Raffaele Perrotta
abolito il quarto d’ora accademico,
abolita la conferenza con il tavolo
e il bicchiere e la bottiglia
d’acqua minerale,
si afferma il dibattito,
la ricerca comune
(per un manifesto da apporre
sui muri di stradella
in occasione di un dibattito
sul teatro pirandelliano)
(sonatasituazione, p. 13, il periplo 1969)
alla distesa delle acque filosofia è il pensare problematicamente l’entità dell’ente; il linguaggio ne è il luogo. è nel procedere del discorso che s’accresce l’intensità del dire. dobbiamo alla civiltà greca se è filosofia, e dobbiamo alla lingua greca se è il parlare nostro. se ti va assegnarmi il titolo di filosofo, io non te lo impedisco, a patto che tu lo faccia precedere dalla specificazione di scrittore. un po’ di fierezza non guasta mai, tendere l’orecchio, sía la massima! e di nuovo, come sempre: (¿vo a significarmi con parole mie? per quanto la scuola abbia a vincere su di me, la sua di parola.) il filosofo aspira a essere sé stesso; ¿ma questo filosofo ha fatto i conti con sé stesso quale uomo? la mente e il significato: nobiltà questo e nobiltà quella. ‘le origini dell’universo’, ma ‘universo’ è una parola; con il che ne viene di conseguenza il discorso letterario. ancóra la mente e il significato, due orizzonti e due abissi. tradurre è possibile avendone incauta iniziativa, ma tradurre è impossibile avendone opportuno avvio al discorso in filosofia, teoretica su vasta scala (¿se ne avrebbe lo stato di diritto applicato a una formula del letterario filosofico?).
nonostante che il limite sía prerogativa evocando la figura retorico-filosofica del Tutto, il tratto di discorso avvenuto è in sentore di dubbio ermeneutico, di quella ermeneutica che nessun trattato scientifico è capace di farne argomento altrettale scientifico: la scienza, una parola, non meno di universo. a mostrarsi in sé di sé è la segnatura. non piú citare per citare, non si finge innanzi a noi stessi che siamo gli oscuri: abbiamo bisogno di modelli culturali per tirare la carretta. dottrine e simboli, le menti déi linguaggi formalizzati sono simboliche. a notte alta, dopo aver riletti i Di oscuri presocratici Eraclito e Parmenide, riletti i teatri Dante e Shakespeare, un buon sorso di vita letta alla maiuscola, completata la giornata operosa. mi rinomino Victor Sjöström in Isak Borg; ho l’età per riguardare il mio cammino e cominciare a confessarmi secolarmente per le mie storie intellettive e intellettuali, le mie storie culturali: mi scrivo come se fossi chissà chi; di là, in quella stanza che dovrebbe essere adibita a studio e che invece è piena di libri e carte svariate in una disseminazione che copre scaffali e tavolo di lavoro e sin in terra carte di scritture che sono una parte della mia biblioteca personale, altro ancóra di questi materiali accumulati in altre stanze dell’appartamento, in questa congerie letteraria sono i miei scritti tutti alla ricerca della parola, del suo augusto silenzio squillante. le mie letture storico-entiche. pensandomi, il mio pensiero è turbato.
fra orizzonte e titolo, la Retorica: ¿che cos’è la figura retorica se non la potenza della parola? sodalizio Vysockij-Marina Vlady. visionarietà, prova del fuoco, freccia scoccata. il teatrante tutto compreso nel suo agonismo d’atleta combattente, magnificenza ulteriorizzata a esasperazione; in fase acuta, patrimonio della umanità. la Nazione Napoletana œ la Rivoluzione Partenopea, la canzone napoletana è una civiltà di Napoli. non siamo in acque alte a sommergerci, tutt’altro! acme. mi sono alzato dal mio giaciglio e mi sono adagiato sul mio giaciglio, ho bevuto un buon vino bianco fresco, e, uscito all’aperto, mi sono poi adagiato sull’erba sotto il fogliame di un albero: avevo portato con me un libro che raccontava di una vita che pareva la mia, vita scandita ora per ora, l’autobiografia di Vittorio Alfieri o i diari di Galeazzo Ciano, non sta dilemma, parole parlano e racconti raccontano, nella buona come nella ria sorte, tutto a rientrare nel circoscritto memoriante. autobiograficamente io non brillo di luce mia personalissima; se il Premio Nobel fosse serio, ebbene io non meriterei di riceverlo per le Scienze Letterarie; ma posso vantare il mio non indossare l’abito di cerimonia avendo inscenata la non messa in scena d’alcunché di stucchevole commediola. ¿forse che i Cesari non hanno scheletri negli armadi? e hanno costruito Stati, Imperi, ammirati dai posteri. io sono di lungo córso nella Ricerca. Giornale della Filosofia e Gazzetta dello Sport, e, ancóra, del patrio il Napoletano, Roberto Murolo e Mario Merola, per me pari sono, dopo dada, a faticare il fior fiore lemmario, stile alto œ stile basso.
