Νίκος Ορφανίσης
Nìkos Orfanìdis
Cura e traduzione di
Crescenzio Sangiglio
Kithrea, Κυθρέα o Κυθραία, la cittadina d’origine del poeta adesso fa parte della zona turco-cipriota sotto occupazione dell’esercito turco dal 1974. Molti sono i morti e i dispersi tra i parenti, gli amici e i conoscenti del poeta, il loro ricordo rimane sempre come una fitta nell’anima, un impalpabile velo di morte che nessun trillo di uccello e nessun colore di fiori riesce a dissolvere in un oblio di pace.
Quando nel 1974 i turchi invasero Cipro occupandone quasi la metà, Nikos Orfanidis aveva 25 anni. I fatti di allora, incisi a fuoco nella sua memoria, ma anche rimasti indelebili negli occhi, non hanno mai cessato di riprodurre i sussulti psicologici di una tragedia perfino religioso-razziale impossibile da smaltire, non solo per la pulsante incombenza nemica sul suolo patrio, ma anche – e forse con molta più dolorosa valenza sentimentale – nello snervante esercizio di proditori attriti intestini che ormai da decenni continuano palindromicamente a corrodere qualsiasi velleità di coesione e unità nazionale.
In questo drammatico contesto la cittadina natale di Orfanidis, Kithrea, si pone in uno spazio agentivo centrale, è il fulcro nucleare dal quale partono a raggiera in una inesauribile fibrillazione espressiva memorie ferite, immagini di raccapricci, insanguinate grida, lacrime di saccheggi, commozioni thìmiche, spezzate voci musicali d’un tempo.
Sono tutti paesaggi esistenziali anfrattuosi di un mondo bensì trascorso, ma tremendamente attualizzato e somatizzato nella visione in permanenza traumatica di una impossibile sanatoria, dell’esclusione di un risorgimento liberatorio nei fatti e nelle intenzioni.
Pertanto una diffusa annihilatio mundi.
È così che, forse quale contrastiva reazione, la poesia di Nikos Orfanidis si proietta in una retrospezione eminentemente lirica e memoriale. Nei termini di tale polarità relazionale non può che denunciare il sangue di una ferita davvero irrimarginabile nel tempo e nello spazio, nella geografia dei sentimenti e dei vissuti come nel perimetrato del pathico dramma esperienziale.
Ma la più significativa connotazione poetica di Orfanidis non si trova nell’urlo di un palinsesto apostrofale violento e rancoroso: al contrario, anche quando nella sua cittadina natale i turchi “uccidono l’estiva dolcezza cipriota del meriggio e della sera” (K. Gallos, Nikos Orfanidis, L’altra biografia, in riv. Ardin, nov-dic 2004) egli ha ancora la forza mentale di scorgere “la salsedine e i profumi vesperali inondare il cielo malato” (in poesia Ritorno II in vol. L’altra biografia, Lefkossìa, 1999).
C’è sempre nei versi di Nikos Orfanidis una “dolcissima serenità che nutre e mantiene il suo mondo sentimentale” (Z. Zannetos, Nikos Orfanidis, La donna col velo e altre poesie, riv. Aktì, n. 128, autunno 2021).
È però una lingua febbricosa, i suoi codici semiotici si articolano pacati sì, pur interiormente nondimeno modulando inauditi assiomi di morte e di devastazione nei corpi e nelle anime.
Tutto sommato, comunque, e malgrado l’intima, dolente tenerezza del suo suggerimento narrativo, il poeta Orfanidis è e rimane emblematicamente irriducibile, inconciliabile, sempre un reminiscente testimone di indimenticabili orrori e patimenti.
Crescenzio Sangiglio
Νίκος Ορφανίδης
Ο περίπολος και ο ταχυδρόμος
Nìkos Orfanìdis
La ronda e il postino
Cura e traduzione di
Crescenzio Sangiglio
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Poeti greci contemporanei XVI
Il postino dell’invisibile città di Kithrea
Arriva tutte le sere
con quella sua vecchia bici
il postino
sale su per le vie
gironzola nei vicoli di Kithrea
afflitto da morire
con tutte quelle lettere non recapitate
dimenticate dopo tanti anni
nei vecchi scatoloni.
