I fiori di Bataille

Giuseppe Zuccarino

A proposito di fiori

Tra i primi scritti di Georges Bataille, uno dei più significativi è sicuramente L’anus solaire1. Pur essendo stato pubblicato solo nel 1931, sotto forma di un volumetto autonomo con illustrazioni di André Masson, questo testo era stato scritto nel 19272. Nelle poche pagine che lo compongono, l’autore riesce a proporre una grandiosa visione erotico-cosmica. I gesti del corpo umano nell’atto dell’amplesso vengono considerati simili a quelli del suolo scosso dal terremoto, oppure a quelli del mare col suo incessante moto ondoso. Essenziale è anche il rapporto che viene stabilito fra ciò che accade sulla superficie del pianeta e gli altri corpi celesti, in particolare il sole. Quest’astro svolge un ruolo di rilievo anche in rapporto al mondo vegetale: «Le piante s’innalzano in direzione del sole e successivamente si abbattono in direzione del suolo»3. C’è però una differenza importante fra esse e gli uomini: «I vegetali si dirigono uniformemente verso il sole e, al contrario, gli esseri umani […] distolgono necessariamente gli occhi da esso»4. Ciò indurrà più tardi Bataille ad elaborare il mito di un «occhio pineale» che esisterebbe in stato di inerzia alla sommità del cervello e che, qualora potesse farsi strada attraverso le pareti craniche e aprirsi, consentirebbe all’uomo di contemplare il sole5. Ma L’anus solaire presenta anche inattesi risvolti di natura politica, poiché le eruzioni vulcaniche, in cui materie laviche sgorgano dalle viscere della terra, vengono messe in parallelo ai sommovimenti sociali, che ugualmente agiscono a partire dalle profondità: «Coloro nei quali si accumula la forza di eruzione sono necessariamente situati in basso. Gli operai comunisti appaiono ai borghesi tanto laidi e sporchi quanto le parti sessuali e villose, o parti basse: presto o tardi ne risulterà un’eruzione scandalosa, nel corso della quale le teste asessuate e nobili dei borghesi verranno mozzate»6.

Il tono provocatorio del linguaggio e il carattere trasgressivo degli accostamenti, a prima vista incongrui, fra aspetti della realtà assai diversi fra loro, si ritroveranno pochi anni dopo nei contributi batailliani alla rivista «Documents»7. Questo periodico, che negli intenti dei suoi finanziatori avrebbe dovuto essere di tipo accademico e di argomento artistico-scientifico, viene rapidamente trasformato da Bataille, grazie anche alla complicità dei suoi amici, in un prodotto culturale tanto suggestivo quanto urticante, una vera e propria «macchina da guerra contro i luoghi comuni»8. Ciò spiega la breve vita della rivista, che ha avuto solo quindici numeri. Dopo aver pubblicato, nei fascicoli iniziali, articoli che potevano ancora apparire, almeno in parte, di natura erudita, l’animatore di «Documents» rompe gli indugi: «Nel numero 3, con Le langage des fleurs, dal titolo paradossalmente idilliaco, Bataille offre un primo abbozzo della filosofia anti-idealistica che fu la sua […]. Questo articolo, che può dirsi inaugurale, è l’occasione, per il suo autore, di mostrare alcune riproduzioni di forme vegetali incongrue (come se l’incongruità non dipendesse dal giudizio, ma fosse data nella natura stessa) e di evocare, da ultimo, il gesto famoso del marchese de Sade intento a sfogliare delle rose su una fossa per il letame»9.

Quando si parla dei contributi apparsi in «Documents» è necessario tener sempre presenti le immagini che li accompagnano10. Nel caso specifico, si tratta di alcune foto di Karl Blossfeldt, al quale si devono magnifici ingrandimenti di dettagli di fiori e piante, realizzati al fine di mostrare le insospettate qualità estetiche degli elementi naturali11. È una tecnica nuova per l’epoca e, come ha notato Walter Benjamin, consente di rendere percepibili particolari a cui non si potrebbe avere accesso tramite la visione ad occhio nudo: «Così, con le sue straordinarie fotografie di piante, Blossfeldt ha reperito in certi steli nervati le forme di certe colonne arcaiche, nella forma di certe felci il bastone pastorale, nella gemma del castagno e dell’acero (ingrandita dieci volte) certi alberi totemici, nel cardo dei lanaiolo la crociera gotica»12.