¿non è ripreso l’ex novo per quel poco di novo? c’è che interrogarsi! se ne prospetti l’alloro. ¿ai nostri occhi il cielo si libera della sua scontrosità? epocale … un lieve sussurro nel deserto immenso dell’universo, a sua volta dato a nome di storia. non mi capacito di tutto questo assordante silenzio e di parole operatrici sull’esserci di noi indottrinati, qui, in questo luogo d’acque morte, non un modello di composizione propizio, il ‘mandato’ … del càmice bianco, il dazebao, a mostrarceli i ferri del mestiere. il silenzio degli studi nel silenzio degli studi. firmamento a frammenti. opere di silenzi in silenzi a segno scrittura significante elaborati, parole autorevoli di signorie dotte sagge sapienti a limiti estremi di conoscenza conoscibile, fortune di civiltà, problematicamente ascoltando lettera e spirito del messaggio. accadendo Mέθ-οδος, questione di stili, interrogando il pensare la parola. in córso d’opera parlante contraddirne il dire. ¿quale eco di parola alla eco del sovrano silenzio? orecchio che vede, eccezionalmente ascoltare l’enigma. in discussione il discorso nel suo complesso di struttura. posto il tèma, c’è bisogno del sema. tutto è in questione della lingua, innanzi … tutto.
¿da che parte si sta operando con queste premesse? non dovrebbero esserci delle parti nel campo filosofico, perché qui si tratta proprio di filosofia, quindi la parte esclude il tutto, e in filosofia il Tutto è l’Uno. parli bene, ma: mi viene da dire che – e non prendendola alla larga, ¿dove o non piú dove la vita sistematica di casa e lavoro brillerebbe? ¿sai che ti dico? il professore di filosofia lamenta che nel tuo scritto manca il tuo Heidegger, insomma che tu ti comporti “filosoficamente” alla leggera, avresti abbandonato la via della Sprache. pensare liberamente, anche trincerandosi dietro il proprio limite, non è da tutti: anche il miglior filosofo presenta le sue crepe nello svolgimento del suo pensiero, e il mio Heidegger non ne è immune; lo stesso Aristotele, nella sua Metafisica, è discutibile nel fatto del suo discorso. mi metti in croce. abito di gala, si viene a dire che l’opera ha un plurale di opera, se l’opera ha ed è tessitura di opera; questa è l’opera (la musica che si canta al richiamo del metaforizzare la piú iperbolica della immagine), ¿e la letteratura? la filosofia è letteratura, nella letteratura rientra l’estetica, e non solo: lo scibile, in letteratura e in filosofia, la materia della conoscenza. lo si dichiarò: filosofia della vita, come in arte – della estetica – è la vita, trasfigurazione del linguaggio narrativo.