Bussa alle porte
le finestre stridono
sbigottite si aprono si chiudono
non c’è più nessuno lì
il postino non smette di bussare alle porte
sulla sua bici arrugginita
con quelle lettere non recapitate
e tutti gli inquilini sono spariti
negli invisibili paesaggi.
Ο ταχυδρόμος της αόρατης πόλεως της Κυθρέας
Έρχεται τα βράδια
μ’ εκείνο το παλιό του ποδήλατο
ο ταχυδρόμος
ανηφορίζει τους δρόμους
στα στενά της Κυθρέας τριγυρίζει
περίλυπος
μ’ όλα εκείνα τα ανεπίδοτα γράμματα
χρόνια τώρα ξεχασμένα
σε παλιά κιβώτια.
Κτυπάει τις πόρτες
τα παράθυρα τρίζουν
ανοιγοκλείνουν ξαφνιασμένα
κανείς δεν είναι εκεί
ο ταχυδρόμος συνεχίζει να κτυπά τις πόρτες
με το ποδήλατό του σκουριασμένο
κι εκείνα τα ανεπίδοτα γράμματα
με τους ενοίκους όλους άφαντους
σ’ αόρατα τοπία.
*
Gli autocarri
Per anni viaggiamo
caricati sugli autocarri
con l’incerata fin giù abbassata
solo attraverso la fessura possiamo scorgere
gli alberi della campagna che scorrono
e le case capovolte
e il mare come la bandiera
in alto issata nel cielo rovesciata
a lavarci trasparente.
Così supino disteso
viaggi la notte
dentro le radici degli alberi
nella nota postura dei morti
le mani in croce sul petto, immobili
e tutti quegli uccelli che ti cullano
o sciabolano il cielo gioiosi.
Τα καμιόνια
Ταξιδεύουμε χρόνια
φορτωμένοι σε καμιόνια
ο μουσαμάς κατεβασμένος ως κάτω
βλέπουμε μονάχα μέσα από τη σχισμή
τα δέντρα του κάμπου να τρέχουν
και τα αναποδογυρισμένα σπίτια
και τη θάλασσα σαν τη σημαία
ψηλά κρεμασμένη ανάποδα στον ουρανό
να μας ξεπλένει διάφανη.
Έτσι ξαπλωμένος ανάσκελα
ταξιδεύεις τις νύκτες
μέσα στις ρίζες των δέντρων
μ’ εκείνη τη στάση των νεκρών
τα χέρια σταυρωτά στο στήθος, ακίνητα
κι εκείνα όλα τα πουλιά να σε νανουρίζουν
ή να σπαθίζουν χαρούμενα τον ουρανό.
*
La donna angosciata
A Sonia
Stai viaggiando in mezzo ai gigli
avvolta di bianco
avvolta di viola
dentro i gelsomini e l’edera
insieme a quelli che si sono addormentati
sotto le scale
secoli orsono.
Dimenticati.
Così appari sul balcone
con quella luna nelle mani
appena spuntata amara
stillante dalle onde
e quel mare
e la cappella di campagna che t’ ha accolta
con i lumini che baluginano
al tuo passaggio.
Η φαρμακωμένη
Στη Σόνια
Μέσα στα κρίνα ταξιδεύεις
μες στα λευκά
μες στα μενεξελιά
μέσα στα γιασεμιά και τον κισσό
μαζί μ’ εκείνους που κοιμήθηκαν
κάτω απ’ τις σκάλες
αιώνες τώρα.
Ξεχασμένοι.
Έτσι προβάλλεις στο μπαλκόνι
μ’ εκείνο το φεγγάρι μες στα χέρια σου
έτσι όπως βγήκε στάζοντας
φαρμακωμένο απ’ τα νερά
κι εκείνη η θάλασσα
και το ξωκλήσι που σε δέχτηκε
με τα καντήλια του να τρεμοσβήνουν
στο πέρασμά σου.
