Presentiamo la Postfazione di Stefanie Golisch al volume, da lei stessa curato e tradotto, che raccoglie le lettere scritte da Cristina Campo a Alejandra Pizarnik in un arco di tempo che copre gli anni dal 1963 al 1970. L’opera sarà pubblicata integralmente nella “Biblioteca di RebStein”. Buona lettura. (fm)
………………………………………………Stefanie Golisch
………………….Tentata vicinanza
………Cristina Campo e Alejandra Pizarnik
Fu tramite l’edizione tedesca dei diari di Alejandra Pizarnik1 che scoprii il legame tra la poetessa argentina di origine ebrea e Cristina Campo2. Mi feci spedire il carteggio3 dagli archivi della Princeton University, dove viene custodito il lascito letterario della Pizarnik.
……Immediatamente intuii i tratti di una relazione molto intensa, ma altrettanto complessa e non priva di una forte tensione di fondo, la quale per un certo periodo doveva avere occupato uno spazio non indifferente nella vita di entrambe le poetesse. Anche se a causa della perdita delle lettere di Alejandra l’immagine della loro amicizia rimane univoca, nei suoi diari si trovano tuttavia alcuni commenti che permettono di intuire come lei vivesse l’incontro con quella donna che, sebbene in modo opposto, è alla sua stessa ricerca di una intensificazione massima della vita: l’una, buttandovisi senza riserve, l’altra ritirandosi successivamente in una sfera di pura spiritualità. Nella diversità si riconoscono: Cristina scopre in Alejandra la sua fisicità repressa, Alejandra in Cristina la sua spiritualità sommersa.
……Due modi di essere nel mondo che si attraggono e si respingono, che si avvicinano e si distanziano di nuovo secondo le proprie leggi interiori.
……Campo, la raffinata scrittrice e studiosa, che vive volutamente al margine dell’ambiente letterario della sua epoca e Alejandra Pizarnik, l’eterna ragazza dai tratti geniali, psichicamente labile che si compiace nel ruolo di uno sfrenato Rimbaud al femminile e che vuole fare del suo corpo il corpo della poesia.
Due donne
Cristina Campo.
Nata a Bologna nel 1923. Figlia unica. Famiglia borghese. Il padre, il compositore Guido Guerrini, è prima direttore del Conservatorio di Firenze, poi di Roma. La madre discende da una delle più importanti famiglie della città.
……Un’esistenza privilegiata, segnata però da quella malattia – un difetto cardiaco, all’epoca inoperabile – che le causerà la morte all’età di soli 54 anni. Non essendo in grado, per via della fragile salute, di frequentare le scuole pubbliche, la sua formazione avviene esclusivamente sotto la guida di insegnanti privati e tramite le più svariate letture.
……Cristina è una divoratrice di libri, un’appassionata di lingue e letterature straniere: francese, tedesca, inglese e spagnola. Presto sviluppa un raffinatissimo gusto letterario che trova al margine della cultura ufficiale l’esclusivo e il bizzarro, ossia quell’altra verità, il cuore della sua produzione poetica e saggistica Cristina Campo non ha alcuna intenzione di sfruttare la sua cultura ai fini pratici, non ha bisogno di essere amata dal grande pubblico, ed è intransigente per quanto riguarda la pubblicazione dei suoi testi. Possiede una innata libertà interiore che la protegge davanti alle tentazioni del pensiero comune.
……Ipersensibile, fragilissima di salute, ma forte di animo e dotata di un carattere determinato; così si potrebbe caratterizzare quella donna che Alejandra conosce nel 1962, tramite comuni amici, a Parigi.
……Lei, 26 anni, Cristina 39.
……Il mito di Parigi, l’eldorado degli scrittori sudamericani dell’epoca: un sogno collettivo che rapisce intellettuali tra loro così diversi, come Julio Cortázar, Ottavio Paz, Hector Murena e molti altri. Senza aver terminato gli studi letterari e artistici a Buenos Aires, nel marzo del 1960 Alejandra si era imbarcata per l’Europa. Sa che i cambiamenti geografici non modificano il paesaggio dell’anima, ma sente la necessità di prendere le distanze dai genitori, ebrei ucraini, emigrati in Argentina due anni prima della sua nascita, nel 1934.
