“La historia no se detiene
ni con la represión ni con el crimen.”
9:10 A.M. RADIO MAGALLANES
Habla el Presidente de la República desde el Palacio de La Moneda.
[…] Seguramente, ésta será la última oportunidad en que pueda dirigirme a ustedes. La Fuerza Aérea ha bombardeado las antenas de Radio Magallanes. Mis palabras no tienen amargura sino decepción. Que sean ellas un castigo moral para quienes han traicionado su juramento: soldados de Chile, comandantes en jefe titulares, el almirante Merino, que se ha autodesignado comandante de la Armada, más el señor Mendoza, general rastrero que sólo ayer manifestara su fidelidad y lealtad al Gobierno, y que también se ha autodenominado Director General de carabineros. Ante estos hechos sólo me cabe decir a los trabajadores: ¡No voy a renunciar!
Colocado en un tránsito histórico, pagaré con mi vida la lealtad al pueblo. Y les digo que tengo la certeza de que la semilla que hemos entregado a la conciencia digna de miles y miles de chilenos, no podrá ser segada definitivamente. Tienen la fuerza, podrán avasallarnos, pero no se detienen los procesos sociales ni con el crimen ni con la fuerza. La historia es nuestra y la hacen los pueblos.
Trabajadores de mi Patria: quiero agradecerles la lealtad que siempre tuvieron, la confianza que depositaron en un hombre que sólo fue intérprete de grandes anhelos de justicia, que empeño su palabra en que respetaría la Constitución y la ley, y así lo hizo. En este momento definitivo, el último en que yo pueda dirigirme a ustedes, quiero que aprovechen la lección: el capital foráneo, el imperialismo, unidos a la reaccióncrearon el clima para que las Fuerzas Armadas rompieran su tradición, la que les enseñara el general Schneider y reafirmara el comandante Araya, victimas del mismo sector social que hoy estará esperando con mano ajena, reconquistar el poder para seguir defendiendo sus granjerías y sus privilegios.
Me dirijo a ustedes, sobre todo a la modesta mujer de nuestra tierra, a la campesina que creyó en nosotros, a la madre que supo de nuestra preocupación por los niños. Me dirijo a los profesionales de la Patria, a los profesionales patriotas que siguieron trabajando contra la sedición auspiciada por los colegios profesionales, colegios clasistas que defendieron también las ventajas de una sociedad capitalista.
Me dirijo a la juventud, a aquellos que cantaron y entregaron su alegría y su espíritu de lucha. Me dirijo al hombre de Chile, al obrero, al campesino, al intelectual, a aquellos que serán perseguidos, porque en nuestro país el fascismo ya estuvo hace muchas horas presente; en los atentados terroristas, volando los puentes, cortando las vías férreas, destruyendo lo oleoductos y los gaseoductos, frente al silencio de quienes tenían la obligación de proceder.
Estaban comprometidos. La historia los juzgará.
Seguramente Radio Magallanes será acallada y el metal tranquilo de mi voz ya no llegará a ustedes. No importa. La seguirán oyendo. Siempre estaré junto a ustedes. Por lo menos mi recuerdo será el de un hombre digno que fue leal con la Patria.
El pueblo debe defenderse, pero no sacrificarse. El pueblo no debe dejarse arrasar ni acribillar, pero tampoco puede humillarse.
Trabajadores de mi Patria, tengo fe en Chile y su destino. Superarán otros hombres este momento gris y amargo en el que la traición pretende imponerse. Sigan ustedes sabiendo que, mucho más temprano que tarde, de nuevo se abrirán las grandes alamedas por donde pase el hombre libre, para construir una sociedad mejor.
¡Viva Chile! ¡Viva el pueblo! ¡Vivan los trabajadores!
Estas son mis últimas palabras y tengo la certeza de que mi sacrificio no será en vano, tengo la certeza de que, por lo menos, será una lección moral que castigará la felonía, la cobardía y la traición.
RADIO MAGALLANES, ORE 09.10
Parla il Presidente della repubblica dal Palazzo della Moneda.
[…] Sicuramente questa sarà l’ultima opportunità in cui posso rivolgermi a voi. La Forza Aerea ha bombardato le antenne di Radio Magallanes. Le mie parole non contengono amarezza bensì disinganno. Che siano esse un castigo morale per coloro che hanno tradito il giuramento: soldati del Cile, comandanti in capo titolari, l’ammiraglio Merino, che si è autodesignato comandante dell’Armata, oltre al signor Mendoza, vile generale che solo ieri manifestava fedeltà e lealtà al Governo, e che si è anche autonominato Direttore Generale dei carabinieri. Di fronte a questi fatti non mi resta che dire ai lavoratori: Non rinuncerò!
