Stefanie Golisch
Il danzatore Malige
Ho riletto in questi giorni un breve racconto del poeta Johannes Bobrowski (1917-1965) che si intitola Il danzatore Malige e che è ambientato nell’agosto del 1939. In una piccola città polacca un gruppo di soldati tedeschi attende. Non si sa – non sanno – che cosa. Ammazzano il tempo giocando a carte, dormendo, bevendo, condividendo barzellette. Tra di loro si trova il danzatore Malige, un artista di varietà, un outsider per natura.
Succede, un giorno, che alcuni suoi camerati per noia, la voglia di divertirsi un po’, si facciano beffe di un gruppo di anziani ebrei costringendoli a spingere in alto sulla collina un enorme tamburo con i cavi: appena arrivati in cima, i soldati lo buttano di nuovo giù e così via. Passa il danzatore Malige e senza esitare decide di intervenire lui al loro posto, trasformando quella che era pensata come una umiliazione in una specie di spettacolo: infatti, Malige lo fa – danzando.
Sono proprio i suoi passi di danza a rivelare tutta l’assurdità della guerra.
Delle uniformi.
Di parole come eroe, patria, onore che si pensavano ormai estinte, ma che ultimamente si usano volentieri come se il loro carattere demagogico non si fosse mostrato fin troppe volte nella storia.
Questo, scrive Bobrowski, è tutto quello che posso raccontare.
Nulla di ché.
Successo all’inizio della guerra – una delle tante che gli uomini combattono sempre contro di sé: contro la vita e contro la loro stessa umanità.
Successo in una piccola città in Polonia che presto sarebbe stata rasa al suolo.
Visto da uomini che presto sarebbero morti o che, davanti all’orrore che li aspettava, avrebbero dimenticato quella lucida follia di un singolo uomo.
Nulla si sa, dice Bobrowski, delle sorti di Malige, eppure il suo racconto contiene in sé tutto ciò che possiamo sapere della guerra: che essa non può essere combattuta con le armi poiché la violenza non può non generare sempre nuova violenza.
In questo senso, Der Tänzer Malige, racconto minimo che in pittura sarebbe appena uno schizzo a matita, può essere letto come il manifesto del più radicale pacifismo.
L’unica possibile risposta a tutte le guerre di tutti i tempi e luoghi.
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Lo vado a recuperare grazie😃
l’arte come opera, espressione della pace
Grazie Stefanie, hai ragione.
affascinante