Note di ascolto (II) – Thelonious Monk
(Misterioso)
Eccentrico, anticonformista, singolare, guru di se stesso, innovatore enigmatico, esecutore inimitabile, pianista eclettico: tutto questo era Thelonious Monk (1917-82).
Nella galassia jazz tra il 1940 e il 1970, Monk è stato inavvicinabile, eremitico, imprevedibile e soprattutto laconico: la tecnica pianistica è stata eccellente e spesso indecifrabile, dal virtuosismo esemplare alle divagazioni disarmoniche, dall’avanguardia inafferrabile al narcisismo monologante. Non lo aiutavano il suo atteggiamento (distaccato e solitario), il suo repertorio di volta in volta rigenerato, addirittura il suo abbigliamento da sciamano o da “diplomatico” in livrea. Irreprensibile sempre, inavvicinabile, insondabile ma il suo jazz, come ha sempre dichiarato, è sempre stato all’insegna della libertà.
Thelonious Sphere Monk ha suonato con generazioni di jazzisti, tutti diventati con lui o grazie a lui dei capiscuola ma Monk non ha mai avallato o reclamato filiazioni o eredità. Con lui si sono cimentati (seguire le sue disarmonie era davvero arduo) il chitarrista Charlie Christian, i batteristi Kenny Clarke e Art Blakey, il vibrafonista Milt Jackson (che confluirà nel Modern Jazz Quartet di John Lewis), i sassofonisti Sonny Rollins e John Coltrane e, tra gli altri, Miles Davis, Dizzy Gillespie e il sublime Charlie Parker.
Ha suonato quasi sempre in ensemble ridotti: trii o quartetti, trovandosi a disagio e in contrasto (il più delle volte un contrasto tutto suo interiore) con le big bands. Ha inciso per la prestigiosa “Blue Note” e ha scritto composizioni molto raffinate, dalla memorabile ’Round Midnight a Epistrophy, da Straight, No Chaser al pezzo di questo ascolto: Misterioso.
La libertà dell’esecuzione (sorretta sempre da un controllo inaspettatamente armonico, secondo le linee-guida del bebop, cioè le battute iniziali che si ripetono e ritornano dopo un’infinità di variazioni sul tema) è stata ripresa dai musicisti del free jazz (Ornette Coleman, Don Cherry) ma l’impronta originaria di Monk è rimasta ineguagliabile (qualche anno fa persino Lucio Dalla improvvisò col clarinetto il pezzo in ascolto).
Il virtuosismo e l’originalità di Thelonious Monk si configuravano in un fraseggio di tempi alterni, con la tessitura di armonie spezzettate (displacement), in una partitura che veniva recuperata quando si pensava che fosse irrimediabilmente perduta. La posizione e il tocco delle mani, addirittura delle palme o dei gomiti, rendeva questo pianista unico ma la genialità di Monk era proprio questo itinerario scontroso e sofferto, questo viaggio caotico tra intenzione ed espressione.
Misterioso è il pezzo che meglio lo descrive: ha un inizio suadente, morbido, quasi lirico su un tema che sembra elementare, ciclico, ma che si complica su una scala doppia di accordi per sfociare ed avventurarsi poi in una magmatica esplosione timbrica, da una gradevolezza tonale a qualcosa che non riusciamo a definire ma che intendiamo come il racconto jazzistico di un mistero che, pur esplicito, chiede comunque di restare fascinosamente segreto.
ascoltato di gusto, grazie :)
ne feci un trittico, monk in rosso, in giallo, in bleu.. lo invierei volentieri e ottimo articolo qui scritto da A. Scavone!
Lui , Charlie Parker, Sonny Rollins, li amo
Mi chiamo Monk, Thelonious Monk:
e ho qualcosa in testa che vi devo proprio raccontare
ogni silenzio è diverso da un altro
ci sono silenzi di cui non ci accorgiamo
altri che ci prendono alle spalle e ci imprigionano nel gelo
silenzi che ci cullano
e altri che ci riempiono di inquietudine
silenzi che rendono tutto più chiaro, come una vampata di luce
e silenzi oscuri, in cui brancoliamo storditi
silenzi in cui nasce una bufera di pensieri
e silenzi che generano altri silenzi da cui altro silenzio nasce
tra una parola e l’altra c’è sempre un breve silenzio
in cui puoi sentire il respiro e il pensiero
e nel concerto, una sola nota e poi silenzio
e il silenzio dopo una nota diventa silenzio
prima di qualcosa, silenzio che attende
blues, urlo, sparo o voce amica
e ci sono silenzi che parlano
e altri che si chiudono dietro di sé come una porta d’acciaio
il silenzio del malato nel letto
e delle macerie dopo il morso della bomba
degli amanti che dormono
il silenzio del crepuscolo con Nellie
della mia solitudine vicina e della tua voce lontana
(Stefano Benni)
bella la poesia di Benni, grazie.
L’ha ribloggato su vengodalmare.