*
I fiumi sotterranei
In memoria di Kithrea
I nostri cari che se ne sono andati
adesso dormono vicino alle radici degli alberi
così si riposano
insiene a quei fiumi sotterranei
che li cullano nelle notti
pacatamente fluendo
nel liquido mormorìo
in viaggio conducendoli
e i platani e le sorgenti e i laghi
le stelle capovolte a illuminarli
e le lune di altre contrade
e i cieli che li rendono visita
così come guardano in alto
o come si rigirano sull’altro fianco
nel sonno.
Τα υπόγεια ποτάμια
Μνήμη Κυθρέας
Οι άνθρωποί μας που έφυγαν
κοιμούνται τώρα κοντά στις ρίζες των δέντρων
έτσι αναπαύονται
μ’ εκείνα τα υπόγεια ποτάμια
να τους νανουρίζουν τα βράδυα
έτσι όπως κυλούν απαλά
μ’ εκείνο το βουητό των υδάτων
που τους ταξιδεύει
με τα πλατάνια και τις πηγές και τες λίμνες
τα αστέρια ανεστραμμένα να τους φωνάζουν
και τα φεγγάρια του άλλου τόπου
κι οι ουρανοί να τους επισκέπτονται
έτσι όπως κοιτάζουν ψηλά
ή όπως αλλάζουν πλευρό
καθώς κοιμούνται.
*
Gl’invisibili combattenti
Via Lidra
Mentre così attraversiamo a testa bassa
le strade della città
talvolta sentiamo
sibilare accanto a noi le pallottole
di battaglie mai finite
con quelle mitraglie
con le canne sulle finestre
e quelli che sono ormai partiti
nascosti nelle trincee improvvisate
e nei vicoli, invisibili
anche se noi indifferenti e incuranti camminiamo
dentro quel profumo di fiori sui balconi
e quella donna vestita di bianco
dietro alle tendine
sempre nascosta
che ci osserva con tenerezza
finché spariamo all’angolo della strada.
Οι αόρατοι πολεμιστές
Οδός Λήδρας
Έτσι όπως περνάμε σκυφτοί
τους δρόμους της πόλης
κάποτε νοιώθουμε
να σφυρίζουν δίπλα μας οι σφαίρες
από μάχες που δεν τέλειωσαν ποτέ
μ’ εκείνα τα πολυβόλα
με τις κάννες στα παράθυρα
μ’ εκείνους που έφυγαν πια
κρυμμένοι στα πρόχειρα χαρακώματα
και στα στενά, αόρατοι
κι ας περπατούμε αδιάφοροι κι ανέμελοι εμείς
μ’ εκείνο το άρωμα από τις γλάστρες στα μπαλκόνια
κι εκείνη τη γυναίκα με το λευκό της φόρεμα
πίσω από τις κουρτίνες
πάντοτε κρυμμένη
να μας παρακολουθεί τρυφερά
μέχρι να χαθούμε στη στροφή του δρόμου.
*
Ci portano via con le macchine
A Dimitris Kosmòpulos
Ci portano via con le macchine
in mezzo ai fiori
la montagna la nuvola il bosco denso ci segue
i gigli e le rose e i garofani
ed altre piante aromatiche
e le mirofòre
così ci depongono e in fretta vanno via
si allontanano finalmente
e noi nelle buche e nei corridoi sospiriamo
proviamo a rigirarci sull’altro fianco
a dormire
e poi arrivano gli uccelli
per dissimularsi
dentro il fogliame
e i rettili
che lucertole!
una vera festa ogni mattina con lo stormo degli uccelli
che viene giù
gli uomini si ritirano
incravattati nei loro vestiti da cerimonia
così restiamo sempre soli
in mezzo ai fiori
proviamo a respirare
stiamo dentro i fiori
che cominciano ad appassire
e un mattino arriva il guardiano il camion
comunale dell’immondizia per raccoglierli
lo sentiamo mentre si avvicina
udiamo le grida dell’autista
e quel giradischi a tutto volume
che suona nella notte canzoni popolari
raccoglie ciò ch’è rimasto
e allora rimaniamo completamente soli
ricominciamo da capo
mentre ci restituiscono il nostro corpo
ormai diventato tutto nostro
saliamo sulle nuvole
ci avviamo per le strade
nei viaggi che non abbiamo mai fatto
andiamo nelle strade di montagna
dentro il mare
dentro l’onda salsa
che ci dilava
che ci pulisce il corpo
dalle ferite della morte
ce ne andiamo sopra invisibili veicoli, alianti
quanti treni, quanti autobus ci vengono dietro,
quante città perdute,
quanti angeli e arcangeli,
e che luce dappertutto.
