietro
alle oche selvatiche, che le oche selvatiche
pensavano fosse la mamma delle oche selvatiche per quanto
gli stava]
appiccicato come una cozza,
Lorenz che
rincorreva la lingua alle oche selvatiche
sembra un capolavoro di pittura ottocentesca…
mi piacerebbe esser diventato vecchio
come Lorenz colle oche,
invece sono diventato vecchio come un tasso
e di oche c’è solo io con mia moglie
che pulisce le porte e dà la caccia alle
mosche come una visionaria di un niente
volante

e io che c’ho na testa piena di voci e storie
che se non ci penso posso ancora ancora
campà qualche anno indisturbato come un vecchio SS rifugiato
in Canada,]
sennò è meglio che mi scavo la fossa
a
mano
da solo.

Mi riprovo
intanto
colla scopa
a tirare via questa pelle di foglie
morte
dal mio giubbotto
appeso all’attaccapanni
e di oltrepassare
pagina novantanove
per arrivare
finalmente
a pagina
cento
so’
giorni che ci provo.
E
che
non ci
riesco.

 

*

 

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Disincatenamento

Del tuo pallino di fare il solitario
Oggi
Non saprei che farmene
Della tua vena autolesionista
Lo ammetto
Ancora mi piace
Pensarti nel tuo lento
Letto di suicidio
Ma
In definitiva
Quello che ci legava
Era il tuo fiato randagio
La tua barca assonnata
Il tuo carico pallido di lagrime
Persi questi talenti con la tua dipartita
Annegato il tuo fare il solitario suicida
Perché dovresti mancarmi anche dopo morta quando
So perfettamente che non potrai mai più tornare
In quanto sei morta?
Perché doverei tenderti, se potessi, la nervosa mano per farti
Tornare dall’aldilà all’aldiqua come tirandoti su dacché sei caduta,
magari in fondo ad un pozzo estremo
al tuo ghetto di morte?
Perché dovrei allungarti un barlume di bastone mentre scendi
Incautamente
i gradini delle scale?
Scale su scale,
moglie amata,
una montagna di scale
come una montagna di sedie
da bruciare
in piazza.
Il meglio è andato,
il pendolo suona un rintocco di cenetta,
il meglio è andato, vecchia amata,
oggi ho dalla mia la badante rumena
e la devozione dei miei parenti prossimi

vivo aspettando la pensione
e ho molto riguardo per la mia libertà
che è il bene più profondo che ho
dopo averti lasciata in balia della costipazione celeste,
dei messi paradisiaci… delle messe infernali…
ti ho lasciata nel catafalco che pesavi un quintale,
profumavi di gesso di lavagna,
ti trovo oggi in una scheggia di muro
incarnata in una fantasia di farfalla
brava
fai progressi

ama anche tu,
lassù,
chi vuoi…
ama più che puoi!
dove sta scritto che l’amore debba durare
in tutti i gironi,
in tutti i meandri
per tutte le vite?

anche la mia attuale amata
la badante
trova opportuno come me
che ognuno
si tenga
i suoi
spazi
ovunque
esso
sia….

e io sto spesso solo
ma felice
con questo nuovo amore letterario
d’appendice…

 

Mario Lo Tasso al tavolo da lavoro in un ritratto a china di Donna Cuncetta.
Mario Lo Tasso al tavolo da lavoro
in un ritratto a china di Donna Cuncetta.

 