Trovandomi in questa tappa della storia, pagherò con la vita la lealtà al popolo. E vi dico con certezza che il seme affidato alla coscienza degna di migliaia di Cileni, non potrà essere estirpato completamente. Hanno la forza, potranno sottometterci, ma i processi sociali non si fermano né con il crimine né con la forza. La storia è nostra e la fanno i popoli.
Lavoratori della mia Patria: voglio ringraziarvi per la lealtà che avete sempre avuto, per la fiducia che avete sempre riservato ad un uomo che fu solo interprete di un grande desiderio di giustizia, che giurò di rispettare la Costituzione e la Legge, e cosi fece. In questo momento conclusivo, l’ultimo in cui posso rivolgermi a voi, voglio che traiate insegnamento dalla lezione: il capitale straniero, l’imperialismo, uniti alla reazione, crearono il clima affinché le Forze Armate rompessero la tradizione, quella che gli insegnò il generale Schneider e riaffermò il comandante Ayala, vittime dello stesso settore sociale che oggi starà aspettando, con aiuto straniero, di riconquistare il potere per continuare a difendere i loro profitti e i loro privilegi.
Mi rivolgo a voi, soprattutto alla modesta donna della nostra terra, alla contadina che credette in noi, alla madre che seppe della nostra preoccupazione per i bambini. Mi rivolgo ai professionisti della Patria, ai professionisti patrioti che continuarono a lavorare contro la sedizione auspicata dalle associazioni di professionisti, dalle associazioni classiste che difesero anche i vantaggi di una società capitalista.
Mi rivolgo alla gioventù, a quelli che cantarono e si abbandonarono all’allegria e allo spirito di lotta. Mi rivolgo all’uomo del Cile, all’operaio, al contadino, all’intellettuale, a quelli che saranno perseguitati, perché nel nostro paese il fascismo ha fatto la sua comparsa già da qualche tempo; negli attentati terroristi, facendo saltare i ponti, tagliando le linee ferroviarie, distruggendo gli oleodotti e i gasdotti, nel silenzio di coloro che avevano l’obbligo di procedere.
Erano d’accordo. La storia li giudicherà.
Sicuramente Radio Magallanes sarà zittita e il metallo tranquillo della mia voce non vi giungerà più. Non importa. Continuerete a sentirla. Starò sempre insieme a voi. Perlomeno il mio ricordo sarà quello di un uomo degno che fu leale con la Patria.
Il popolo deve difendersi ma non sacrificarsi. Il popolo non deve farsi annientare né crivellare, ma non può nemmeno umiliarsi.
Lavoratori della mia Patria, ho fede nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro in cui il tradimento pretende di imporsi. Sappiate che, più prima che poi, si apriranno di nuovo i grandi viali per i quali passerà l’uomo libero, per costruire una società migliore.
Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori!
Queste sono le mie ultime parole e sono certo che il mio sacrificio non sarà invano, sono certo che, almeno, ci sarà una lezione morale che castigherà la fellonia, la codardia e il tradimento.
***
[E’ l’ultimo discorso di Salvador Allende alla nazione cilena, pronunciato ai microfoni di Radio Magallanes poco prima di essere assassinato all’interno del palazzo presidenziale della Moneda.]
***
Pensate che tutto questo è successo perché non ne avete voluto più sapere; scrisse un giovane partigiano modenese prima di essere assassinato dai nazifascisti nel novembre 1944. Ricordo le scritte sui muri ai tempi delle Superiori, Cile libero, Cile rosso e le inutili assemblee, gli scioperi di solidarietà coi lavoratori cileni, noi studentini di primo pelo che non sapevamo nemmeno cosa fosse il lavoro. Era un’occasione come altre per fare un po’ di casino. La gran palla della musica degli Inti Illimani un modo come un altro per farsi del male. Allende non fu un gran presidente della repubblica, ma la sua fine merita comunque ricordo e rispetto. Poi arrivò l’11 settembre anche a New York nel 2001, e gli Usa tornarono a esportare democrazia. Chiedo venia per queste parole in libertà…
Sono convinto che ci troviamo ancora nell’ultimo periodo della preistoria. Bartolomeo Vanzetti.
