il mondo uno scenario
nel rumore di fondo del cuore
grande come un’isola
che dà riparo al cielo
Y. Bergeret
Si fa strada da sé il bosco.
Non rimane che separare la pioggia
con le mani, l’odore di ozono, di fulmini
spezzanti gli incensi.
L’aglio in bocca per respirare
ha il gusto della parola,
ritorna,
filtra da sotto il dominio lichenico
da me che vanisco
*
Proseguendo il Grande Lutto la sua opera
non c’è altro tempo di andare
lontano
per tornare voce
per voce provvida che giunga da lontano
un’eternità di ritorno – per noi
arrivi in tempo – a noi
con amore irragionevole
con il cielo a tracolla
con l’orma irrigua nei campi
con i fuochi sottili della materia
non altro che
a passo di distanza
questo tempo
*
L’uomo prende il ghiaccio,
lo spezza in tritura di denti
a rischio di sangue.
Da lì a sanguinare, un magro
chiaro affluente da gelo
gli si scioglie in voce
(franano antiche morene)
piange
*
Vedetta, sentinella
se percorri lenta
l’asse degli occhi
i sedimenti d’ardesia
e guardi, guarda meglio
l’inizio e la fine del volto
per intero la sua storia
*
Case di lumache
striscianti articolano
semiassi molli, imprimono
la Rivoluzione Terrestre,
Coriolis che spinge tempeste.
Anch’io ho pelle di bambino.
L’immagine capovolta
nel concavo del cucchiaio.
E sotto: ispidezze
………in un giro che chiude
centolamate
*
Versi di tortore quelli
li riconosco da sempre
che si parla nel mondo
I becchi passano tra loro
un ciondolìo di vermicelli e suoni,
sono altri nomi di Dio
*
Dentro il fragore del tuono
il pane si spezza si dà
in prodigio agli uccelli.
Spiove.
La ciotola del mendìco
profuma d’acqua
*
Sfondo, spazio sferico
fondo attorno a ogni cosa,
l’epicentro del terremoto
non altro che il cuore
follemente pulsante
di un colibrì
………………………………………………………..Antonio Pibiri
……………………………………………………In cosa consiste il lavoro
……………………………………….Forlì, Editrice L’Arcolaio, 2020
ammiro e apprezzo i versi di Pibiri