La presenza di Orione nell’opera di Char (1)

«Salendo sulla collina che si vede in lontananza, proprio sullo sfondo del quadro, e già toccata dai raggi del sole nascente, il sentiero che Orione sta seguendo riaffiora come una linea sottile, chiara e tortuosa. Sembra, però, che il gigante non debba mai giungere fin là, poiché man mano che il sole si alza nel cielo le stelle impallidiscono, svaniscono, e la gigantesca sagoma immobile dai grandi passi si affievolisce poco a poco, scomparendo nel cielo pallido […]»

Danièle Leclair

L’ITINERARIO DI ORIONE IN
‘ERBE AROMATICHE CACCIATRICI’

Tratto da:
Danièle Leclair, Lecture de René Char.
Aromates chasseurs et Chants de la Balandrane
,
Paris, Lettres Modernes, 1988.

(pp. 9-15)

*

la presenza di Orione nell’universo di Char

     Sul piano affettivo, Orione è una presenza di vecchia data nella vita di Char, che, parlando di uno dei fascinosi amici della sua infanzia, afferma: «Mi insegnò i nomi di alcune stelle scintillanti e dei pianeti a luce fissa. Mi indicò, sulla linea dell’orizzonte, una coppia Orione e Betelgeuse che definì superba […]»1. La costellazione di Orione, che l’osservazione del cielo e la lettura delle mappe celesti gli avrebbero da allora reso familiare, comparirà solo molto più tardi nella sua scrittura, nel 1975, in Erbe aromatiche cacciatrici2.

     Anche se non viene mai nominato prima di questa raccolta, Orione è comunque riconoscibile in diverse occasioni, in particolare nell’opera La Notte talismanica3. Come in questo poema4, «L’anello dell’Unicorno», che si riporta qui integralmente:

Si era sentito sballottato e solo ai margini della sua costellazione, che nello spazio ribollente non era che una piccola città freddolosa.     

     A chi gli chiese: «L’hai incontrato, alla fine? Sei finalmente felice?», si rifiutò di rispondere e strappò una foglia di viburno. (NT, 83).

     In questo poema, come in Erbe aromatiche, il paesaggio è identico; alcune costellazioni sono presenti, vengono nominate e individualizzate  [«L’anello dell’Unicorno» (NT, 83); *5«Orione verso l’Unicorno» (AC, 12)] e una di esse rimane fuori da questo spazio stellare: Orione, qui «sballottato» e «solo», «ai margini della sua costellazione», è anche, in Erbe aromatiche, «Evaso dall’arcipelago» (9). Già sono leggibili, e saranno temi centrali in Erbe aromatiche, l’avvicinamento tra cielo e terra e la doppia appartenenza di Orione: «L’anello [matrimonio, terra] dell’Unicorno [cielo]», «la sua costellazione […] una piccola città freddolosa» (NT, 83) preannunciano: «Rivoluzione di Orione ricomparso tra noi» (AC, 7) e Orione «meteora umana» (27).

     Da tempo, del resto, nelle raccolte che precedono Erbe aromatiche, si poteva incontrare una presenza, quella del gigante, che prefigura uno dei volti di Orione – il suo volto terreno. Fin dall’inizio della produzione poetica di Char, l’immagine del «gigante» ha in sé i tratti futuri di Orione, così come appare e si definisce poi in Erbe aromatiche:

– le sue dimensioni, «Chi sei tu, dall’AMPIA SCHIENA, i polmoni a mantice, che ti sfianchi, apparentemente scontento del tuo salario?» (Ricerca della base e della cima6, 175);

– il suo passo, «Noi SIAMO I PIEDI DI UNA GRANDEZZA SENZA PARI.» (Il martello senza padrone7, 85);

– la sua infermità, «obbediamo a leggi che non abbiamo razionalmente creato. Ci avviciniamo CON PASSI DI GIGANTE MUTILATO.» (NT,13).

     Dopo queste raccolte, la presenza di Orione si intensifica; Orione compare col suo nome, alcuni poemi sono creati in relazione a lui e intorno a lui. Ma già questa sua presenza, osservabile a un doppio livello – cosmico e terrestre – in La notte talismanica, annuncia la doppia valenza che avrà in Erbe aromatiche. Si vedrà più avanti come questi due livelli operano nella raccolta. Qui osserviamo ciò che ne costituisce il punto di partenza, la realtà originaria che sottendono.