……A differenza della Campo che, per quanto lucida nell’analizzare i rapporti umani in generale, tende a idealizzare i suoi rapporti familiari, Alejandra è spietata.
……Nel disastro della propria infanzia – in che cosa esattamente consista è poco chiaro – vede la principale causa del suo squilibrio psichico, del suo malessere nel mondo.
……Non diversamente dalla Campo, anche lei cresce in circostanze assai privilegiate. Il padre, un commerciante di gioielli, permette alla famiglia una vita senza preoccupazioni economiche. Eppure Alejandra non si sente compresa, né dalla madre, che disapprova apertamente le sue ambizioni letterarie, né dal padre che nei suoi ricordi sembra una figura piuttosto sfuggente.
……Nonostante le tensioni incessanti che, a quanto emerge dai diari, rendevano la convivenza in famiglia un inferno quotidiano, vivrà insieme a loro fino al 1968, quattro anni prima della sua morte: l’eterna figlia che attribuisce ai propri genitori la colpa per una vita che, nonostante il crescente riconoscimento letterario, non riesce a gestire e che la porterà al suicidio nel 1972.
Sono colei che mi cerca dove non sono4.
……Con queste parole Alejandra descrive nel diario l’angoscia del proprio vivere. Un’infelicità di fondo la separa dal mondo e le impedisce di costruire rapporti durevoli. Dall’altra parte tale radicalità nella sofferenza diviene la fonte della sua arte.
……La contraddizione rimane.
……L’8 febbraio 1958 annota nel diario:
È come se mi avesse divorato un morto. Come se avessi nutrito il mio sangue con cenere. Come se la peste si fosse innamorata del mio destino. Come se la parola non fosse mai scappata dal mondo per trovare dimora in me5.
……Sostiene George Bataille che quando due persone s’innamorano, sono le loro ferite che si riconoscono. Il compimento dell’amore sarebbe dunque il momento del massimo dolore: quando le due ferite si posano una sopra l’altra.
……Probabilmente ciò che Alejandra e Cristina avvertono reciprocamente è la radicalità del vivere negli estremi. Sempre in altissimo.
……Sotto la soglia della massima intensità di ogni attimo di vita nulla vale.
……Bisogna essere pronti a bruciare vivi. Cristina Campo sublimerà i pericoli della sua natura intransigente nell’ideale della perfezione etica ed estetica mentre Alejandra cerca di resistere giorno dopo giorno nella spietata battaglia tra l’io e il mondo. Poiché soltanto a chi non diserta e non si risparmia sarà concesso di formulare – per dirlo con un’espressione di Ingeborg Bachmann – wahre Sätze, frasi vere.
Vieni, parliamo, chi parla non è morto6
Mia cara piccola Alejandra,
la Sua lettera mi ha profondamente sconvolta. Mi ha raggiunto in un momento di tenebra totale (i medici lo chiamano nervous breakdown) che è ancora e sempre frutto di troppo lutto. La comprendo pressoché troppo dolorosamente.
Cosa Le posso dire? Creda nell’anima, nella Sua, se non può più credere in quella di Suo padre, impegni la Sua anima, se può, a ricomporre con amore la sua figura, la sua eredità, la sua più segreta perfezione. La impieghi a creare un legame più forte – o forse più flessibile, in ogni modo più sicuro – con Sua madre. Queste perdite orribili, queste mutilazioni senza nome, sono delle occasioni di rinnovamento per tutto ciò che resta. Non bisogna perderle.
Non mi aveva mai parlato di Suo padre. Vedo dal tono, dalla descrizione, che Le assomigliava molto.
Ed è una grande fortuna. Rispetti profondamente questa rassomiglianza, preghi per Suo padre, se non può altrimenti, assomigliandogli nel modo più puro. La totale dignità dei morti è la più grande lezione spirituale che essi possano dare ai viventi!
