Argonautiche

Apollonio Rodio

Argonautiche
Τὰ Ἀργοναυτικά

Traduzione e cura di Daniele Ventre
Messina, Mesogea Edizioni, 2020
I, vv. 1-27

Ἀρχόμενος σέο, Φοῖβε, παλαιγενέων κλέα φωτῶν 
μνήσομαι, οἳ Πόντοιο κατὰ στόμα καὶ διὰ πέτρας 
Κυανέας βασιλῆος ἐφημοσύνῃ Πελίαο 
χρύσειον μετὰ κῶας ἐύζυγον ἤλασαν Ἀργώ. 
Τοίην γὰρ Πελίης φάτιν ἔκλυεν, ὥς μιν ὀπίσσω
μοῖρα μένει στυγερή, τοῦδ᾽ ἀνέρος ὅντιν᾽ἴδοιτο 
δημόθεν οἰοπέδιλον, ὑπ᾽ ἐννεσίῃσι δαμῆναι. 
δηρὸν δ᾽ οὐ μετέπειτα τεὴν κατὰ βάξιν Ἰήσων 
χειμερίοιο ῥέεθρα κιὼν διὰ ποσσὶν Ἀναύρου 
ἄλλο μὲν ἐξεσάωσεν ὑπ᾽ ἰλύος, ἄλλο δ᾽ἔνερθεν 
κάλλιπεν αὖθι πέδιλον ἐνισχόμενον προχοῇσιν. 
ἵκετο δ᾽ ἐς Πελίην αὐτοσχεδὸν ἀντιβολήσων 
εἰλαπίνης, ἣν πατρὶ Ποσειδάωνι καὶ ἄλλοις 
ῥέζε θεοῖς, Ἥρης δὲ Πελασγίδος οὐκ ἀλέγιζεν. 
αἶψα δὲ τόνγ᾽ ἐσιδὼν ἐφράσσατο, καί οἱ ἄεθλον 
ἔντυε ναυτιλίης πολυκηδέος, ὄφρ᾽ ἐνὶ πόντῳ 
ἠὲ καὶ ἀλλοδαποῖσι μετ᾽ ἀνδράσι νόστον ὀλέσσῃ. 
Νῆα μὲν οὖν οἱ πρόσθεν ἐπικλείουσιν ἀοιδοὶ 
Ἄργον Ἀθηναίης καμέειν ὑποθημοσύνῃσιν. 
νῦν δ᾽ ἂν ἐγὼ γενεήν τε καὶ οὔνομα μυθησαίμην
ἡρώων, δολιχῆς τε πόρους ἁλός, ὅσσα τ᾽ ἔρεξαν 
πλαζόμενοι. Μοῦσαι δ᾽ ὑποφήτορες εἶεν ἀοιδῆς. 
Πρῶτά νυν Ὀρφῆος μνησώμεθα, τόν ῥά ποτ᾽αὐτὴ 
Καλλιόπη Θρήικι φατίζεται εὐνηθεῖσα 
Οἰάγρῳ σκοπιῆς Πιμπληίδος ἄγχι τεκέσθαι. 
αὐτὰρ τόνγ' ἐνέπουσιν ἀτειρέας οὔρεσι πέτρας
θέλξαι ἀοιδάων ἐνοπῇ ποταμῶν τε ῥέεθρα.



*


Da te movendo, o Radioso, le gesta di eroi primigeni 
ricorderò, di coloro che oltre le bocche del Ponto, 
oltre le Cíane Rupi, su impulso di Pelia sovrano, 
spinsero in cerca del vello dorato Argo salda di banchi. 
Pelia difatti l’udì quel responso, come in futuro 
Moira incombesse aborrita, morire per trame d’un uomo 
ch’egli vedesse calzare, fra il popolo, un sandalo solo. 
Giàsone, stando a quel tuo oracolo, dopo non molto, 
mentre del gelido Anauro guadava le rapide a piedi, 
uno ne trasse dal fango, di sandalo, l’altro nel fondo 
se lo lasciò dietro lì, trascinato dalle correnti. 
Ecco che subito giunse da Pelia, così da aver parte 
in un banchetto che il re offrì a Poseidone suo padre 
e agli altri dèi, né però ebbe cura di Hera Pelasga. 
Subito, appena lo vide, comprese e pertanto gli impose 
l’opera del navigare affannoso, sì che per mare 
egli perdesse il ritorno, oppure fra genti straniere. 
Quanto alla nave, già l’hanno cantato i cantori d’un tempo, 
come creassero l’Argo per ispirazione di Atena. 
Ora perciò narrerò della stirpe e insieme del nome 
di quegli eroi, del gran viaggio per mare e che gesta han compiute 
peregrinando: le Muse saranno ministre del canto. 
Òrfeo ricorderemo al principio, lui, che si dice 
fosse Calliope stessa, congiuntasi in letto ad un trace, 
Èagro, a generarlo nei pressi del monte Pimpleo. 
E si diceva di lui che le dure rocce sui monti 
e le correnti dei fiumi stregasse con voci di canto.

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