(da: “La Foce e la Sorgente“, II, 7)
Acque mobili e terre immemori.
Nell’aria che disperde lacerazioni.
Nel silenzio che increspa barbagli.
Inverna tutto quello che è stato allontanato. La cartapesta delle ossa nel gelo, i più leggeri dialoghi, quelli scoscesi, le ultime gocce del flacone, la miscellanea grazia dei perimetri, quei sostare a lungo nei passi.
Un crescendo in affresco. Echi su fili sospesi.
Nella terra perduta ogni zolla, ogni stilla vive pulsando come una ferita.
“La geografia è destino”.
Un solo pensiero muove i segni.
Al solo pensiero i paesaggi diventano storia, introducono una conoscenza del finito.
(Ranieri Teti, Tsalal)
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