La penso incessantemente e vorrei esserLe accanto per aiutarLa ad affrontare i mille piccoli orrori momentanei che rendono così dure queste eterne sofferenze. Mi scriva, se può. Il mio silenzio di tutti questi mesi significava, in parte, la paura di parlarle in un linguaggio che l’avrebbe disorientata. Oramai, ahimè, credo però che Le sia diventato familiare.
L’abbraccio insieme a Elémire, pregando per voi, tutti e tre.
Cristina7
……Questa breve lettera è caratteristica dello stile e del tono che Cristina assume quando si rivolge all’amica. Siccome ne avverte l’estrema instabilità psichica, cerca di condividerne il percorso di vita, trasmettendole tutto ciò che a lei stessa è stato di conforto.
……La relazione dell’individuo con la propria tradizione non solo è centrale in questo contesto, ma è un tema ricorrente nelle lettere e costitutivo del pensiero di Cristina Campo, che proprio in quegli anni si avviava alla conversione al cattolicesimo.
……Nella religione trova una via d’uscita dalle aporie della modernità, che proprio a causa della perdita di tradizioni millenarie non è più in grado di trasmettere all’uomo un orientamento spirituale, un senso del suo esistere.
……In Alejandra avverte il prototipo dell’individuo moderno che, abbandonato a sé in un vuoto di significato, non può che reagire manifestando dei disturbi psichici. In aperto confronto con il pensiero corrente, lei difende l’idea che un solido radicamento dell’uomo nelle proprie tradizioni culturali e religiose sia garanzia della salute mentale individuale e collettiva.
……In una lettera non datata, probabilmente del 1964, scrive a proposito:
Lei mi diceva, quasi un anno fa – quanto tempo è trascorso dalla Sua prima lettera – che parole come religione, patria, famiglia “naturalmente” non avessero alcun senso per Lei. Può benissimo essere vero, ma non è affatto naturale. È solo tragico, e se il poeta accetta tutto ciò come naturale, questa è la fine, lontana o vicina, della sua stessa arte, perché il poeta, cioè l’aristocratico, ha la sua patria, la sua religione, la sua famiglia: ce l’ha, in ogni caso: la religione della parola, la patria della lingua, la famiglia dei morti meravigliosi e severi. È sorvegliato ovunque, controllato da un seguito implacabile, da un cerimoniale più duro e più puro di quello degli imperatori di Bisanzio. Se si sottomette da asceta a questa corte invisibile più tardi avrà, oltretutto, perfino la patria reale, la religione reale, la famiglia reale: è, in ogni caso, il passato, la tradizione ritrovata, l’infanzia trasfigurata nella rivelazione della morte. L’esperienza, infine, così com’è: “un’altra vita, irriconoscibile, solenne e perfetta“.8
……Per salvare Alejandra dalle devastazioni del Zeitgeist le consiglia i libri di Simone Weil, il Lord Chandos di Hofmannsthal, e la mette in contatto con persone che ritiene possano esercitare un’influenza positiva su di lei. In particolare in Simone Weil, la Campo vede la figura guida sui generis. Ma Alejandra si sente respinta dal rigorismo morale della Weil, anzi, la spietatezza del suo pensiero le fa paura.
……Il 28 aprile 1963 scrive:
La paura che mi fa S. Weil è una paura come se si aspettasse per un tempo incerto in una stanza vuota (bianca). Forse perché ha abolito la fantasia, ossia l’arte, per instaurare al suo posto la morale (la giustizia, la virtù, la filantropia. (…) Questo significa che per me S.W. è la tentazione del salto dall’estetica all’etica. E, anche se sono cosciente di essere caotica, di venire dalle menzogne e dall’immaginazione (…) devo dire che la giustizia e la virtù non m’interessano affatto. In me c’è qualcuno che accetta il male e il disordine se essi sono le premesse di una bella poesia9.
……Infatti, le sue osservazioni riguardano direttamente un conflitto, forse irrisolto della Campo stessa, cioè quello tra la ricerca spirituale e quella letteraria.