non potrò mai paragonarmi al vero filosofo che è capace di introdurre nel proprio discorso il ‘sortilegio’ di arte e poesia; e ancóra: il vero filosofo: in filosofia è in atto di ricerca la verità. ¿ma il magistero filosofico non ha insegnato che il filosofo ‘sta pensando’ la verità? caso mai, lo stesso filosofo è alla ricerca di ‘dare parola’ alla verità. sillabare la verità … ¿la parola qui-e-ora? ¿come possa avvenire che la parola … ‘di rigore’? e ci si spinge oltre: ¿la «religione» nella «filosofia»? ¿non vi sussisterebbe la stonatura? ¿udire «Parola del Signore»? ¿parole idonee alla nostra filosofia? scienze religiose, ossimoro, tenuto a stento; Das Kapital, discorso, come i discorsi de Déi Sepolcri foscoliani e de La Ginestra leopardiana. e per riprendere il nostro discorso incagliatosi nella Parola Sovrana: oceano e abisso, fuori di queste due parole, è il nostro drammaticizzarsi, e assai arduo che lo si possa inscenare anche con il ‘come se’. ¡pensare «oceano» e «abisso»! un altro problema: la determinazione, con il séguito del ‘parlarne’ in terminologia.
ecco allora il ricupero della Sprache. del crocevia; sí, sía movimentiamo cultura; filosofia culturale; coltivazione della cultura; dibattito aperto; problematicamente ciascuno in proprietà di sé. notizie del giorno: ciascun giorno è un ufficio, e non un’opera d’autore che sopravanzi un’opera d’autore, e a interrogarsi ai dadi del getto. ¿con chi ti accompagni quest’oggi? ¿a quale fonte ti abbeveri? ¿la tua ispirazione? un’opera d’autore a grado da rilanciarsi: questa che mi viene avendone pagato il prezzo con l’attenzione dovuta al mio ascolto di significazione, memoria archeologica. è tutto un teatro, il ludus ciò chiamato altrimenti vita; ma le parole subiscono danno quando vengano impiegate per convenienza. una lingua straniera è lingua straniera perché la nostra lingua è lingua nostra: sapœri delle nazioni. non è che mi vanti, so quel che so alla luce del mio conoscere di esistenza nell’essenza: la filosofia è scontrosa con tutti quelli che le si parano innanzi per acquistarne la lezione e memorizzandola; la filosofia ama lo spirito inquieto.
Nietzsche ammonisce (Auf den glückseligen Inseln, in Also sprach Zarathustra): Nun wütet mein Hammer grausam gegen sein Gefängnis. Vom Steine stäuben Stücke: was schiert mich das? il valore di scrittura è il composto di scrittura. può bastare, ho detto quanto mi premeva dire, ora lasciatemi con me stesso in umiltà pàtica, ho ancóra tanto da traguardare, per poi riferirvi, qualora abbiate intenzione di lèggere il mio lavoro in opera. del chiaro è manifesto l’oscuro. ¿e la terra del cosmo? ¿chi oscura questa limpidezza? ¿e che narrano le opere terrestri? ¿ascoltare il silenzio? questo il mio insegnamento, trasversalmente. […] trasversalismo cognitivo. all’orizzonte, divagando, tra segni, voci non sempre amiche, ¿le parole sono ferme? ¿in quale lingua ti trovi a scandire le parole? una lingua e sue parole, è la lingua a costruire il discorso, una lingua e le sue parole sono arbitre nel significare il discorso. ¿quanto il parlante è l’autore del discorso che va parlando? strettamente confidenziale: corretto metadiscorso quello che dice io è l’opera della parola; ma ciò detto vale per qualsiasi tipo di linguaggio, non solo per la parola.
il discorso comincia con il punto rovesciato della domanda. come la fama arride a uno scrittore: non ci sono piú foglie d’alloro; non ho le mie scritture da difendere. trattando l’ombre come cosa salda. (Purg. XXI 136) Le peintre est reparti, mais vers l’image muette comme si la peinture ne connaissait pas d’autre expression. (René Char, Bornage, in Les voisinages de Van Gogh). la varietà della letteratura – che lo schedario distingue in generi e specie -, che si annette il poetico, e, ancor di piú, il poietico, e quando, ci si volga all’Estremo, manifestarsi dell’ombrato: il mitopoietico. chiamata dell’ingenuo nel suo proprio genio innato, sguardo colorante l’aspettativa de il vedere oltre lo sguardo stesso, di quell’orizzonte che mai non si última … ¿ho l’impressione o la sensazione; e il concetto privo della filosofia, potrebbe fare a meno del significato? no, di certo; sta il significante! ma per poter ‘andare oltre’ la letteratura mondiale … a noi non è dato che ciò di manifestativo: fa pensare il quid … che nella mente alberga, in ispírito a notturno provocante, e dopo tutto, da maniera improvvida, fu detto il dire all’aspettativa, e rinascimento è soltanto soprannome per un patto chiaro fra storici, e è altrettanto chiaro che a ‘questo punto’ a per-lustrarsi è parola e, a seguire, suo complesso di discorso: semio-/ ¿si è stati chiari? ¿nessun impedimento? quanto poi a discernere di «parola-discorso» è di appartenenza ‘atto problematico’.
