Chi sono i piccoli esseri filiformi che planano sul tetto o sul palmo della mano? Le immagini azzerano distanze per ricomporre i ricordi, indagare il presente.
Diviso in sette sezioni, ciascuna con un proprio ritmo e una sua voce e l’ultima parte (la più fitta) che dà il titolo al libro, Nello sguardo del lupo è una vasta esplorazione delle zone in ombra della nostra coscienza, delle relazioni sociali e sentimentali dove «l’amore è lo sparo/ che sgombra la mente». In cerca delle orme del lupo, della sua purezza, delle mosse e dei pensieri della belva isolata. Si battono territori lontani o familiari: una telefonata da un altro pianeta, uno specchio parla e le visioni salvano dal vuoto. Versi mongolfiera e occhi-proiettile sparati tra i varchi del silenzio per scardinare il guscio che racchiude l’animo umano, per aprire un sentiero tra i grovigli dell’esistenza.
Alternando brevi liriche a testi contundenti di più largo respiro – con innesti di brani in prosa poetica – Alessio Brandolini osserva e medita sull’universo, un campo incolto, l’infanzia, l’altro e l’altrove: la poesia è una sonda nel corpo e nella mente, una nave rompighiaccio.
Chiamo da un altro pianeta
I VARCHI DEL SILENZIO
I primi mesi sono stati pesanti, poi l’erba cosmica
ha avvolto detriti, rampe, ora semi bucano la polpa.
Tempo di potare a corto: salgo e trovo la voragine
l’isolamento espanso. Due parole per l’ottantesimo
compleanno, la terra in sonno e partendo non basta
un abbraccio. Radici vorremmo portarci dietro
le fibre della nostra specie. Il buio curva gli ulivi
assorbe i frammenti di luce tirando calci alla ghiaia.
Nel rifugio innalzato a morsi, nel fango degli addii
festa dello sguardo trainato dai varchi del silenzio.
Sulle pareti i ritratti, con gesti rozzi abbiamo
scalfito l’origine porosa della nostra specie.
L’ansia è la stessa: sbagliare e squarciarsi il fianco.
Le finestre aperte permettono di sentire il giardino
di ricordarsi che fuori è tutta un’altra storia.
Col becco l’usignolo indica un campo incendiato
mani di tagli. L’acqua i fiori il vento i lupi la levità
delle foglie, delle placide nubi che strappano chiodi.
Squilla il telefono e nessuno risponde, solo grugniti
tra noi e chi nella casa ha vissuto i suoi divisi giorni.
INSETTI E VOCI
Mi odi perché ti somiglio o per quello che dico?
Le mani non afferrano le voci, già in altri luoghi:
cronometrare le forze, usarle contro il nemico.
L’odore della corteccia dei noci snida l’energia
dei bulbi. Le ossa tintinnano, strappano schegge
alla lingua. Inchiodato al palo un cane abbaia
lodi al carnefice. Hai fatto bene a farmi colare
a picco in storie che non avrei mai compreso.
Lumache seminano il traguardo che lievita sotto
i piedi, s’alimenta a piume la cupola di Sant’Ivo.
Scoprire le cause di questa ronzante compagnia
si parla con mosche, api e zanzare, ci si spintona
dentro se stessi. Si progettano fughe, incursioni:
le cose da fare certo non mancano, già questo è
un effetto. Si lamenta l’erba recisa, reclama
una tomba tutta sua, il fuoco la converte in fungo
in fasi di vita. Non dirmi che lo avresti desiderato
c’è il futuro da ricomporre, una via da scortare
verso zone illese. Nuoto tra delfini e granchi
gli insetti hanno ali luminose dai riflessi cristallini.
PALPO I TUOI OCCHI
Mattoni invocano case, il nero dell’occhio.
Dovresti ma non puoi ben saldo tra i grovigli
nel canto degli uccelli notturni: vedrai le orme
cancellandole? dire ti amo sarà facile o dovrai
strappartelo di bocca? Provi a forare il cranio
a inserire formiche e il male ti coglie al laccio
nella grandine che s’abbatte sugli ulivi e l’orto.
Calandomi più sotto incontrai l’incendio
dell’infanzia per questo non posso librarmi
tra le nubi. Navi attendono di salpare
e i marinai giocano a carte in un bar del porto.
Avevi in custodia l’orologio ad acqua, l’occhio
mite delle sirene, ora evadi nel fiato, nel fiume
e nell’ombra scorre la linea spezzata dei giorni.
Spalanchi varchi per scoprire dove ti occulti.
Una cena tra amici e vuoi che sia diverso
all’oscuro di ciò che accade torna l’ingombro
di se stessi e non puoi dargli torto: puntelli i muri
oscilla la luce del mattino. Emanava raffiche
d’energia quando veniva a prenderti al lavoro.
In base a dove si sta si è quel che si può: staccarsi
dal verminaio, aprirsi alle ferite, alle costellazioni.
IL CAMPO INCOLTO
Non è il caso di riferire sussurri: l’attimo
modifica l’infanzia? un picco invalicabile
scavo e m’imbatto nella talpa, fuggo da chi
non c’era o faceva finta. Per amici zanzare
farfalle, un cane. Il passato è la parte celata
della luna, lo scenario è questo e se voglio
che i sogni siano reali devo essere
in viaggio non l’altro rinchiuso nel bunker.
Appeso al ciliegio per irrobustire i muscoli
osservo il corteo delle formiche e dei ragni
che tessono senza fretta i loro felpati giorni.
