Da una mail di Lucas Humbert a Yves Bergeret.
[…] Allego, per ogni eventualità, un estratto di fu (o “rapsodia”) che avevo tradotto l’anno scorso per i lavori di un seminario. Si tratta di quel famoso genere letterario apparso nel periodo della dinastia Han, un po’ prima dell’inizio della nostra era, in un’epoca in cui i letterati cinesi non utilizzavano la pittura a inchiostro, ma trovavano nella loro scrittura il mezzo per ricavarne un appagamento estetico. Oggi questa poesia non si insegna più nelle scuole, in quanto considerata illeggibile; un’accusa ingiusta, perché la prosodia Tang era molto più artefatta e tortuosa di quella Han.
Ovviamente, questo genere non è venuto fuori dal nulla, la letteratura paesaggistica affonda le sue radici nelle primissime produzioni dell’arte poetica cinese; ma, per quel che attiene alla potenza inventiva – che trova il suo culmine nella formazione di caratteri chiaramente improvvisati – credo che l’epoca d’oro del fu non abbia eguali, poiché sarà accettato e riconosciuto da tutti, nel corso delle dinastie successive, che i caratteri non si creano. Resta il fatto, comunque, che le eccezioni di epoca Han complicarono notevolmente il compito dei lessicografi e aumentarono la mole dei dizionari.
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滄海賦 徒觀其狀也, 則湯湯蕩蕩, 瀾漫形沉, 流沫千里, 懸水萬丈, 測之莫量其深, 望之不見其廣, 無遠不集, 靡幽不通, 群谿俱息, 萬流來同, 含三河而納四瀆, 朝五湖而夕九江, 陰霖則興雲降雨, 陽霽則吐霞曜日。 […]
“Fu del mare”
Ero andato a contemplarne l’aspetto. Ebbene, nient’altro che inondazione e deriva1, forme completamente sommerse dall’ondata di acque pendenti a diecimila metri dal suolo, che si spandevano, schiumanti, a mille leghe di distanza2. Non si poteva più scrutarlo né abbracciarlo con lo sguardo. Non c’era lontananza che non potesse raggiungere3; non un angolo che non potesse travolgere. I ruscelli vi si gettavano in massa, e una miriade di corsi d’acqua vi affluiva: inghiottiva i Tre Fiumi, accoglieva i Quattro Torrenti4. I Cinque Laghi vi erano ricevuti come all’udienza del mattino, e i Nove Fiumi come a quella della sera5. Il cielo coperto diventava piovoso, le nuvole scatenavano i temporali. E quando c’era una schiarita, ribolliva di nebbia nel sole splendente.
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Note
1 Nel Libro dei Documenti (Shujing 書經), la “Regola di Yao” (Yao dian 堯典) porta le seguenti parole: “Il sovrano [Yao] dice: Ah, [Consiglieri delle] Quattro Eminenze, l’inondazione provocata dalla piena ha causato grandi danni; le acque alla deriva hanno circondato le montagne e ricoperto le colline”. 帝曰:咨!四岳,湯湯洪水方割,蕩蕩懷山襄陵。Cai Chen 蔡沈 (ed.), Shujing jizhuan 書經集傳, Shanghai 上海, Shanghai guji chubanshe 上海古籍出版社, 1987, p. 3. Dopo di che i dissillabi shangshang 湯湯 e dangdang 蕩蕩 possono essere stati usati nella letteratura in lingua classica per parlare di acque incontrollabili; ma quando i governanti, forti delle loro abilità idrauliche, riuscirono a contenere quelle acque, la dismisura di quei termini finì per ricadere un po’ sulla loro maestà. Ecco perché, nello stesso Libro dei Documenti, il “Grande Modello” (Hongfan 洪範) dice, se traduciamo letteralmente, “La Via Reale, vasta inondazione!” 王道蕩蕩。Ibid., p. 76.
2 Memoria del soggiorno di Confucio alle cascate di Lüliang 呂梁, come raffigurato nel capitolo “Completare l’esistenza” (da sheng 達生) dello Zhuangzi 莊子: “Le cascate di Lüliang si alzavano per trenta cubiti, e spargevano la loro schiuma per quaranta leghe.” 呂梁懸水三十仞,流沫四十里。Wang Fuzhi 王夫之 (ed.), Zhuangzi jie 莊子解, Pechino, Zhonghua shuju 中華書局, 1981, p. 162.
3 Yuanji 遠集 è un’associazione di morfemi che appartiene al registro del “Li Sao” 離騷, un lungo poema delle Elegie di Chu (Chuci 楚辭): “Vorrei soggiornare lontano e non fermarmi”. 欲遠集而無所止兮。Hong Xingzu 洪兴祖 (ed.), Chuci buzhu 楚辞补注, Pechino, Zhonghua shuju 中华书局, 2015, p. 26. Nel suo senso arcaico, ji 集 significa ‘fare una sosta’, ma la glossa di Hong Xingzu 洪興祖 (1090-1155) indica una variante di questo passaggio, che significa semplicemente ‘raggiungere’ (jin 進): dovremmo quindi intendere ‘vorrei arrivare lontano’. Traduciamo il testo di Pan Yue secondo l’ipotesi di un ricordo delle Elegie di Chu.
4 Sanhe 三河, i ‘tre fiumi’, ha un’ampia varietà di significati toponomastici, ma qui questi fiumi sono almeno in parte confusi con i ‘quattro torrenti’ (sidu 四瀆), di cui si legge nella sezione acquatica (shi shui 釋水) dell’Erya 爾雅: “I Quattro torrenti sono il fiume [Yangtze], il Huai, il fiume [Giallo] e il Ji. Tutti si gettano nel mare”. 江、河、淮、濟為四瀆。四瀆者,發源注海者也。Hao Yixing 郝懿行 (ed.), Erya, Guangya, Fangyan, Shiming: Qing shu si zhong hekan 爾雅, 廣雅, 方言, 釋名: 清疏四種合刊, Shanghai 上海, Shanghai guji chubanshe 上海古籍出版社, 1989, p. 230. Dai tempi di Pan Yue, era del tutto appropriato invocare questi quattro fiumi insieme in un testo che trattava del mare, anche se oggi lo Huai sfocia nello Yangtze, e il Ji, il fiume emblematico dell’attuale regione dello Shandong 山東, ha lasciato il suo antico corso e non esiste più.
5 Il parallelismo che avvicina i toponimi di Wuhu 五湖 e Jiujiang 九江 è ambiguo. Il toponimo di Wuhu, i “Cinque Laghi”, è presente nelle Memorie Storiche (Shiji 史記) come un altro nome del lago Taihu 太湖. Sima Qian 司馬遷, Shiji 史記, Pechino, Zhonghua shuju 中華書局, 1982, p. 1408. Per quanto riguarda il toponimo di Jiujiang, i “Nove Fiumi”, è attestato più volte nel Libro dei Documenti, “Il tributo di Yu” (Yu gong 禹貢), sulla regione di Jingzhou 荆州. Cai Chen, op. cit., pp. 23-38. Jingzhou, nell’attuale Hubei 湖北, è naturalmente ben lontano dalle regioni costiere, ma qui l’importante è la pienezza numerica simboleggiata dal numero nove.
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“Fu de la mer” (滄海賦) di Pan Yue.
Traduzione francese del testo e note
a cura di Lucas Humbert.
Traduzione italiana di Francesco Marotta.
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