Stefanie Golisch
Ogni giorno è oggi (XII)
Dico sempre la verità: quello che vuoi sentire tu, dice il cane
blu che ti conosce dall’odore delle tue lenzuola. È un cane tanto
intelligente, il cane blu che non c’è ma che c’è in certe zone
del mondo, dove la terra è tanto inquinata da tingere tutti i
cani di blu. Un reggimento di cani blu, come in una antica fiaba,
ma loro non sono una fiaba
Ieri, sulla Schloßstrasse, zona di negozi e bancarelle, ho visto la donna
più triste del mondo: piccolissima, curva, con delle calze sporche, che
stava camminando lentissimamente in mezzo alla folla: gente con
enormi sacchi della spesa, pacchi con i regali di Natale e che
tra un acquisto e l’altro mangiava salsicce lunghe un metro. Giusto
l’altezza di quella donna che non vedrò mai più, ma che ho visto,
così come anche io sono stata vista ieri, sulla Schloßstrasse, tra negozi
e bancarelle e gente che mangiava salsicce lunghe un metro, sono
stata vista anche io
Berlino, capitale della cancel culture. Ogni settimana una via viene
rinominata, un monumento abbattuto nel nome della giustizia storica.
Ma quella giustizia non c’è. Non è giusto il passato, non è giusto il
presente e non sarà giusto il futuro. Trentasei sono, secondo la mistica
ebraica, i giusti sulla terra. Trentasei in ogni generazione. Solo grazie
a loro, che non sveleranno mai la loro identità, il mondo va avanti, in
qualche modo, ma va avanti
Alla cassa dell’Aldi. Un bambino compra un Babbo Natale
di cioccolato per 99 centesimi
Martin Puder, l’ultimo allievo di Adorno a Francoforte, chiudeva
le sue lezioni all’università sempre alla stessa maniera: Signore e
signori, non abbiamo scelta, dobbiamo resistere alla contraddittorietà.
Un po’ suonava bene, un po’ faceva ridere, un po’ rabbrividire, un
po’ di tutto. Poi si andava a bere in una Studentenkneipe, uno di quei
locali di una volta, per intenderci, con le bottiglie in mezzo al tavolo
che facevano da candelabro
Berlino nel dicembre del 1944. Nella prigione di Tegel, il padre gesuita
Alfred Delp scrive, con le mani legate, sull’avvento, tempo di attesa.
Attesa, nel suo caso, di essere condannato a morte o salvato. Aveva
deciso di accettare entrambe le possibilità: che sia fatta la Sua volontà.
La Sua volontà era di non risparmiare Delp che fu ucciso il 2 febbraio
del 1945 a Plötzensee come oppositore del regime. Nell’ultima
lettera ai suoi confratelli, scrive che, una volta trovata la vita, non
temeva più la morte, che, anzi, la morte non esisteva proprio
Questa mattina, a Berlino vengono disattivate due grosse bombe della
seconda guerra mondiale. Un intero quartiere viene evacuato. I costi,
così ho sentito alla radio, saranno di circa 4 milioni di Euro (!). Non è
una notizia speciale. A 80 anni dalla fine della guerra, nella capitale
tedesca ci sono ancora circa 5000 bombe inesplose. Intanto, si continua
a produrre e a vendere armi sempre più perfide, pensate, costruite e vendute
con l’unico scopo di uccidere. Certamente non per difendere i diritti umani
o per assicurare la pace nel mondo. Nulla di nuovo ci ha insegnato il 2022.
La propaganda funziona sempre e dove c’è da guadagnare non si guarda
in faccia a nessuno.
Non si parla più di utopia, se non con tono rassegnato: sarebbe bello,
ma è solo una utopia, quindi lasciamo perdere. L’Europa è triste. Non
ha speranza perché non sa più in cosa sperare. Il pensiero utopico ha
una visione, il Great Reset è un inganno: una prospettiva futura in veste
umanitaria con l’unico scopo di robotizzare gli esseri umani e di
ottimizzare i guadagni. Nell’ultimo anno del liceo la mia insegnante
di religione ci aveva citato le parole di Ernst Bloch: Ich bin. Aber
ich habe mich nicht. Darum werden wir erst. Sono proprio le parole
che non si comprendono subito ad avere il potenziale di spiegarsi
vita vivendo
Dove stiamo andando? Sempre a casa.
Dice Novalis
Ma la casa, dov’è? Dentro la stazione della metropolitana di
Fehrbelliner Platz dormono quelli che a questa domanda non
saprebbero rispondere o forse potrebbero dire casa è laddove
fa abbastanza caldo e dove mi lasciano dormire
Quando smettiamo di sperare, ciò che temiamo avverrà sicuramente.
Dice Ernst Bloch.
Cosa dobbiamo fare?
Non dovrebbe la speranza essere un atteggiamento spontaneo,
nato da una fiducia senza premesse?
Ha senso un imperativo etico della speranza?
Sperare per necessità?
Una ragazza, in metropolitana, beve da una bottiglia di spumante.
Beve e piange. La gente non la vede. Ma io la vedo e non faccio nulla.
In un’altra stazione: uno canta. Some day baby we’ll be old…
Siamo tutti storie, tu una, io un’altra.
*
che l’Europa sia triste e abbia smesso di sognare è un dato di fatto, righe profonde che scavano il malessere