Figli mordono padri che non sanno giocare
oggi è Natale poi verrà Pasqua nessuno frenò
le mani oscene. Non riuscivo a stare zitto
ora ascolto le foglie, ho fatto bene a non sparire
ho terra incolta da esplorare, papaveri esplodono
lungo il percorso. Il passato è un luogo d’alberi
impiccati, d’un vento senza strade. Solo il buio
sprona alla vita, piega le ossa in caverne di luce.
Quello che ho fatto non lo ritrovo e il sole
si spalma all’indietro. Nel campo ho capito
delle cose o è l’erba incolta ad avermi compreso?
PICCOLA SINFONIA PER CANI
Staremo attenti a non mostrare i canini, il blu
placato tra le braccia, il silenzio trabocca, tira
la coda al lupo che prende coraggio, solleva
il collo e l’ululato avanza nell’aria del mattino.
Stella che scruti con un occhio soltanto invita
l’angelo a sollevarsi dalle spine! ne sapeva più
di noi il gatto stando al sole. Non addestrati
senza rispetto per l’udito altrui: padri maestri
amici, ce la fischiamo da soli variando il ritmo
e l’insonne sinfonia innalza città in miniatura.
Ho bruciato rami erba secca le scarpe dai tacchi
consumati che non sapevano più dove condurci.
Dondola la notte e nel fruscio si torna ad essere
ciò che non si è mai stati, barche calme in attesa
di precipitare nel mare in tempesta. Negli abissi
i pesci saldano gli occhi a palla sui nuovi spazi
dove potranno occultarsi, divertirsi. Quanto resta?
Avvisa la morte quando la cerchi potrebbe ignorarti
ama le sorprese, ti allunga la vita anche se non vuoi.
Il padre di mia madre prende le distanze, ribadisce
con foga che l’acqua in fiamme separa dal mondo
e il profilo del paese è solo un asilo per cani randagi.
Quel vecchio guerriero scuote le inferriate del tempo
risale la collina: non aggiunge altro, né torna indietro.
CHIAMO DA UN ALTRO PIANETA
Un tuono e l’alba ci sveglia, una sorella esige
un armadio per i vestiti, la consolo dicendole
che presto (avrò avuto dieci anni) aiuterò lei
e gli altri fratelli. I morti spiano non chiudono
mai gli occhi. La luce mitraglia il paese, alza
la croce franata nelle case, rileva le impronte
del branco: la via è già qui e scalfisce la pelle.
Procedo masticando quello che mi devi
tra specchi dai grovigli inestricabili, tra vicoli
alterati da rosse venature, da disegni primitivi.
Foglie gialle resistono affusolate al ramo
godono del freddo, della calma. Ha le doglie
l’aria e il figlio che germoglia teme il padre
la malinconia dei nostri corpi convalescenti.
Tutto è perduto? Il vento sbaraglia i giorni
non per questo rintanati in casa
escono dal tetto e sotto la pioggia bruciano
sogni per fare altri sogni. Chiamo da un altro
pianeta: l’universo ci osserva? simili ma distanti.
Un rimbombo gli anni futuri, ciò che siamo stati.
I testi sono tratti dall’ultimo libro di poesia Nello sguardo del lupo (La Vita Felice, 2014).
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Nota biobibliografica
ALESSIO BRANDOLINI è nato nel 1958 a Frascati e ha trascorso i suoi primi vent’anni a Monte Còmpatri. Vive a Roma, dove si è laureato in Lettere moderne. Ha pubblicato le raccolte poetiche: L’alba a piazza Navona (in 7 poeti del Premio Montale, 1992), Divisori orientali (2002, Premio Alfonso Gatto – Opera prima), Poesie della terra (2004, poi anche in spagnolo Poemas de la tierra), Il male inconsapevole (2005), Mappe colombiane (2007), Tevere in fiamme (2008, Premio Sandro Penna), Il fiume nel mare (2010, Finalista Premio Camaiore) e Nello sguardo del lupo (2014). Suoi testi sono stati tradotti in diverse lingue e pubblicati su riviste italiane e straniere. Nel 2013 ha pubblicato il libro di racconti Un bosco nel muro (Empirìa). Traduce dallo spagnolo e dal 2006 coordina Fili d’aquilone, rivista web di “immagini, idee e Poesia”. Nel 2011 ha fondato la casa editrice Edizioni Fili d’Aquilone.
http://www.alessiobrandolini.it
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Sì, poesia come nave rompighiaccio, similitudine azzeccatissima. E complimenti al poeta Brandolini per la sua ars poetica.
Anche io apprezzo molto la poesia di Alessio Brandolini e sono felice di trovarlo qui con gli estratti di un libro che mi procurerò a breve.
Francesco t.
testi molti interessanti, dal taglio prosastico che però mantengono una cadenza sincopata ed un ritmo molto precisi unite ad immagini potenti; li ho molto apprezzati, sarà sicuramente un bellissimo libro, molto denso.
Un caro saluto e grazie
Bux
sorry per i refusi, perdono! :))))
Espressionistiche e molto belle! Come dice Antonio, cadenze ritmiche in toni prosastici.
Grazie.
Non importa se “una trama di nodi prende alle spalle: il vizio / antico di farci a vicenda del male, la risano / con calma e la brina fodera il campo incolto”. E ancora “Raccolgo qualche frutto dopo anni di tenace / lavoro: pensieri in un luogo anonimo”. Sono altri versi di alternanza poesia-prosa in questo libro dove l’autore si lascia scivolare fuori dal tempo, in modo pudico ma imperioso dove egli prende atto della tremenda ineguaglianza naturale tra soprassalti d’indignazione sempre rinnovati e tremendo desiderio di sopravvivenza.