¿che è parola? l’agguato. testuale, a partire dalla pagina bianca, misuràti per misurarsi alla misura. pagina bianca, arco baleno, provoca segno scrittura significante – e, a seguire, sintagma, perché sía discorso, l’asse sintagmatico -, specchio spettro. paradigma, proposizione protocollare: per conoscere lo stato culturale dello status civile, l’ordine, dirompere il paradigma dirompendone la struttura. prefisso cómpito gravoso: intenderci, oltre il paradigma storico. duramente x/X. Overbeck non è solo amico di Nietzsche, è Overbeck. stiamo qui sotto un viverci di alfabeti con sintassi sconnesse pur di risponderci in qualche modo da ‘nostrità’, noi smarriti lungo la via interdetta, senza indirizzo. e si chiede pietà, per questo ‘qualche modo’ da ‘nostrità’, qualche modo di MéÀq-odoj interdisciplinare invano quanto al chiarimento del Soggetto. la si chiami prova del fuoco, noi proviamo a tentare, almeno, l’impossibile «parola» (anche a costo di apparire fra il pretenzioso e il ridicolo). ¿a chi la si dà a bere con l’antefatto operiale? tutto sommato indeterminabile. rotto imperiale. vocazione epistemologica. parola cólta còlta. ai silenti il diritto di parola. silenzio sonoro. sul punto di aprir bocca. fronteggiare il baluardo cognitivo. punto fermo allo sbando. a documento «il perché?» del fluviale. esseri chiari con le proprie ombre. […]
Raffaele Perrotta
Attraverso la cruna di un ago
Roma, Aracne Editrice, 2013
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Nota biobibliografica
Raffaele Perrotta ha insegnato nelle Università di Venezia e Sydney e attualmente è docente di Metodologia e critica dello spettacolo presso l’Università di Genova. Lunghi o brevi, in volumi autonomi o collettanei, l’autore definisce i propri testi “discorsi letterari di metacritica e metafilosofia”. Titoli in volumi autonomi: Sonatasituazione (1969), G (1971), Lo schermo negato (con Sirio Luginbühl, 1976), Per organo (1979), In vista del logos e la dinastia della parola (1984), La discesa agl’ínferi (1981), Pensare d’Annunzio dopo d’Annunzio e gli scuri delle semantiche (1990), Insignia (1992), Il rosa testimone di guerra (1994), L’agonismo della cristicità (1995), Per quel cammino ascoso (1996), Àlea (1998), La farfalla filosofica (2000), L’oscura visibilità del pelago (2003), Antro immane (2005), Manifesto sottotraccia (2008), Ascolti e silenzi (2009); alcuni titoli in volumi collettanei, nel primo decennio del terzo millennio: I sentieri che conducono a d’Annunzio (2002), Ermeneia (2006), L’operaio della parola (2007), Dopoteatro (2007-2008), La partitura stilistica (2008), L’armamentario delle parole e paideia: la musica dell’anima e del corpo e il dedalo. Un manifesto (2009), Nuova critica metacritica (online, 2010).
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¿La letteratura è una terra straniera?
…e di quanto più straniero ci possa essere nella citazione di un libro , forse
anche non letto, come in questo caso,
che non accoglie, (eccola qui la biforcazione, il bivio della sostanza), l’altro, nella sua accezione, lo straniero,
lo strano doppio dell’ esistente, ma che
allude, la metafora ci consuma.Illudendoci.(Grazie)
Capitàno. Magister. Grazie,
massimo
L’ha ribloggato su cavalloerre.