Profondamente ingiusto, profondamente ignorante e offensivo il commento a firma Flavio Almerighi. La tragedia cilena, che Almerighi minimizza a folklore studentesco, segnò invece una generazione, ne allargò le prospettive di analisi e la fede in una democrazia dal basso. E’ andata a finire male in Cile per l’ottusa reazione capitalistica degli USA, non certo perché “Allende non fu un gran presidente” (grandissimo, se mai, come attestano le sue nobilissime parole). E’ andata a finire male anche in Italia, per via dei furbetti alla Almerighi che usavano il dramma di un popolo per “fare un po’ di casino”: evidentemente già pronti ad abbracciare la teledemagogia dell’incultura e dell’arraffo aziendalista.
Niky Lismo
infatti si è visto cosa ha prodotto quella generazione “così profondamente segnata” in Italia, pensionati d’oro e berlusconismo, ignorante e offensivo te li rispedisco al mittente.
L’11 settembre 1973 è per me rimasta una data memorabile e fondamentale per la maturazione della mia coscienza civile e personale. Nemmeno diciottenne, allora, il golpe cileno mi colpì profondamente. Seguii negli anni le conseguenze drammatiche di quell’evento. Non è un caso che tra le mie letture più importanti poi, negli anni, fino a oggi, oltre a Neruda che già conoscevo, si aggiunsero Isabel Allende (Salvador Allende era il cugino di suo padre), Skarmeta, Sepulveda, Bolano e altri.
La vita di Victor Jara, e la sua terribile fine, rimane per me un fatto che ancora oggi mi commuove e sconvolge (ricordo a memoria gli ultimi suoi versi scritti poco prima di morire nel famigerato stadio di Santiago) insieme al sacrificio di così tante persone note e ignote.
Gli Stati Uniti sono stati i complici, palesi e velati, di quel misfatto storico. Il Segretario di Stato statunitense di allora, Henry Kissinger, più volte aveva dichiarato pubblicamente la propria netta opposizione all’esistenza di Unidad Popular in Cile. Kissinger, proprio nel 1973, ha ricevuto uno dei più grotteschi e macabri Nobel per la Pace che mai sia stato conferito (ma Obama cerca in questi giorni di fargli concorrenza).
Gli Inti Illimani portarono per il mondo il messaggio di speranza, libertà e ribellione del popolo cileno. Milioni di persone, come me, si commossero in quegli anni all’ascolto di quella musica e nel partecipare ai loro concerti in Italia, poco tempo dopo il golpe. Alcuni loro brani retorici non oscurano nemmeno oggi la bellezza di molti altri brani, soprattutto quelli strumentali (“Alturas” è uno di questi).
Ancora oggi, come più diffusamente accade in Argentina e in altri paesi dell’America Latina, qualche quarantenne cileno scopre di essere il figlio di coppie di desaparecidos, venendo a conoscenza inoltre che coloro che aveva sempre creduto come suoi genitori, sono in realtà gli aguzzini, i complici e gli assassini dei suoi veri genitori.
Pinochet rimase quasi fino alla morte nel Parlamento cileno come senatore e ricoprì la carica di comandante supremo delle Forze Armate cilene fino al 1998, quando il golpista aveva 83 anni.
Pochi anni dopo il 1973, nel 1978, in piena dittatura militare argentina, buona parte del mondo “civile” si appassionava al Mondiale di Calcio organizzato proprio in Argentina, al quale parteciparono senza molte remore le più importanti nazionali calcistiche. L’Italia, si dice, giocò bene…
Correggo:
gli aguzzini, i complici e gli assassini = gli aguzzini, e i loro complici, e gli assassini
Il golpe in Cile, predisposto da anni in vari e articolati piani di intervento, fu un macabro “investimento” americano da dieci milioni di dollari: il costo in migliaia di vite umane, per gli “strateghi del terrore” di ieri e di oggi, era/è solo un “effetto collaterale” di nessun conto.
In prospettiva, per gli interessi imperiali americani Salvador Allende era molto più “pericoloso” dello stesso Fidel Castro. Se il modello cubano non era esportabile senza una rivoluzione, quello cileno rappresentava una soluzione nuova, che poteva essere contagiosa anche e soprattutto in occidente, perché prefigurava una via parlamentare, istituzionale e democratica al socialismo. Allende doveva essere eliminato a tutti i costi, questa era la parola d’ordine del Pentagono.
