Archivi categoria: chiara catapano

Per una lettura di “Perdite”

Chiara Catapano legge Perdite (Puntoacapo Editrice) di Bartolomeo Bellanova.

 

Quale incendio indomabile si prepara nei fondali!” (Dispaccio da Vieste

Ho voluto iniziare da questa profezia, quell’indomabile incendio che illumina e purifica, di cui Bellanova percepisce il propagarsi nei fondali: un incendio che si innesca dalle profondità oscure, da luoghi impensabili, per ossimoro. In fin dei conti, mi sono detta, questo è un libro di profezie che si stanno avverando mentre si scrivono. E’ come l’incontro tra due mari, tra due sostanze identiche ma provenienti da diversi luoghi; è il momento in cui il futuro annunciato e il passato veggente si salutano, generando immagini. Continua a leggere Per una lettura di “Perdite”

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Anatomia dell’equilibrio ovvero anatomie della fragilità

su Ogni cosa sta in bilico (sul fiore di un’agave)
di Vincenzo Mirra, Eretica Edizioni 2021

di Chiara Catapano


Si preannuncia una giornata calda. Alle sei e mezza del mattino esco a fare una passeggiata con Lulù, la il mio cane; ci arrampichiamo sul colle di San Giusto e guardiamo, laggiù, il mare e il fumo dell’incendio che continua a bruciare. Mi tornano in mente i versi di Vincenzo. Torno a casa, apro il libro:

Valgraziosa

Se fai dei boschi terra bruciata
e delle pievi pietre annerite senza più i tetti
Se dei sentieri fai un camposanto di piante medicinali
e degli arbusti carcasse carbonizzate
senza più il profumo delle erbe aromatiche
Se fai degli ulivi, dei faggi e dei castagni, scheletri
di tronchi e di rami
e della fuga di animali impauriti il paesaggio violato
e indifeso del cuore dei vivi
Se fai del cielo una nera e pesante nube
(che soffoca persino il perdono di un bambino)
e degli occhi ampolle lacrimose incenerite di nerofumo

Tu, sì tu,
non sei degno della pazienza operosa delle api
né di nessun bene del mondo
e neppure di uno soltanto tra noi:
piante alberi volpi cicale nuvole
capanni, tane di ghiri e di serpenti
ruscelli
perché Tu, sì tu,

non sei un uomo

Tu sei soltanto un vigliacco impostore
indegno del dono della natura.

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Il mosaico dei ciechi, Una lettura dell’inedito “Colono 22” di Chiara Catapano

Non so dove sia il boschetto in cui Sofocle fa morire Edipo. Oggi Colonòs è il campo di sterminio degli alberi, l’insulto all’equilibrio della natura, che è poi l’unico vero “splendore” umano, il suo incespicare, il suo cadere, il suo niente.

E nel niente di tutto ciò che si spegne, ed era, nel niente di quel bosco in cui Edipo finisce di vivere – e inizia a respirare, finalmente, spegnendosi –, in questo vuoto saccheggiato si apre, silenziosa, la corolla della memoria. Intorno, all’improvviso, si fabbrica il silenzio del petalo.

Per irrompere nell’orrore di telefoni, metro, uffici e bar, basta una lacrima che, da sola, ha “divelto il giorno”. Questa lacrima che ha “divelto il giorno” mi ha aperto il sentiero in questa scrittura.

In una specie di discesa nel silenzio, quando fuori degli occhi un mondo rotto si accatasta deforme su sé stesso, nel fondo di qualcosa – che potremmo essere noi stessi – avviene un altro mondo, che si costruisce, o si ricostruisce inseguendo un equilibrio.

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Trattative (∆ιαπραγματευσεις): Spyros L. Vrettos e la memoria del suono

Ringraziamo di cuore Chiara Catapano per questo contributo che ha voluto donare alla Dimora. E’ uno scritto di altissima qualità; per la scrittura in sé, per l’autore di cui tratta e per le traduzioni. Poter pubblicare cose di questo livello, colme di tanta “semplice” partecipazione per questa cosa che chiamiamo poesia, è un’emozione.

Il libro “Trattative / Διαπραγματεύσεις“, di Spyros Vrettòs, tradotto e curato da Chiara Catapano, pubblicato da Puntoacapo, ha da poco ricevuto il “premio della critica” al premio San Domenichino.

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Chiara Catapano, Un paesaggio cresciuto dentro


Di quando Majakovskij in sogno ha letto una mia poesia

Considera questo: nulla di diverso
Solo una nota vagamente asprigna sull’amara radice.
La voce più tremenda della sua apparizione;
Le parole, scheletri di luce.
E lui seduto, terastico impassibile
Frusta l’aria dentro l’ugola russa.
Majakovskij non mi era mai venuto a trovare in precedenza;
L’ho considerato un gesto delicato
Compiuto senza troppi complimenti,
Alla sua maniera.

Ha raccolto i miei versi in grappoli metallici
Il succo lo premeva fuori
Schiacciando tra le mandorle
Dei denti, chicco dopo chicco
Il latte di un qualche arcaico sacrificio.
Ma poi com’era carico di senso il suo idioma
Una sorta di terra vergine tra il russo e il sogno;
Io dipingevo i suoni a doppia lama
Che non raggiungevano niente e nessuno
Ma che s’ incatenavano all’aria vibrante santità.
Il Dio ebbro della poesia non cercava più la sua morte,
E lui pareva contemplato dai cieli
Splendido, inarrivabile.
Il brusio della vita calato in quel fosco paradigma
Dentro l’ingranaggio dell’uditorio
Nel perfetto silenzio divaricato tra le parole.

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3 di > Kostas Reoussis

poeti greci contemporanei
traduzione di Chiara Catapano


Le Ore, le custodi
delle nuvole le Porte del cielo

Eunomia

Ora Prima

la notte
ove si sente
corporalmente universale
lo sciabordio
nastro
nel gaitanaki
carnevale della vita
si ravvolge la
morte
amasia d’una stellafilante
per turbinare
a colori
nel vuoto della caduta

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Viaggio andata e ritorno nell’arcipelago della Poesia Greca

testo e traduzioni di Chiara Catapano
intervento presentato a Marina di Pisa nel luglio 2021


Per questo breve ma affascinante viaggio alla scoperta della poesia greca contemporanea, ho optato per un approccio diverso: poiché per l’uomo greco poesia e musica sono realtà complementari, mi sono detta che forse era questo il modo più bello per traghettare qui stasera un pezzetto di questo mondo, così — ahimè — ancora sconosciuto. La musica, nella tradizione poetica greca, è assai più di un accompagnamento alla lettura, è invece la sostanza ritmica dell’immagine che trova nel poeta il suo traduttore nel linguaggio magico della parola.

Perché in questo arcipelago di versi, in profondità le acque della poesia e della musica si mescolano, creando letteralmente la navigazione, “donandoci il viaggio” per parafrasare Kavafis e la sua poesia più conosciuta, Itaca.

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