Μας κουβαλούν με τροχοφόρα
Στον Δημήτρη Κοσμόπουλο
Μας κουβαλούν με τροχοφόρα
μες στα λουλούδια
βουνό σύννεφο και δάσος πυκνό μας ακολουθεί
κρίνα και τριαντάφυλλα και γαρύφαλλα
και άλλα αρωματικά
και μυροφόρες
έτσι μας αποθέτουν και φεύγουν βιαστικά
αποσύρονται επιτέλους
εμείς μέσα σε διαδρόμους σε φρεάτια αναστενάζουμε
προσπαθούμε να γυρίσουμε πλευρό
να κοιμηθούμε
έρχονται ύστερα τα πουλιά
να σκεπαστούν
μέσα στα φύλλα
και τα ερπετά
τί σαύρες
πανηγύρι κάθε πρωί με το σμήνος των πουλιών
που κατηφορίζει
αποσύρονται οι άνθρωποι
με τις γραβάτες και τα επίσημά τους
έτσι πάντα μένουμε μόνοι
μέσα στα λουλούδια
προσπαθούμε να ανασάνουμε
μέσα στα λουλούδια είμαστε
που αρχίζουν και μαραίνονται
έρχεται ο φύλακας και τα μαζεύει ένα πρωί
το απορριμματοφόρο του Δήμου
τ’ ακούμε καθώς πλησιάζει
ακούμε τις φωνές του οδηγού
κι εκείνο το πικάπ στη διαπασών
να παίζει άσματα λαϊκά μέσα στη νύκτα
μαζεύει ό,τι απέμεινε
έτσι μένουμε ολότελα μόνοι
τότε αρχίζουμε από την αρχή
καθώς μας επιστρέφουν το σώμα μας
που είναι πια δικό μας
ανηφορίζουμε στα σύννεφα
παίρνουμε τους δρόμους
κάνουμε ταξίδια που δεν κάναμε ποτέ
μέσα στους δρόμους του βουνού είμαστε
μέσα στη θάλασσα
μέσα στο κύμα το αλμυρό
να μας ξεπλένει
να καθαρίζει το σώμα μας
από τις πληγές του θανάτου
φεύγουμε με αόρατα τροχοφόρα ανεμόπτεροι
τί τρένα τί λεωφορεία μας ακολουθούν
τί πόλεις που χάθηκαν.
τί άγγελοι κι αρχάγγελοι
και τί φως από παντού.
Nikos Orfanidis è nato a Kithrea,nel Comune di Lefkossia (Nicosia) il 1949. È laureato in Filosofia presso l’Università di Creta. Già docente nell’istruzione media, ha ugualmente insegnato filosofia all’Accademia Pedagogica. Poeta, prosatore e saggista, ha pubblicato tredici libri di poesia, ventitre volumi di prose varie (racconti, critiche letterarie, saggi), nonchè tre volumi di tematoche filoosofihe. Premio Statale di Poesia nel 1989, ha ottenuto altresì per la saggistica i Premi del Ministero dell’Istruzione negli anni 1982, 1997 e 2003.
Crescenzio Sangiglio è nato a Salonicco (Thessaloniki) in Grecia e vive a Plaghiari. Studi classici e di giurisprudenza. Già funzionario del Ministero degli Affari Esteri. Studioso e traduttore di letteratura greca (neogreca e antica), di poesia in particolare, ha al proprio attivo sinora 39 edizioni di traduzioni dal greco all’italiano e dall’italiano al greco, nonchè di saggi critici, oltre a circa 400 collaborazioni con riviste e siti internet su tematiche letterarie, laografiche, archeologiche, politiche, attualoità. Ѐ anche autore del primo studio sulla canzone popolare urbana greca, La canzone rebètika, èdito in Italia e, altresì, in via di preparazione, del correlato studio sulla canzone popolare rurale (demòtica) greca. Ha collaborato e collabora con diverse riviste letterarie italiane e greche, oltre che in internet.