Giuseppe Zuccarino
Fra gli artisti contemporanei su cui Derrida ha avuto occasione di scrivere, Jean-Michel Atlan è forse il più anziano, essendo nato nel 1913. Tuttavia un primo elemento che li accomuna è costituito dal fatto di essere entrambi ebrei di origine algerina. Inoltre il fatto che Atlan, come si desume dai titoli di molte sue opere, tenga presente una lunghissima tradizione culturale, che per un verso parte da Omero e per l’altro dalla Bibbia ebraica, non poteva che esercitare – assieme ovviamente alle qualità formali dei dipinti – una forte fascinazione sul filosofo. Non sorprende dunque che egli abbia accettato di scrivere l’ampio testo introduttivo per un libro sul pittore, Atlan grand format. Il saggio, dal titolo De la couleur à la lettre, verrà poi ripreso in una raccolta postuma di suoi scritti sulle arti visive.
Ricordiamo in breve che Atlan si trasferisce dall’Algeria a Parigi nel 1930. Al termine degli studi universitari, diventa professore di filosofia e inizia a dedicarsi alla pittura. Nel 1942 viene arrestato perché milita nella Resistenza. Dopo un periodo in carcere, riesce a evitare la condanna a morte, o la deportazione in quanto ebreo, solo fingendosi pazzo. Questo, però, fa sì che venga recluso nell’ospedale psichiatrico di Sainte-Anne. Alla Liberazione, può finalmente tornare all’attività pittorica e realizzare le prime mostre. Pubblica anche un libro di poesie, Le sang profond. Più tardi, è tra i fondatori del movimento CoBrA, un gruppo di artisti sperimentali che come lui si muovono in uno spazio intermedio tra astrazione e figurazione. Nell’ultima parte della vita (Atlan muore nel 1960) la sua pittura acquista risonanza sul piano internazionale. (…)
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