Allende fu un grande presidente, basta guardare il piano di riforme che riuscì a realizzare (lotta alla miseria, istruzione e sanità per tutti, interventi sempre attenti e mirati alle esigenze primarie dei ceti subalterni) e quelle che stava per rendere esecutive (la nazionalizzazione dell’industria estrattiva, ad esempio, saldamente in mano al capitale USA).
…
1) Quando in quegli anni manifestavo, scioperavo, occupavo scuole in solidarietà col popolo cileno, non ero lì a fare casino ma politica: ero perfettamente consapevole di quello che stavo facendo, soprattutto sapevo, allora come ora, da che parte stavo.
2) Gli Inti Illimani, in seguito fagocitati all’interno del grande calderone industriale della musica di consumo, portarono in Italia e in Europa un patrimonio di inestimabile valore, contribuendo a far conoscere e a diffondere l’opera di artisti (Parra, Jara etc.), poeti, scrittori assolutamente sconosciuti alla cultura occidentale e al suo immaginario.
fm
Cos’è l’uomo
si domanda Pascal:
una potenza di esponente zero.
… Nulla
paragonato al tutto
Tutto
se si paragona al nulla:
nascita più morte:
rumore moltiplicato per il silenzio:
media aritmetica
fra il tutto e il niente.
Nicanor Parra
Due interventi interessanti, informati e problematici (soprattutto il secondo):
http://www.gennarocarotenuto.it/27264-cile-11-settembre-1973/?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+gc+%28GennaroCarotenuto.it%29
http://www.gennarocarotenuto.it/27282-perche-l11-settembre-1973-nacque-il-mondo-nel-quale-viviamo/?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+gc+%28GennaroCarotenuto.it%29
Viva Chile!,La nueva canción chilena,Canto de pueblos andinos,Hacia la libertad sono quattro scrigni ai quali ritorno con immutata emozione ed incanto. Allora ero troppo bambino per capirci di politica ma mi pareva (e mi rimane) evidente da quale parte stessero bellezza e umanità.
¡Canto qué mal me sales
cuando tengo que cantar espanto!
Espanto como el que vivo
como el que muero, espanto
de verme entre tantos y tantos
momentos del infinito
en que el silencio y el grito
son las metas de este canto.
Lo que veo nunca vi.
Lo que he sentido y lo que siento
hará brotar el momento…
Canto, come mi vieni male
quando devo cantare la paura!
Paura come quella che vivo,
come quella che muoio, paura
di vedermi fra tanti, tanti
momenti dell’infinito
n cui il silenzio e il grido
sono le mete di questo canto.
Quello che vedo non l’ho mai visto.
Ciò che ho sentito e che sento
farà sbocciare il momento…
(Versi scritti nello stadio di Santiago del Cile da Victor Jara poco prima di essere ucciso, poi tradotti in inglese e musicati da Pete Seeger, con il titolo di “Estadio Chile”)
n cui = in cui
ESTADIO DE CHILE
Siamo in cinquemila, qui,
In questa piccola parte della città.
Siamo in cinquemila.
Quanti siamo, in totale,
Nelle città di tutto il paese?
Solo qui
Diecimila mani che seminano
E fanno marciare le fabbriche.
Quanta umanità
In preda alla fame, al freddo, alla paura, al dolore,
Alla pressione morale, al terrore, alla pazzia.
Sei dei nostri si son perdi
Nello spazio stellare.
Uno morto, uno colpito come non avevo mai creduto
Si potesse colpire un essere umano.
Gli altri quattro hanno voluto togliersi
Tutte le paure
Uno saltando nel vuoto,
Un altro sbattendosi la testa contro un muro,
Ma tutti con lo sguardo fisso alla morte.
Che spavento fa il volto del fascismo!
Portano a termine i loro piani con precisione professionale
E non gl’importa di nulla.
Il sangue, per loro, son medaglie.
La strage è un atto di eroismo.
È questo il mondo che hai creato, mio Dio?
Per tutto questo i tuoi sette giorni di riposo e di lavoro?
Tra queste quattro mura c’è solo un numero
Che non aumenta.
Che, lentamente, vorrà ancor più la morte.
Ma all’improvviso mi colpisce la coscienza
E vedo questa marea muta
E vedo il pulsare delle macchine
E i militari che mostrano il loro volto di matrona
Pieno di dolcezza.
E il Messico, Cuba e il mondo?