__________________________
Questo è il post numero duemila della “Dimora del Tempo Sospeso”. Crediamo di poter dire, senza tema di smentite, che la presenza di Mario Lo Tasso in questa occasione è sicuramente il modo migliore, e per noi certamente il più gratificante, di festeggiare questo lusinghiero traguardo.
Abbiamo sempre coltivato la speranza (ci sia concessa almeno quella) di presentare ai nostri lettori delle buone scritture, dei testi complessivamente dignitosi, e, di certo, autori prestigiosi e ricchi di talento ne abbiamo pubblicati tanti. Eppure, nessuno come lui – come il nostro Mario, dico – ci è parso incarnare, con altrettanta naturalezza e genialità, quello spirito della poesia che per lustri, e invano, abbiamo segretamente e costantemente inseguito: la sua attività scrittoria, tutta votata all’inesistenza quale fine assoluto del fare artistico, ce lo ha fatto amare in modo particolare fin dal primo incontro e scegliere immediatamente, pur tra tanti possibili e autorevoli pretendenti al ruolo, quale maestro e donno, modello, guida e riferimento imprescindibile, unico e irripetibile – e non ce ne voglia nessuno, per carità!
Potete pensare, e non è detto che qualcuno non l’abbia già fatto, che sia stata una spinta di natura esclusivamente affettiva ed emozionale a determinare la nostra scelta, un moto spontaneo ma affatto soggettivo e volontaristico, più prossimo all’infatuazione che al discernimento critico; ma, in verità, queste componenti, che pure possono aver influito e pesato in qualche modo, almeno all’inizio, non devono far passare in secondo piano quella che è la vera sostanza della nostra opzione: vale a dire, la certezza dell’altissima caratura valoriale della produzione di Mario Lo Tasso, in termini estetici e di creatività pura: una produzione in versi e in prosa, la sua, nettamente superiore alla media di ciò che è dato leggere ultimamente – e non ce ne voglia nessuno, davvero, ma la realtà, incontrovertibile, è questa.
Un valore, dunque, che è stato altresì, subito e ampiamente, riconosciuto – e non è certo avvenimento usuale, almeno per quello che riguarda la prassi consolidata, pervicacemente ad excludendum, delle lettere italiche – da tutta la critica nostrana che conta, accademica e non, che per un attimo, messe da parte tanto la diversità di orientamenti quanto, soprattutto, le manfrine autoreferenziali a cui è votata con ardente e inflessibile zelo, si è ritrovata pressoché unanimemente a riconoscere l’importanza della scoperta fin dal primo apparire di sparute composizioni lotassiche in rete (e figuriamoci il botto che si produrrà quando, come è ormai quasi certo, l’intera opera omnia sarà editata!).
L’avreste mai creduta possibile una cosa del genere? Eppure l’impensabile si è realizzato: tutti a braccetto a celebrare l’evento, l’epifania attesa capace di ridare nuova linfa e nuovo respiro all’asfittico panorama della nostra stagnante versificazione: Castrolessa e Policorte (pur con qualche inevitabile riserva, visto il caratterino ipernarciso e accidioso del soggetto), Priore e Debolucci (sempre più inseparabili e sempre più uniti nella lotta), Simononi e Gafuri (con Grevi al traino, tra una cena e l’altra), Francese e Laos (che preannunciano ponderosi saggi e scintillanti traduzioni plurilingue), Marziale (quasi irriconoscibile nel nuovo look “a caldo”) e padre Rozzi (accompagnato, nella circostanza, da alcuni promettenti esemplari del suo allevamento intensivo), Penedetti (incazzato, ma sempre penetrante) e Carpa, e poi Biondi (a nome della “scuola di Arcore” e dell’annessa cupola), La Noia (al minimum, come suo solito), Meister e Saggiani, il grande Ziti e tanti e tanti ancora, tutti a omaggiare l’ascesa inaspettata, sull’orizzonte dell’attenzione di pubblico e studiosi, di questo incommensurabile, luminosissimo astro sconosciuto.
Grazie, Mario! Grazie anche per questo ulteriore miracolo che tu, e tu solo, potevi realizzare. (Reb Stein)
__________________________

***

30 pensieri riguardo “Il più grande poeta sconosciuto d’Italia”

  1. Straordinario poeta, uomo “illuminato”: “Perciò non ha mai spedito rigo a nessuno, aborrendo l’editoria come tale, l’editoria come ordigno, e l’editoria come diffusione di fotografie scritte del sé (ignobile parte della persona).”
    Grazie, una figura che in una società letteraria “onesta” dovrebbe indicare una strada.esemplare. Spero sia così, almeno per me. Complimenti e auguri per il traguardo. Buon lavoro, sempre. Un caro saluto. Francesco (il piccolo).