     Fino a Erbe aromatiche, l’iscrizione del mondo celeste nei poemi era controbilanciata da una forte presenza della terra, un elemento allora per certi versi predominante: «Mia terra tutta, come un uccello trasformato in frutto su un albero eterno, io sono tuo.» (I mattinieri8, 151). Nelle ultime raccolte di Char, Erbe aromatiche, Canti della Balandrane9  e Finestre dormienti e porta sul tetto10, questo mondo celeste occupa un posto che va ampliandosi, in «Spirito credulone» (CB, 15), «Virtuosa aridità» (36), «Lo Scarabeo» (68), ad esempio.

     Mentre la terra è segno dell’estate portatrice di luce, il cielo e le sue stelle sono legati all’inverno e alla notte, a una qualche figurazione della morte; tra queste stelle ci sono quelle della costellazione di Orione, che si possono osservare solo nelle notti invernali. Questo immenso quadrilatero è la costellazione più imponente osservabile nelle nostre regioni alle medie latitudini. Nel firmamento, il gigante cacciatore Orione sembra lanciato all’inseguimento del Toro, in compagnia dei suoi due Cani. Tra le sue stelle più luminose, è possibile distinguere: Betelgeuse, di colore rosso-arancio, sulla spalla destra del gigante e Bellatrix su quella sinistra; Rigel, di colore blu, sul ginocchio e, al centro, tre stelle allineate definite «la cintura di Orione»; al di sotto della «cintura», si nota un filamento luminoso formato da tre stelle ravvicinate: è «la spada di Orione».

     Tutta la prima parte di Erbe aromatiche è posta sotto il segno di questa costellazione. Ogni poema (tranne «Evaso dall’arcipelago», che comunque nomina Orione al primo verso) è contrassegnato da un’epigrafe che reca il nome di Orione. Queste epigrafi, che scandiscono il cammino di Orione attraverso il cielo e che non erano incluse nell’edizione pre-originale11, sono  indicazioni di luogo – significato locale di a, vocabolo di movimento: *«Passaggio dei Gemelli» (AC, 16), *«attraversa […] l’Eridano» (19), *«Ritorno di Orione alla terra dei Lombi » (19) – o sono indirizzate ad altre costellazioni vicine o lontane da Orione nel cielo? Perché la preposizione a potrebbe non avere qui una funzione di localizzazione, ma servire a introdurre una relazione tra due persone attraverso un verbo non espresso: *«Orione [si rivolge] al Toro» (AC, 10). Mentre alcuni verbi di movimento rafforzano la prima ipotesi, altri rafforzano la seconda: *«s’innamora della Stella Polare» (14), *«conosce l’Idra» (19), così come il poema «Viaggiatori», marcato dall’epigrafe *«Cefeo a Orione» (23), un poema a due voci, costruito in forma di dialogo. I due significati forse si fondono, nella misura in cui il discorso di Orione all’Unicorno o a Cefeo, ad esempio, richiede uno spostamento – uno spostamento puramente poetico, poiché in realtà la costellazione di Orione non si avvicina né si allontana mai dalle altre costellazioni; ma nel cielo, vicine ad Orione e tutte visibili nelle notti d’inverno, le costellazioni del Toro, dei Gemelli, dell’Unicorno e dell’Eridano sono naturalmente i luoghi e gli interlocutori privilegiati di Orione.

     Orione, presente dunque in Erbe aromatiche come costellazione, lo è anche come personaggio mitico; il mito antico affiora in numerosi poemi; mito complesso di cui i Greci stessi hanno proposto differenti versioni. Pierre Grimal, riunendo tutti i frammenti dei testi latini e greci dove è fatta menzione del mito, ricostruisce così la vicenda di Orione:

