Tutto intorno c’è l’umido
senza braccia né corpo.
ECCO
Ecco mi sono ricordato delle tante cose
di come influivano su quello che avrei fatto
di lì a poco e a distanza di anni
ripensato per incoscienza con timore
e ho ricavato il suono simile a quei giorni
che non era del mare anche se ai nostri piedi
e poi non era del vento anche se instancabile
ma simile a tutto quello che ho ritrovato
nel ricordo e fitto nel pensiero allentato
certamente lì è tuttora così com’era
con le orme asciugate dalla luce.
BREATH
Hanno smesso di sollevarsi
le abitudini leggère
che nascevano inaspettate
quando le onde smettevano
di sentirsi soffiare e
non pensavi di trattenere
oltre al mare il sale
ché le mani scioglievano.
DANZA
Poiché danzavi
e il vento ti trovò
leggera
tra le sue braccia
il vuoto lasciò cadere
il tuo ventre
sciolto alleato del mare.
Il cuore era un rumore
di more acerbe
le guance del colore
del cocco appena
versato
si fecero remote
tra gli occhi e la mente
persa come una scheggia
di fuoco d’artificio.
OSSIDO
Anche il lato apribile del giorno
si era ossidato verde ottone e
per finta sbirciavo la luce
attraverso le trame
del lino che copriva
molto oltre il folto pelo
del corpo e le montagne
che stavano sui piedi
franando si acquattavano.
Qualche movimento del giorno
mosso da un grido
di sicuro c’è stato
sfuggito all’occhio che tra un filo
e l’altro del lino pisciava
perché a vedersi tutto intero
il giorno oltre a sfiancare
commuove ancora.
PREMURA
Mi è sembrato di scoprirti
col seno il cuore e che
potesse avere freddo e asciugarsi
al vento ché ad altri cuori
è già successo smettere
di frugarsi il battito come si può
con il naso.
Allora ho cercato di coprire
baciando ogni parte e succhiando
da parte il sangue
inseguendo con il tuo sguardo
anche altro.
Così ho percorso qualcosa
come il giro del mondo stringendoti
sempre più forte.
BURNS
Finché si sciolse
sulla guancia il tepore
del sole
come un bacio sciupato
scialuppa allontanata
rintanata nell’orizzonte.
La pelle s’irritò
ritorta in se stessa
lebbra emotiva
stiva ricolma
di brividi
mentre i tuoi occhi cedevano
sul fondo dell’aria
distolta
oltraggiato un sospiro
un lampeggio scolpito
palpito caduto stordito
perso nel polso.
Finché si sciolse
col tepore la guancia
dentro il sole.
RESPIRO
L’unica cosa
che non ho mai imparato
è smettere di respirare.
Un giorno ho provato per ore
proprio non mi riusciva.
Alcuni hanno cercato
d’insegnarmelo in modo
sublime ché non ho potuto
neanche ringraziare così
assorti nell’insegnamento.
Ho imparato ogni cosa
mangiare, bere,
fumare, saltare, anelare,
ridere, balbettare,
sorridere, scopare,
piangere, vomitare,
correre, arrotolare
la lana, calpestare l’erba,
sollevare le braccia
pregare, aprire i polmoni
bestemmiare, cadere,
rialzarmi.
Ma smettere di respirare
non m’è ancora riuscito, molti
dicono: prima o
poi sarai tanto bravo.
IN_ESISTENZA
Ebbene anche oggi
non mi hai guardato
come guardi nel vuoto
così ho smesso d’essere
sono scomparso a
me stesso
tessendo un passo inifluo
fluorescenza d’inesistenza.
Anche quando mi senti
passare
rasare la mia guancia
non senti lo stridore
di un pelo incarnito spuntato
uno stato inascoltato
salto nell’inodore
candore stupito
sbalzato
nell’aria trasparente
carente aminoacido.
MANATA
Di una manata sull’acqua
lo schizzo frantumato
fletteva il tuo sorriso
ondulava oltre ai capelli
il viso e ammorbidiva
le labbra e ti sfrangiava
gli occhi con tutti i
colori dentro
e i sentieri percorsi.
SALE
Non sembra che il corpo
riesca ad andare avanti
portare una vita al di là
dell’onda che scava
la sabbia sotto i piedi.
Segni il punto avanzato
che il mare scioglie
così conti quei ripples
che si confondono
coi sogni ripetuti.
Allora è il sale
che si prolunga nelle
linee sopra la pelle
simile all’orizzonte
disteso sulle retine a
sollevarti dall’onda
evitarti di marcire.
PUNTI DI VISTA
Ho provato fin troppo
a vivere senza morirne
è che non riuscivo mai a smettere
di guardare le luci
nelle città in chissà
quali fessure
andavano spegnendosi
se in silenzio o in carezza –
persino senza fumo, polvere,
sembra sempre un’invasione
di stelle che si tolgono
calzoni magliette mutande
e si danno la buonanotte.
UMORE
Sotto i rami di more
al di là del muro
il mormorio
tu pensavi che in fondo
pure se in silenzio la vita
risuona e le mormore
sulla graticola
fanno fumo d’argento –
hai cambiato umore
e sei andata via senza pungerti
strapparti la camicetta
tenendo il succo
e l’aspro tra le labbra.
SEGNI
Intaccata la linea
spostava le scarpe dal solco
saliva sugli
scalini asciutta
incrostata sembrava
DNA intrecciato
cristallizzato –
di lì eri passata chissà
se per cercarmi.
BREEZE
Guarda le mani
provano a stringere
le nuvole
spalmarle sui tuoi seni
la pesantezza che si fa
leggerezza che ti trasporta
via, come volteggiare
in mezzo al vento
spesso è una bellezza atroce
che si fa brezza
che spezza.
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Testi tratti da:
Sette terribili ostriche e una perla
(inedito, 2013)
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Confermo anche qui la mia predilezione – per padronanza del ritmo e dettato ben distante dalla banalità – per “Punti di vista”.
Mai come ora ho desiderato avere queste tue meraviglie in un libro di carta. Si ha necessità di stringerle, di sentire che possiedono una specie di corpo, in quello del libro, che le fermi qui, in casa, su un ripiano, sul pavimento, che permetta di passarle di mano in mano, fino a farle uscire fuori di casa, in tasca, verso un altro portone, verso una rampa di scale.
Grandissimo Mauri.
Ho grande ammirazione per chi sa scrivere questa poesia intenza, contenuta, materiale. Ogni evento e ogni forma di commozione si fa gesto e armonia di suono.
Narda
Grazie a Anna Maria, Maria e Narda, ai mi piace e a chi chi si è soffermato per leggere.
Un caro saluto
mm