……A causa della perdita delle lettere di Alejandra, purtroppo non possiamo sapere se le due donne abbiano mai affrontato apertamente questo argomento. E’ comunque probabile che, come spesso avviene per le amicizie femminili, abbiano preferito evitare i dissensi, sottolineando invece le somiglianze reciproche. Tuttavia, nel suo diario Alejandra parla chiaramente del rapporto con Cristina. Soprattutto nel periodo tra il 1964 e il 1967 numerose annotazioni riguardanti il loro scambio epistolare provano che Alejandra viveva questa relazione in modo molto intenso, ma altrettanto conflittuale:
Strana relazione con C.C.. Non è strana, ma semplicemente una ripetizione in più. Desidero che non mi scriva più, affinché io possa soffrire. Ossia: perché lei sappia che io soffro a causa del suo silenzio10.
……Con il passare del tempo sempre più spesso deplora una lontananza di fondo, che, dall’altra parte, Cristina pare non avvertire:
Lettera di C.C. La comprendo?11 Devo e non devo scrivere a C.C.? Tanto, non comprenderebbe mai ciò che mi duole12.
Lettera di Cristina. Mi fa paura. Come se mi avesse scritto un angelo13.
Terribile dolore a causa della lettera di C.C. a I. e, al contempo, gioia, perché in verità sono io che, nonostante tutto, sono fedele. (…) Ossessionata dalla lettera di C.C. (…) C.C. fu la mia interlocutrice interiore14.
……Nelle lettere di Cristina, sempre gentili e misurate, Alejandra ravvisa la natura sfuggente, intoccabile della sua interlocutrice:
Ora non sono più arrabbiata con C. Ciò che assolutamente non posso capire: perché non ho letto le sue lettere con uno sguardo più critico? Ma queste lettere non m’interessano. C. non esiste, se non soltanto nella fantasia, è un personaggio inventato che mi scambia per qualcun altro quando parla, perché dice delle cose che non mi aspettavo. Soprattutto non ho notato la sua freddezza15.
……Comprende che Cristina, nonostante gli apprezzamenti rivolti alla sua scrittura, la considera comunque una scrittrice non ancora matura, bisognosa di una guida spirituale. Ma Alejandra pretende che il caos della sua vita venga preso sul serio.
Due mondi
Da una parte la ricerca dell’armonia, dall’altra la resa al caos.
……Tra questi due modi di percepire l’arte e la vita non c’è corda che leghi. Non si può arrivare a un compromesso, ma solo all’accettazione di un’altra necessità, imparagonabile alla propria.
……Il 19.9.1967 Alejandra scrive nel diario:
Ieri sera ho raccontato a Silvina del mio scambio epistolare con Vittoria. Avevo la sensazione che le interessasse; e ancora di più: credo che abbia visto in esso qualcosa di straordinario. Indubbiamente lo è o lo era (non so come andrà avanti, non so se voglio o posso continuare). È strano, ma soltanto quando ne parlavo con lei, ho capito che la grandezza e l’intensità dell’incontro tra me e V. non è “scontato”. (…) Perché l’entrata di V. nella mia vita non mi ha mai sorpreso? Non solo non mi ha sorpreso, ma ho dimenticato la sorpresa (o la non-sorpresa).16
……Qualche giorno dopo aggiunge:
Davvero, che libro si è dissolto in tutte quelle lettere che ho spedito o non spedito a C.C.17? E nel dicembre del 1968 conclude: Credo che la mia corrispondenza con C.C. mi abbia dato molto, perché mi ha costretto di rivolgermi a lei in modo chiaro. E’, la chiarezza, una virtù? Non so quali siano le virtù. Io conosco soltanto desideri18.
……L’ultima lettera di Cristina a Alejandra invece è del febbraio 1970.