L’intento di Bataille non è però quello di celebrare la natura in quanto creatrice di bellezza. Egli trova ridicolo il cosiddetto «linguaggio dei fiori», in base al quale si assegna a ciascuno di essi un determinato valore simbolico: «Poco importa, insomma, che l’aquilegia sia l’emblema della tristezza, la bocca di leone dei desideri, la ninfea dell’indifferenza»13. Lievemente meno arbitraria gli sembra l’associazione di certi fiori, come la rosa, all’amore. Questo perché, al modo in cui «l’oggetto dell’amore umano non è mai l’organo, ma la persona che gli serve da supporto»14, lo stesso può dirsi per il fiore: in esso prestiamo attenzione alla corolla assai più che al pistillo e agli stami. In tal senso, «non è senza interesse osservare che se si dice che i fiori sono belli, è perché essi appaiono conformi a ciò che deve essere, cioè rappresentano, per quello che sono, l’ideale umano»15. Nondimeno esistono anche fiori di aspetto sgradevole e, «d’altra parte, i fiori più belli sono deturpati al centro dalla macchia villosa degli organi sessuali. È così che l’interno di una rosa non corrisponde affatto alla sua bellezza esteriore, e se si strappano fino all’ultimo i petali della corolla, non resta più che un ciuffo dall’aspetto sordido»16. Tra le foto che corredano l’articolo, la più azzeccata è proprio la meno attraente sul piano estetico, in quanto mostra una campanula delle Azzorre da cui sono stati strappati i petali, rendendo visibili gli stami[17.

E non basta: «Più ancora che dalla lordura degli organi, il fiore è tradito dalla fragilità della sua corolla: così, ben lungi dal rispondere alle esigenze delle idee umane, esso è il segno del loro fallimento. In effetti, dopo un periodo molto breve di splendore, la meravigliosa corolla marcisce impudicamente al sole, divenendo per la pianta un’ignominia vistosa. Tratto dal fetore del letame, benché avesse dato l’impressione di sfuggirvi in uno slancio di purezza angelica e lirica, il fiore sembra bruscamente tornare alla sua sozzura primitiva […]. Si rappresenterebbe così il fiore più ammirevole non, secondo lo sproloquio dei vecchi poeti, come l’espressione più o meno insipida di un ideale angelico, ma, proprio al contrario, come un sacrilegio immondo e scandaloso»18. Con questa drastica svalutazione delle valenze idealistiche e romantiche attribuite ai fiori, Bataille sembra voler ripetere il gesto iconoclastico col quale, nel secolo precedente, Rimbaud si era burlato delle abbondanti e artificiose presenze floreali nei versi di Banville e di altri lirici coevi19.

 C’è infine da considerare un’altra parte del fiore, una parte nascosta ma senza dubbio essenziale: «Le radici rappresentano la contropartita perfetta delle parti visibili della pianta. Mentre queste si elevano nobilmente, quelle, ignobili e viscose, si avvoltolano all’interno del suolo, amanti del putridume così come le foglie lo sono della luce»20. Bataille sa benissimo di star assumendo un atteggiamento teorico gravido di implicazioni: «Non può esserci alcun dubbio: la sostituzione delle forme naturali alle astrazioni impiegate correntemente dai filosofi apparirà non soltanto strana, ma assurda. […] Questa sostituzione rischierebbe d’altronde di portare davvero troppo lontano: ne risulterebbe, in primo luogo, un sentimento di libertà, di libera disponibilità di se stessi in tutti i sensi, assolutamente insopportabile per i più, e inoltre una derisione inquietante di tutto ciò che è ancora, grazie a miserabili elusioni, elevato, nobile, sacro»21. Il sistema dei valori tradizionali diverrebbe così esposto a oltraggi simbolici come quello ravvisabile nel «gesto sorprendente del marchese de Sade rinchiuso con i pazzi, che si faceva portare le rose più belle per sfogliarne i petali sullo scolo di una fogna»22. Ed è con questa singolare immagine che si conclude il pungente articolo di Bataille.

A replicare alle provocazioni anti-idealiste e anti-spiritualiste contenute in Le langage des fleurs è uno scrittore, André Breton, il quale considera questo e altri testi apparsi su «Documents» come polemici nei confronti delle idee sue e dell’intero movimento surrealista. A ciò si aggiunge il fatto che Bataille, il quale non ha mai aderito a quel movimento, è riuscito ad attrarre nella propria orbita ex surrealisti come Michel Leiris, Robert Desnos, Georges Limbour e Jacques Baron, dimostrando quindi di essere, almeno in potenza, un concorrente pericoloso. Ciò spiega perché, tra le varie invettive polemiche contenute nel Second manifeste du surréalisme, la più ampia ed elaborata sia rivolta proprio contro Bataille. All’insistenza di quest’ultimo nell’evidenziare certi aspetti sordidi del reale, Breton oppone l’attitudine degli antichi maghi, che sempre avevano cura di mantenere «uno stato di nitida pulizia per le loro vesti e per la loro anima»23. Egli ritiene di poter ravvisare, nei testi del proprio avversario, «un ritorno offensivo del vecchio materialismo antidialettico che tenta, in questo caso, di aprirsi gratuitamente una strada attraverso Freud»24. Tra gli articoli di «Documents» a cui Breton fa riferimento, non può certo mancare Le langage des fleurs. All’affermazione secondo cui un fiore perde la propria bellezza se lo si spoglia della corolla, il capofila del surrealismo ribatte che «la rosa, privata dei propri petali, resta la rosa»25. Concezione idealistica quant’altre mai, perché equivale a sostenere che l’idea di rosa rimane intangibile, a dispetto della sorte materiale del fiore. Del resto, già in passo precedente del medesimo manifesto, Breton aveva sostenuto che, per quanto possa essere trasfigurata in un sogno, in un brano di scrittura automatica o in quadro surrealista, la rosa resta se stessa, aggiungendo, in maniera poco persuasiva: «Da qui a una qualsiasi visione idealistica ce ne corre, e noi non ci difenderemmo neppure da tale accusa se solo potessimo cessare di essere bersagliati dagli attacchi di un materialismo elementare»26. Anche il richiamo fatto da Bataille al gesto compiuto dal marchese de Sade irrita fortemente Breton, che ha sempre considerato quell’autore settecentesco come uno dei padri ispiratori del surrealismo. Che Sade abbia potuto sfogliare dei petali di rosa sulla melma di una latrina viene da lui messo in dubbio, ma quand’anche fosse vero andrebbe spiegato in un senso diverso da quello prospettato in Le langage des fleurs: «Tutto porta a credere, infatti, che Sade, la cui volontà di affrancamento morale e sociale, contrariamente a quella di Bataille, è fuori questione, per obbligare lo spirito umano a scrollare le proprie catene, abbia semplicemente voluto col suo gesto offendere l’idolo poetico, quella “virtù” convenzionale che, lo si voglia o no, fa di un fiore, nella misura stessa in cui ciascuno può offrirlo, il veicolo brillante dei sentimenti più nobili come di quelli più bassi»27. […]

