
“Io amo Totò”. Si perde allegramente il pudore, pensando a Totò. Le mie figlie sono innamorate di Totò; Mariam e Sara, le mie nipoti, sono pazze di Totò; un amore, mai sbandierato, che si irradia e che nello stesso tempo è segreto. La nostra vecchia casa riecheggia delle nostre risate, quelle di loro due bambine, le risate a crepapelle di Maria, davanti a “Totò e le donne”: Maria concedeva raramente lo schiattamento amoroso della sua pancia; al suo Gesù, invece, sorrideva, sognando appuntamenti più casti della luna. In un vecchio cinema, a Roma, una folla di ragazzi scoppia a ridere, come facessero l’amore per la prima volta, quando Totò Cerca Moglie fa visita alla famiglia Bellavista (tutti cecati): per toglierli dall’imbarazzo, ha inforcato un paio di lenti che non gli lascia vedere niente.
In quegli anni vidi “Sussurri e grida” di Bergman, dove la governante col petto che debordava dall’anima girava nelle stanze dolorose con una lampada che aveva la sua stessa, rossa carnalità pietosa. Un filo misterioso teneva assieme questi due film: chi amava Totò, non poteva non amare “Sussurri e grida”.
Nell’episodio“La patente” , Totò è conosciuto, temuto come portatore di iella: i suoi paesani lo scansano, e quando si imbattono in lui inventano mille scongiuri. Totò esige, per questa nomea, la patente di uno che procura disastri. Vestito di nero, a tutto punto, persino elegante, lenti nere, un sorriso di nera soddisfazione, quando vede, attorno a sé, spandersi il panico. Nel suo sguardo invisibile, l’incomparabile maestà di cataclismi in agguato. E quando elenca, e detta, alla figlia mortificata, con lucido orgoglio, i futuri clienti, i negozianti che faranno la fila per averlo dalla loro parte, restiamo incantati, così come quando, in “Miseria e nobiltà”, il principe di Casador, trastullandosi nell’abbraccio con Sophia Loren, dice agli astanti: “Io, questa nipote, me la vorrei interrogare”. Vorremmo trascinare le ore del tempo ai suoi piedi, per scongiurare qualsiasi eternità. Poiché l’immortalità sciupa, prima o poi, la memoria della vita, la felicità dei giorni, i dolori, presi a ballare da ragazze, principesse del Caos. Il terrore che la sfinitezza senza fine delle ore renda pallidi gli amori, tutti gli amori. [Rocco Brindisi]