Jolanda Insana: la viva turbativa.

Jolanda Insana

Manuel Cohen
Jolanda Insana

LA VITA (super)NOVA.
SCHEGGE DI POESIA ITALIANA.
N. 1

Jolanda Insana

“E uscendo alquanto del proposito presente, voglio
dare a intendere quello che lo suo salutare in me
vertuosamente operava.”

(Dante Alighieri, Vita Nova, capitolo X)

Jolanda Insana: la viva turbativa.

Se si considerano le antologie degli ultimi decenni, comprese quelle più serie o esposte a  recenti tentativi canonizzanti (Testa, 2005; Piccini, 2005) o quelle di posizionamento o establishment (Cucchi, Giovanardi, 1996; ed.ac. 2004) si scopre con non poco stupore che una delle voci più originali (viene da dire: irriducibili) della poesia nostrana ne sia rimasta fuori. La cosa pone qualche interrogativo e più di un dubbio su come le crestomazie siano state curate, in base a quali criteri, a quali logiche, a quale gusto; perché è lecito chiedersi come mai le vengano talvolta preferite voci palesemente più modeste, o comunque di pari dignità, e come mai questa autrice non figuri tra le più (ma anche tra le meno) gettonate dagli antologisti dell’ultimo trentennio, quali Cavalli, Copioli, Frabotta, Lamarque, Merini, Spaziani, o le più giovani Valduga e Anedda.Certo è che dal suo tellurico, mercuriale, babelico esordio con Sciarra amara (Guanda, 1977), la nostra autrice ha continuato, dritta per la tangente, a marcare un solco di originalità e arguzia, tenendosi bellamente sopra le righe, al di fuori da orbite o linee (innamorate, orfiche, araldiche, minimaliste, neometriciste, materialiste), elaborando una lingua unica, di sostanziale diversità,  attraversata com’è in lungo e in largo da recursività, periodicità e ritorni sonori, riprese e allitterazioni, tra arcaismi, idiotismi, hapax e neologismi, innestata a continui esercizi di surrealtà e corporalità, di deformazione espressionista, mescidando scrittura in versi a teatro di parola, prosaicizzando aulicismi, talvolta innestando questi ultimi a una lingua attinta dall’oralità, segnata da inserti dialogizzati. Turbativa d’incanto, è il nuovo libro di Jolanda Insana (1937), impareggiabile traduttrice di Saffo (1985), con cui la poeta festeggia con effetti speciali tra Barlumi di storia il settantacinquesimo genetliaco ed il ponderoso traguardo di 14 libri di versi. Festeggia, a suo modo, con Versi guerrieri e amorosi, parafrasando un altro titolo di Raboni, suo grande mallevadore. Turbativa d’incanto è infatti un enunciato ad alta tensione polisemica e ossimorica; quasi ad indicare un combattimento continuo, una belligeranza mai dismessa, o una sciarra, che nell’idioma messinese sta per alterco o lite, ovvero una zuffa verbale e a volte triviale, tra un venir meno e un venire alle mani, tra ostensione culta e ostinazione bassa, tra dentro e fuori, tra la casa-couche claustrale (La clausura)e l’esterno palinsesto sociale (La stortura), il sé e il fuori di sé, l’io e l’altro da sé, in spazi irrelati di significazione che alludono contrastivamente a un’offesa, a una disputa, a un urto continuo: la conflittualità della Storia tout court e la bellicosità dell’epoca presente. E sono numerosi in Turbativa d’incanto gli affondi e gli addentellati di realtà storica, quando non larvate le riverberazioni del presente in armi: a Baghdad e sulle alture del Golan, in Afghanistan, a Gaza e a Dresda, le statue dei Buddha abbattute dalla follia religiosa. Eppure il fulcro della bellicosità, appare sempre riscontrabile nello stato d’animo, meglio, nella situazione psicofisica, tra scissione dell’io, disperso e irriconoscibile, e psicosi multipla. L’animosità personale vive un continuo affondo o combattimento tra deprivazione d’incanto e istintualità estrema, ferina, allo stremo: “se non cambi mestiere e continente / ti farò i novendiali oggi stesso / anima disertora noiosa e furente / in cerca di mondi chiusi / dove le carezze si fanno a distanza / con battiti di manette / mentre intanto ci svendono la terra sotto i piedi / ci svendono le strade lucrando sui bilanci falsi” (p.22). Un accapigliamento a vario grado e a ogni latitudine, potremmo dirlo, per una realtà intimamente, emotivamente, socialmente turbata, che investe l’intera vita geologica e planetaria: “anche le galline muoiono di crepacuore / ne sono crepate 230 / un intero gallinaio / per l’assalto di un cane randagio”(p.27), leggiamo dalla suite dialogizzata Bestia clandestina, tra lasse di disagio interpersonale, tasche di abiezione o degrado dove monta la vis polemica, come pure una pantomima di sarcasmo. Una scrittura che non abbassa mai la tensione, che si tiene salda, viva e vivida, sul panorama scheletrico e schizoide del mondo.