……Comincia in modo leggero con dei pettegolezzi su comuni conoscenti per poi passare, come di consueto, ai consigli di lettura:
Ma salviamoci da questi antri orribili, dalla paura che un rospo ci possa saltare sulla spalla. Ho qualcosa di molto urgente da dirLe: è necessario, è un imperativo, che legga i libri del Rabbi Abraham Joshua Heschel, un mistico di pura tradizione chassidica che ho conosciuto in circostanze straordinarie (era qui un anno fa). Credo che una grande ricchezza e una grande gioia L’attendano in queste pagine. (…) Credo che Rabbi H. sia uno dei 10 giusti sopravvissuti al disastro di Sodoma: quelli che, un giorno, si dovranno riunire dai quattro punti cardinali per salvare le tradizioni minacciate, poiché “tutte lo sono”. Fu lui a dirmi quest’ultima parola. (…) Ed è molto bello che parole molto simili io le abbia ricevute tante volte da Alejandra.
……Parole concilianti, il tentativo di aiutare l’amica di uscire dal circolo vizioso dell’autodistruzione che però non la raggiungono più.
……L’amicizia amorosa tra Cristina Campo e Alejandra Pizarnik non si rompe clamorosamente, ma sfocia nel silenzio. Come succede in casi di questo genere, l’attrazione irrefrenabile del proprio opposto è troppo seducente per essere respinta e troppo pesante per essere vissuta fino in fondo. Il breve periodo del loro contatto epistolare non ha cambiato il corso della vita né dell’una, né dell’altra. Entrambe indomabili, si sfiorano soltanto; poi, come delle comete smarrite, tornano nella propria orbita, per andare laddove devono andare.
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Note
1 Pizarnik, Alejandra: In einem Anfang war die Liebe Gewalt. Tagebücher. Hrsg: Ana Becciu, Zürich (Amman Verlag), 2007, p. 162. La traduzione di tutte le citazioni dai diari di AP è dell’autrice di questo saggio.
2 De Stefano, Cristina: Belinda e il mostro. Vita segreta di Cristina Campo, Milano (Adelphi Edizioni), 2002, p.73.
3 Il carteggio è in lingua francese.
4 Pizarnik, Diari, p.162.
5 Pizarnik, Diari, p.94.
6 Cristina Campo cita questi versi della poesia “Aprèslude” di Gottfried Benn proprio nella prima lettera ad Alejandra.
7 Lettera di Cristina Campo a Alejandra del 29.1.1966.
8 Lettera Campo non datata.
9 Pizarnik, Diari, p.332.
10 Pizarnik, Diari, p.368.
11 Ibidem, p.374.
12 Ibidem, p.375.
13 Ibidem, p.379.
14 Ibidem, p.383.
15 Ibidem, p.384.
16 Pizarnik, Diari, p.419. In questo passo, Alejandra si riferisce a Cristina Campo, chiamandola con il suo vero nome, Vittoria Guerrini. Raramente Campo usa questo nome nella corrispondenza con Alejandra.
17 Ibidem, p.421.
18 Ibidem, p.456
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Nota bio-bibliografica della curatrice-traduttrice
Stefanie Golisch è nata in Germania, vive e lavora a Monza.
Germanista, scrittrice e traduttrice. Saggi su Uwe Johnson (1994) e Ingeborg Bachmann (1997). Prosa: Vermeers Blau, 1998; Pyrmont, 2006; Luoghi incerti, 2011.
Principali traduzioni: Antonia Pozzi, Cristina Campo, Guido Oldani, Gëzim Hajdari, Charles Wright, Selma Meerbaum-Eisinger e Terrence Des Pres, Filippo Tommaso Marinetti, Rachel Bespaloff.
Principali traduzioni e curatele: Filippo Tommaso Marinetti, Wie man die Frauen verführt, 2015; Die Manifeste, 2018; Rachel Bespaloff, Ilias, 2019.
Ultime pubblicazioni: Ferite. Storie di Berlino, 2014; Fly and Fall, 2014; Anstelle des Mondes, 2015; Postkarten aus Berlin. Von Orten und Menschen, 2015; All of us can fly. From Kafkas world, 2018.
un grazie sentito alla Redazione e a Stefanie Golisch