Orione è un gigante cacciatore, figlio di Euriale e di Poseidone, o di Ireo. Si dice anche che sia nato dalla Terra, come quasi tutti i Giganti. Da suo padre gli deriva il potere di camminare sul mare. Era di grande bellezza e di forza prodigiosa. Sposò dapprima Sida, così bella e così fiera della sua bellezza da pretendere di rivaleggiare con Era – cosa che indusse la dea a gettarla nel Tartaro. Privato della moglie, Orione si recò a Chio, forse chiamato da Enopio che gli chiese di liberare l’isola dalle bestie selvagge. Lì Orione si innamorò di Merope, figlia di Enopio, che si mostrò contrario al matrimonio. Qui le versioni differiscono. A volte si dice che Orione, ubriaco, volesse usare violenza a Merope, a volte che sia stato lo stesso Enopio a farlo ubriacare. In ogni caso, Enopio accecò Orione mentre dormiva sulla riva. Orione si recò allora nella fucina di Efesto e lì, preso un bambino, se lo mise sulle spalle e gli chiese di condurlo verso il sole nascente. Orione recuperò la vista […]. Poi l’Aurora si innamorò di Orione e lo portò con sé a Delo. Orione fu ucciso da Artemide, sia perché l’aveva incautamente sfidata in una gara di lancio del disco, sia perché aveva cercato di violentare una delle sue ancelle. Ma la storia della sua morte è la seguente: Orione aveva cercato di fare violenza ad Artemide stessa e la dea gli aveva mandato contro uno scorpione che lo aveva punto sul tallone. Per aver reso questo servizio ad Artemide, lo scorpione fu trasformato in una costellazione e Orione ebbe un destino simile. Ecco perché la costellazione di Orione fugge continuamente quella dello Scorpione.12

     Di questo mito, parecchi momenti sono riscontrabili nella raccolta di Char:

 – Orione cacciatore, «Orione […] senza più frecce da appuntire sull’antica falce» (AC, 9), «Tende il suo arco […]» (27);

– Orione cieco, «È cieco e si dissemina » (27), «Due contadini ciechi» (40);

– Orione camminatore sulla terra e nel cielo, «Evaso dall’arcipelago » (9), «Orione verso il Toro» (10), «Orione verso l’Unicorno» (12), «Ritorno di Orione alla terra dei lombi» (25);

– Orione trasformato, «Una meteora umana» (27), «Orione / pigmentato d’infinito e di sete terrestre » (9), «Orione / carpentiere dell’acciaio» (37).

     Questo riferimento al mito di Orione è parte di una più ampia apertura dell’opera di Char al mondo dell’antichità greca, alla letteratura e alla filosofia, alla storia e alla scienza dell’antica Grecia. La comparsa di Poussin nell’universo di Char partecipa di questa apertura; assente in Ricerca della base e della cima, raccolta di numerosi poemi dedicati ad alcuni pittori, Poussin viene nominato per la prima volta in «Contro una casa secca» – «Il pittore di Lascaux, Giotto, Van Eyck, Paolo Uccello, Fouquet, Mantegna, Cranach, Carpaccio, Georges de La Tour, Poussin, Rembrandt, lane del mio nido roccioso» (Il nudo perduto13, 115) – poi ricompare più volte nei testi successivi e si impone gradualmente (AC, 16; CB, 61).