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La recensione di Manuel Cohen a Jolanda Insana, Turbativa d’incanto, Garzanti, Milano 2012, è apparsa su «Punto. Almanacco della poesia italiana», anno 3, n. 3, aprile 2013.
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7 pensieri riguardo “Jolanda Insana: la viva turbativa.”

  1. domanda retorica, come sai benissimo. Il registro “ironico” , oltretutto espressionista, è sempre stato minoritario nel paese di Petrarca ma suppongo che la Insana, giustamente, se ne infischi; (“melassa per formicole”),
    grazie del post, V.

  2. Ringrazio come sempre e per sempre Francesco Marotta per il post accurato e per l’ospitalità. Oggi parte questa nuova rubrica che accoglie recensioni brevi di circa 3.000 battute, in genere e in precedenza apparse in cartaceo.
    La Vita Nova, affiancherà l’altra mia rubrica maggiore ‘Repertorio delle voci, giunta ora al n. 34.

    Grazie a tutti i bloggers e ai lettori per l’attenzione. Il primo numero non poteva non partire da un vero asso della poesia nostrana.
    m.

  3. @Viola

    è vero, il registro ‘ironico’ o più generalmente il Comico, sembra poco frequentato e di scarsa fortuna critica. Ma tra i più felibri e inquieti della storia letteraria: a partire da Cecco Angiolieri, per arrivare a Costa e Riviello (senza dimenticare almeno Palazzeschi) e non è poca cosa :-)

    rispondendo alla tua domanda: credo proprio che Jolanda I. se ne sia sempre bellamente infischiata! per fortuna dei lettori che almeno in questo caso non hanno a che fare con la solita barba floreale, ombelicale e araldica!

    m.

  4. Ho letto i versi della Insana nell’altro post presente sul blog. Come commenta Leopoldo Attolico, è poesia con gli attributi.
    Che non entri in certe antologie poco importa (e, credo, neppure all’interessata, come detto anche da Attolico).
    Per i Siciliani la Insana è già nel firmamento. Le invidio la robustezza del verso, l’impegno, e che questo non cambi il mondo …
    Insomma, grazie a Cohen e a quanti cercano di fare giustizia (e la rivoluzione della rete servirà a ridimensionare la ‘monarchia’ cartacea).
    un saluto a Francesco

  5. @giesse

    gent.mo Giesse,
    la ringrazio per essere passato da queste parti e per aver commentato.

    Trovo anch’io che Attolico abbia ragione.
    Quanto al firmamento siculo: mi sembra molto ricco e molto vasto, almeno da quasi due millenni!

    Scherzi a parte, credo che la Insana non abbia bisogno delle nostre piccole recensioni. E’ ampiamente protagonista della storia della poesia degli ultimi quarant’anni.
    grazie per l’attenzione. m.

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