Che urlino questa ignominia!
Siamo diecimila mani
In meno che producono.
Quanti saremo in tutta la patria?
Il sangue del Compagno Presidente
Colpisce più forte che le bombe e le mitraglia.
Così colpirà di nuovo il nostro pugno.
Canto, che cattivo sapore hai
Quando devo cantar la paura.
Paura come quella che vivo,
Come quella che muoio, paura.
Di vedermi fra tanti e tanti
momenti di infinito
in cui il silenzio e il grido
sono i fini di questo canto.
Ciò che ho sentito e che sento
Farà sbocciare il momento.
(Trad. di Riccardo Venturi)
nello stadio dove victor jara e migliaia di altri cileni furono ammassati e trucidati, tre anni dopo sarebbero giunti i valorosi atleti italiani a mettere la pietra tombale su quel sangue, consegnando agli annali una delle pagine più vergognose e infamanti della nostra storia repubblicana
Grazie, Francesco. Avevo appena trovato anch’io l’intero testo di Victor Jara. E adesso sto ascoltando i versi nella versione in inglese.
Agli Inti-Illimani (a prescindere…) sarò sempre grato perché grazie a loro ho scoperto l’immensa Violeta Parra (e poi la poesia del fratello), autrice di un repertorio memorabile e di quella che, per me, è una delle più belle canzoni della musica popolare del Novecento:
https://rebstein.wordpress.com/category/violeta-parra/
Al link citato ne troverete altri due, due esecuzioni del pezzo opera degli stessi I.I.
Loro invecchiano, e noi con loro: ma ascoltare quella melodia senza tempo sarà sempre un ritrovarsi faccia a faccia con ciò che sopravviverà alla polvere del ricordo della nostra stessa polvere…
Grazie a voi tutti per gli interventi.
(E che un po’ della grande lezione etica, prima ancora che politica, di S.A. continui ad accompagnarci).
fm
Le vostre assemblee, dove se non ti allineavi eri tacciato come fascista, le vostre occupazioni delle scuole per il popolo cileno, la noiosissima musica degli Inti Illimani non hanno spostato di un millimetro il corso della storia.
il corso della storia sono sempre: ‘i corsi della storia’.
meglio una noiosa assemblea che i vostri fascismi quotidiani.
un abbraccio
Lì dove un tempo piantammo una quercia
priva di ghiande da offrire ai suoi porci,
ascolteremo cantare le stelle
nelle pozzanghere e dentro le fosse.
ne rimasi agghiacciato, ero un ragazzino, ne resto agghiacciato ancora oggi da uomo maturo..
voi comunisti non cambiate e non cambierete mai
non solo spadroneggiate in questo paese da centocinquantadue ani e sei mesi, ma sareste anche capacissimi di impedire ad un povero pregiudicato e alla sua banda di plurinquisiti di ricattare legittimamente la comunità nazionale e le sue istituzioni
ma non vi vergognate?
lc
Consapevole di non poter discutere con chi ambisce solo a polemizzare mi piacerebbe comunque far presente a Lalo Cura, o a chi per lui, che Allende non era a capo di un governo monocolore comunista, ma di una coalizione ampia, dove erano sì presenti marxisti di estrazione comunista e socialista, ma anche cristianosociali e non ultimi radicali (liberali di sinistra). Bollare il tutto come ‘cose da comunisti’ è di una ignoranza talmente grassa da risultare pure volgare. Chi scrive, fra l’altro, viene da un ambiente familiare (mi piacerebbe – ma non so in realtà se corrisponda a realtà – poter dire nel miglior significato dei termini) borghese, cattolico, e per molti versi conservatore, che in quelle elezioni appoggiò, non senza dubbi, Radomiro Tomic. Ciò detto nessuno, neanche a casa mia, si è mai sognato di pensare agli eventi cileni come a qualcuno di anche minimamente diverso da un atroce colpo di stato militare compiuto contro ogni legge, morale e non. E’ bello così ricordarsi, come lo fa lo stesso Allende, di quei settori dell’esercito che si rifiutare di non considerare più valido il proprio giuramento preso di fronte a un presidente e a un governo liberamente eletti e che si opposero al golpe.
mi dispiace Zuliani ma hai preso una topica micidiale
ma non preoccuparti, succede anche nelle migliori famiglie
(se leggi *bene*, soprattutto il mio secondo commento, magari ti si schiariscono un po’ le idee)
lc
Felice seno capito male.