     Ciò che attira Char verso questo artista è proprio la sua pittura mirata sull’antichità; Poussin, dice Char, è il pittore che tratta meglio la mitologia greca e romana. Ma, più in profondità, se Poussin diventa sempre più importante nell’opera di Char, è forse perché i suoi dipinti fanno rinascere un’Età dell’oro in cui gli esseri (umani e divini) sembrano spuntare dalla terra insieme agli alberi e condividere con loro una felicità che nessun ordine storico può distruggere. La ricerca personale di Poussin, di cui Marc Fumaroli dice che «sboccia lentamente, lontano dalla Corte, e arriva alla contemplazione finale che sembra strappare il pittore al suo tempo ed elevare la sua opera nella sfera universale e atemporale dei miti» (p. 31)14 , non può lasciare indifferente un poeta che cerca anch’egli di ritrovare, attraverso la figura di Orione, una grandezza che il mondo di oggi ha perduto. Inoltre, questo ritorno a un’esemplarità mitica è per Poussin un modo per ringiovanire il mondo, «per rimetterlo al cospetto di ciò che non muore» (p. 31); in Erbe aromatiche, Orione avrà dunque il compito di portare nel mondo attuale «un nuovo spazio», «una rivoluzione» (AC, 7). Infine, anche se non si realizza in questa raccolta di Char, il legame, tipico di Poussin, tra l’ordine cosmico e l’ordine dell’amore è senza dubbio un motivo in più per cui Char predilige nel presente questo pittore. Ma laddove, nel trattare Orione, Poussin sceglie un momento dell’itinerario del gigante – la sua marcia verso oriente – Char prosegue il mito, lo riprende dal suo approdo finale – la metamorfosi di Orione in costellazione – e ne assicura la continuità. Se egli considera «incompiuto» il dipinto di Poussin, Paesaggio con Diana e Orione cieco, è proprio perché la corsa di Orione è trattata solo nelle sue fasi iniziali; una tela «terrestre» di Orione che porta sulle spalle il bambino-guida e che è ritratto nella sua marcia verso il sole; una tela in cui le dimensioni gigantesche di Orione, messe in parallelo con quelle degli alberi in primo piano, contrastano nettamente con le piccole figure che osservano la scena. Alla fine del suo romanzo, Orione cieco15, che sottende una descrizione dettagliata del dipinto di Poussin, Claude Simon insiste sull’immobilità del camminatore e fa già incontrare (al di là del dipinto) Orione-uomo mitico e Orione-costellazione: «Salendo sulla collina che si vede in lontananza, proprio sullo sfondo del quadro, e già toccata dai raggi del sole nascente, il sentiero che Orione sta seguendo riaffiora come una linea sottile, chiara e tortuosa. Sembra, però, che il gigante non debba mai giungere fin là, poiché man mano che il sole si alza nel cielo le stelle impallidiscono, svaniscono, e LA GIGANTESCA SAGOMA IMMOBILE DAI GRANDI PASSI si affievolisce poco a poco, scomparendo nel cielo pallido […]» (p. 110).

     È questa la strada che Erbe aromatiche segue: in quest’opera, non solo Orione è uomo e costellazione come nel mito, ma, soprattutto, appartiene a entrambi gli universi contemporaneamente e non più cronologicamente all’uno e poi all’altro, uomo e poi stella, dopo la sua morte; egli è l’uno e l’altro simultaneamente, «Una meteora umana» (AC, 27). Questo doppio status che Char gli conferisce, come se Orione-costellazione conservasse ancora la memoria, le tracce della sua precedente forma umana (e viceversa), farà della figura di Orione il luogo di un incontro-confronto tra due universi abitualmente separati.

(Trad. di fm)

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Note

1 Le Nouvel observateur, 3 mars 1980, pp. 102.

2 Aromates chasseurs, Paris, Gallimard, “Collection blanche”, 1976. Per le citazioni: AC, seguito dal numero di pagina.

3 La nuit talismanique, Genève, Éditions Albert Skira, 1972. Per le citazioni: NT, seguito dal numero di pagina.

4 Con il termine ‘poema’, utilizzato per tradurre il francese ‘poème’, si fa riferimento a un testo, di natura e finalità sostanzialmente poetiche, in versi o in prosa.

5 Il segno * indica un riferimento extratestuale, in genere riferibile a una delle epigrafi che caratterizzano Aromates chasseurs.

6 Recherche de la base et du sommet, Paris, Gallimard, “Collection blanche”, 1971. Per le citazioni: RBS, seguito dal numero di pagina.

7 Le Marteau sans maître, Paris, Corti, [1934] 1975. Per le citazioni: MM, seguito dal numero di pagina.

8 Les Matinaux, Paris, Gallimard, “Collection blanche”, 1969. Per le citazioni: M, seguito dal numero di pagina.

9 Chants de la Balandrane, Paris, Gallimard, “Collection blanche”, 1977.  Per le citazioni: CB, seguito dal numero di pagina.

10 Fenêtres dormantes et porte sur le toit, Paris, Gallimard, “Collection blanche”, 1979.  Per le citazioni: FD, seguito dal numero di pagina.

11 Argile [Paris, Maeght], n° l, hiver 1973, pp. 6-24.

12 Pierre Grimal, Dictionnaire de la mythologie grecque et romaine, Paris, Larousse, 1965.

13 Le Nu perdu, Paris, Gallimard, “Collection blanche”, 1971. Per le citazioni: NP, seguito dal numero di pagina.

14 Le note su Poussin e le citazioni sono tratte dall’introduzione di Marc Fumaroli al catalogo su La Peinture française du XVII siècle dans les collections américaines, Paris, Éditions des Musées nationaux, 1982, pp. 30-33.

15 Claude Simon, Orion aveugle, Genève, Albert Skira, 1970.

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