  2. Carissime/i dimoranti, carissimo Marottone, vi ringrazio a nome della famiglia Lo Tasso e parenti (e da parte mia in qualità di cronista dell’inattuale) della bella pagina che qui ci regala Franceschiello e delle parole spese da voi tutti sulla poesia del compianto Mario. Oggi a casa Lo Tasso è stata festa grande (nonostante molti componenti della famiglia non sapessero che dietro all’insegnante di ed tecnica si celasse un poeta – lo giuro su Dino, e ciò la dice ancora più lunga sulla modestia e il pudore di quest’uomo immenso, mario).
    Davanti ad una zuppa ricca di campo e a un fresco e corposo Montepulciano D’Abruzzo, rubicondo come sempre, Matteo Lo Tasso (figlio di first letto di Mario) mi ha ufficialmente dato carta bianca e nominato per scrivere una biografia completa e se possibile fondata su fatti inventati di Mario Lo Tasso il poeta sconosciuto più grande d’Italia (biogarfia cui, ovviamente, saranno allegate tutte le sue poesie edite e inedite – un’opera filologica, quella che aspetta me e Matteo, un’impresa mi verrebbe da dire, che merita il massimo della mia attuale concentrazione ed energia e un grande sforzo mnemonico da parte di Matteo che ormai è al settimo cielo ed è già scomparso dentro i bauli del babbo a cercare robe editabili e no. Ci aspetta insomma una bella estate.

    Vi ringrazio tutti ancora.
    Saluti e tante cose
    Statevi buoni
    DS

  3. che la immensa provincia italiana sia una miniera di tesori intellettuali a dir poco sterminata è cosa risaputa, poi ritrovare testi come questi fa certo effetto! chi mai poteva supporre che la vicina Campobasso (ai confini con la mia provincia) serbasse Autore così originale? come posso mettermi in contatto con dinamo seligneri??

  4. Grazie per la citazione. Ne approfitto per comunicare che ai primi di giugno uscirà sulla mia rivista un saggio sulla poetica di Mario Lo Tasso, firmato da me e da Davide Debolucci.

  5. non mi sembra di aver mai autorizzato nessuno, tanto meno voi, ad accostare il mio nome a questo miscuglio di fuffa e poetese
    siete pregati di togliere il mio nome da quell’insulso elenco dei critici

    m. marziale

    1. Caro m. marziale, le rispondo con un endecasillabo del grande poeta Battista Magalli: io non ti conosco, io non so chi sei. Crede per caso di essere l’unico al mondo a indossare quel nome? Oltretutto a lei calza proprio male, se lo lasci dire. Il Marziale presente in quell’insulso elenco fa di nome Valerio ed è un esimio docente di italianistica presso l’università di Tarragona. Si informi e si vergogni pure della sua arroganza.
      E non ci facci perdere altro tempo, le dispense della scuola radioelettra le abbiamo comprate la settimana scorsa da un suo collega.

      RS

  6. ma il debolucci di cui si parla è per caso l’autore del fondamentale ‘bonifica dei poderi’? se è così non vedo l’ora che il saggio su lotasso esca perché sarà sicuramente una pietra miliare della critica letteraria
    grazie per questa grande anticipazione

    eolo

    1. Sì, caro Eolo, è proprio lui. Ma come hai fatto ad accorgertene? Anche noi non vediamo l’ora di leggere il four-hands di Franco e Davide, uniti nella lotta e nella scrittura più che mai.

      Grazie, i commentatori colti come te sono quelli che aniamo di più.

      RS

    1. Caro Arturo, prima di fare le tue infuocate richieste impara a usare gli accenti. E impara da Tiravento qua sopra, lui sì che è veramente istruito. Raffrèddati.

      RS

  7. Nel mio discorso su Mario Lo Tasso parlerò di questo:

    10 motivi per cui questo post non mi piace ma le poesie mi piacciono tutto sommato ma è un’opinione

    10 motivi per cui ho avuto il morbillo da piccolo e non me lo ricordo affatto ma non le vesciche sotto i piedi e me le ricordo invece

    10 motivi per cui non inviterei Padre G. Rozzi a parlare pubblicamente di Mario Lo Tasso, ma privatamente sì

    Rubo poi a Reb Stein un po’ di spazio per dire che ho in cantiere un’idea per un libro-collage collettivo dei primi tre punti di ogni decalogo che ho/avete fatto nella vostra vita: propositi, fioretti, precetti, lista della spesa, lista dei libri, promemoria ecc.
    Può interessare qualcuno? Se sì, qualcuno vuole metterci dei soldi? Quanti? La faccia? Quale? Il culo? Dove?
    Scrivete a padregrossi@tiscali.it, per oggetto scrivete Librocollagetrepuntirozzi.