*

Il saggio di Giuseppe Zuccarino, A proposito di fiori,
sarà pubblicato integralmente in “Quaderni delle Officine”,
vol. CXXI, ottobre 2022.


Note

1 G. Bataille, L’anus solaire, in Œuvres complètes, Paris, Gallimard, 1970-1988 (d’ora in poi abbreviato in Œ. C.), vol. I, pp. 79-86 (tr. it. L’ano solare, nel libro dallo stesso titolo, Milano, ES, 1993, pp. 9-17).

2 Cfr. la nota del curatore in Œ. C., vol. I, p. 644.

3 L’anus solaire, cit., p. 84 (tr. it. p. 14; si avverte che i passi delle traduzioni italiane cui si rimanda vengono spesso citati con modifiche).

4 Ibid., p. 85 (tr. it. 15-16).

5 Cfr. al riguardo il Dossier de l’œil pinéal (1930 circa), in Œ. C., vol. II, pp. 11-47 (tr. it. Dossier dell’occhio pineale, in L’ano solare, cit., pp. 19-71).

6 L’anus solaire, cit., pp. 85-86 (tr. it. 16-17).

7 Cfr. AA. VV., «Documents», una rivista eterodossa, a cura di Franca Franchi e Marina Galletti, Milano, Bruno Mondadori, 2010.

8 Come scriverà più tardi Michel Leiris, anch’egli collaboratore della rivista, nell’articolo De Bataille l’impossible à l’impossible «Documents», in «Critique», 195-196, 1963, p. 689.

9 Ibid., p. 690.

10 Per le illustrazioni, occorre consultare la ristampa anastatica, in due volumi, dei fascicoli: Documents, 1929-1930, Paris, Jean-Michel Place, 1991. Sul ruolo decisivo svolto dalle immagini nella rivista, cfr. Georges Didi-Huberman, La ressemblance informe ou le gai savoir visuel selon Georges Bataille, Paris, Macula, 1995; nuova edizione ampliata, ivi, 2019.

11 Lo suggerisce, del resto, il titolo stesso del suo libro: K. Blossfeldt, Urformen der Kunst, Berlin, Wasmuth, 1928.

12 W. Benjamin, Breve storia della fotografia (1931), in Opere complete, vol. IV, tr. it. Torino, Einaudi, 2002, p. 479.

13 Le langage des fleurs (1929), in Œ. C., vol. I, p. 174 (tr. it. Il linguaggio dei fiori, in G. Bataille, Documents, Bari, Dedalo, 1974, p. 48).

14 Ibid., p. 175 (tr. it. p. 51).

15 Ibid., p. 176 (tr. it. p. 52).

16 Ibidem (tr. it. pp. 52-55).

17 Cfr. Documents, 1929-1930, cit., vol. 1, p. 161.

18 Le langage des fleurs, cit., pp. 176-177 (tr. it. pp. 55-56).

19 Cfr. Arthur Rimbaud, Ce qu’on dit au poète à propos de fleurs (1871), in Œuvres complètes, Paris, Gallimard, 2009, pp. 149-154 (tr. it. Quel che si dice al poeta a proposito di fiori, in Opere, Milano, Mondadori, 1975, pp. 119-129).

20 Le langage des fleurs, cit., p. 177 (tr. it. p. 57).

21 Ibid., p. 178 (tr. it. pp. 57-58).

22 Ibidem (tr. it. p. 58).

23 A. Breton, Second manifeste du surréalisme (1929), in Manifestes du surréalisme, Paris, Gallimard, 1981, p. 143 (tr. it. Secondo Manifesto del Surrealismo, in Manifesti del Surrealismo, Torino, Einaudi, 1966; 1987, p. 111).

24 Ibid., p. 145 (tr. it. p. 112).

25 Ibid., p. 148 (tr. it. p. 115).

26 Ibid., p. 97 (tr. it. p. 79).

27 Ibid., pp. 148-149 (tr. it. p. 115).

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