    A presto

  8. Padre, la sento un po’ in disarmo e in dis-anore, in verità: non è da lei, da quel critico sopraffino qual è, liquidare il genio poetico di Mario Lo Tasso con un ambiguo “tutto sommato. Cos’è? Con l’età che avanza e incombe mi diventa invidiosetto anche lei? Sarebbe deludente, nevvèro, e deludente assai.
    Facciamo così: per peni-tenza, il suo saggio sul buon Mario lo redige a quattro mani con Franco Francese (un po’ svalutato di suo ultimamente, ma tant’è).
    Ci pensi: sarà l’occasione per una salutare rimpatriata e, soprattutto (mai mettere limiti alla provvidenza), potrebbe anche succedervi, a contatto con la materia lotassica, di ritrovare quel minimo di ispirazione per lasciarvi alle spalle le cazzate in versi che ultimamente state mettendo nelle vostre vetrine.

    A saggio ultimato (e a estro ritrovato), mandate tutto al mio indirizzo…

    Reb Stein

    1. caro chi sono?, sei sostanzialmente un fissato, ormai vedi jlb dappertutto, anche nei camerieri di trastevere
      te lo dicevo anche ieri sera a cena, in lo tasso al massimo ci trovi un vago sentore di adolfo, ma per il resto la sua poesia si declina tutta al femminile e forte è la presenza anche in questi versi dell’ombra protettiva di maria, di maria esther, di silvina, di victoria

      g.g.

  9. caro garzoncello scherzoso dall’età fiorita, innanzitutto io non sono anorevole e potrei anche interrompere qui la conversazione visto l’in-sulto da lei ricevuto, ma la perdono

    il “vago sentore di adolfo”, in una conversazione dove si parla di jlb, silvina, victoria, maria e maria esther, non può che essere riferito a bioy casares

    quindi, più che rimandarla a prendere qualche ripetizione da chi sono?, la inviterei a riflettere sul riflesso condizionato che è scattato in lei all’apparizione di “quel” nome. se ne rende conto?

    lei si è comportato esattamente come un noto frittore che, l’altro giorno, quando un suo lettore gli ha fatto notare che alcuni elementi di un suo testi potevano anche essere interpretati come trascendenti, ha esclamato “e no, ciccino, io sono ateo” (facendo la figura del pirla, ma questo è un altro discorso)

    g.g.

    1. Gabri, non diventi così greve che le casca il pizzetto. Ha ragione lei, ci manches rebbe, però io non ho mai letto l’adolfo, nemmeno accoppiato al borges che un po’ però leggetti, il borges, forse senza troppa convinzione (non me ne voglia il gafuri) perché faceva caldo però mi piacque, lo giuro; quindi, tirando le gomme, non me ne vorrà mica se non ho l’automatismo borgesiano come l’amici sua o come lei? Bella però la parola frittore. Me la segno vieppiù che oggi ho ribattezzato una combriccola che sta sempre in friggitoria La confraternita del fritto. (Oddio)

  10. roberto ha amato moltissimo la poesia di mario, fin dalla sua giovinezza. lo riteneva il nume tutelare dei visceralisti messicani

    l.c.

  11. Confermo quello che dice Lalo. Io, Orlando e Roberto tappezzammo le strade di Città del Messico con l’immagine africana di Mario Lo Tasso. Il Dr. Atl istoriò ogni muro dell’università con murales riproducenti quella per noi “sacra” icona.

    Ringrazio Reb Stein per aver fatto conoscere questo autentico gigante e per aver fatto circolare i suoi testi.

    Mario S.

  12. Me lo ricordo a Mario quando venne su in terra di crucchi per lavorare come immigrato carpeniteria e buttafuori in discoteche e pugile nei capannoni di combattimenti di polli e galline. Un grande uomo, negato per la lingua di Goethe quindi imparato io italiano per parlare con lui. Bravo uomo. Da lui ho imparato pure a sparire dal mondo letterario. Grazie Mario. Grazie Stein. Grazie poesia.

  13. Ringrazio tutti gli intervenuti con tanto anore e tanta riconoscenza (solo Mario Lo Tasso poteva portare in questo blog un parterre di commentatori di questo calibro): siamo onorati della vostra presenza.
    Un pensiero un po’ speciale me lo concederete – ed è tutto per Lalo Cura. Gli siamo particolarmente grati anche perché ci ha suggerito un tag che farà la nostra fortuna: “poesia incivile“. Che dire: avercene di interventi come quelli che lascia in giro! Sono il fiore all’occhiello di ogni lit che si rispetti e che, come noi, aspira al salto di qualità nell’olimpo dei siti culturali.
    Torna più spesso, Lalo, non farci stare in pensiero.

    RS

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