Archivi categoria: lorenzo mari

Per versi polimorfi / Il Belzebù bambino di Davide Cortese

 

di Lorenzo Mari

Una poesia che procede per versi polimorfi accenna, per la verità fugacemente, alla mimesi della celebre definizione freudiana di una specifica fase dell’infanzia nello sviluppo psicosociale dell’individuo, per poi darne una rappresentazione che oscilla tra la burla e il grottesco; in questo modo, inoltre, si evita di ricadere nella più banale reiterazione – sempre più destituita, ormai, delle sue motivazioni originali – del fanciullino di pascoliana memoria. L’infanzia (che viene in questo modo, e per paradosso, ad esser considerata assai seriamente) si rivela così essere un repertorio altro, non di rado straniante, al quale sembra avere attinto Davide Cortese per il suo libro più recente, Zebù bambino (Terra d’Ulivi, 2021). Continua a leggere Per versi polimorfi / Il Belzebù bambino di Davide Cortese

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Poesia e consapevolezza. Sui libri di Fabrizio Miliucci e Antonio Francesco Perozzi

di Lorenzo Mari

Pochi giorni fa riflettevo con un amico poeta sull’aura di “consapevolezza” che viene spesso ricercata, tanto da chi scrive quanto da chi legge, nelle scritture poetiche degli “esordi”, o comunque in quelle di chi è nei propri venti, e ormai anche trent’anni – nella cosiddetta “poesia giovane”, per capirci. “Consapevolezza” è, ovviamente, un termine ingenuo e attinente più che altro al senso comune, ma non manca di avere precisi addentellati culturali e formali nella produzione poetica in oggetto, che non di rado si trova a oscillare, senz’alcuna soluzione di continuità, tra l’immediatezza apparentemente più viscerale e la sofisticazione più chiaramente sovrastrutturale. D’altronde, quest’ultimo dato – in mancanza di motivi non soltanto di innovazione, ma anche di complessità, nella poesia contemporanea più in generale – si offre come un’inevitabile chiave d’accesso a un certo capitale simbolico. (Un capitale che consente, peraltro, di scrollarsi progressivamente di dosso l’aggettivo “giovane”, che non è poco…). Continua a leggere Poesia e consapevolezza. Sui libri di Fabrizio Miliucci e Antonio Francesco Perozzi

Elegia per Caron dimonio occhi di T-rex / Sui libri di Mariasole Ariot e Paola Silvia Dolci

di Lorenzo Mari

In poesia, che si tratti di complesso di Orfeo o meno, i morti parlano molto – forse troppo – con i vivi. L’eccesso, tuttavia, non è ravvisabile, se l’approccio è materico, con esiti talvolta tragici, oppure se, al contrario, è aereo, con calviniana leggerezza – in fondo, l’eccesso nel commercio con i “morti” riguarda soltanto la più ridicola, e mediocre, delle medietas, la retorica delle morte: non è questo il caso. Di appiglio più materico, infatti, appare la forma dell’Elegia, per Mariasole Ariot; levitano, invece, i Dinosauri psicopompi di Paola Silvia Dolci Continua a leggere Elegia per Caron dimonio occhi di T-rex / Sui libri di Mariasole Ariot e Paola Silvia Dolci

Such dream, such absolute. L’Irlanda di Mario Luzi

di Lorenzo Mari

A quasi vent’anni dalla morte, l’opera di Mario Luzi sembra oggi consegnata a un facile, ma anche rigido, processo di canonizzazione, e insieme di trascuratezza – un processo a tratti inevitabile, per un poeta la cui opera si colloca senza dubbio in uno spazio del ventesimo secolo letterario che è spesso precedente a ciò che oggi si associa alla categoria di “Novecento”. Pare, dunque, che ci sia poco interesse e poca ricerca, anche a livello universitario, su un autore ritenuto effettivamente buono per un prossimo, ennesimo, backlash conservatore delle accademie. Sono allora le iniziative di amici e sodali a tornare sui passi di Luzi, tentando al tempo stesso di prendere la rincorsa per un salto in avanti. Continua a leggere Such dream, such absolute. L’Irlanda di Mario Luzi

“CollaterAle” di Jacopo Ninni, o dell’unico effetto giusto

 

di Lorenzo Mari

Ivan Illich fa parte di quella schiera di pensatori – spesso vicini a posizioni più o meno anarcoidi – che, in genere, vengono evitati il più possibile quando possono essere effettivamente utili, per poi essere ricordati nelle circostanze meno opportune. Le conseguenze di questo mismatch sono esplosive: per Illich, succede, con una certa ricorrenza, quando si parla di “descolarizzare la società”, ma è accaduto anche, nel contesto pandemico, con quell’idea di “iatrogenesi” (ossia l’origine medica di una patologia o di un altro danno, per chi si trovi nel ruolo di paziente) che proviene da un altro testo fondamentale dello scrittore e filosogo di origini austriache, Nemesi medica (1974). E questo è successo, più precisamente, nel contesto di quella rubrica di Giorgio Agamben per il sito di Quodlibet – “Una voce” – che, come si sa, ha tenuto impegnata la bolla intellettuale italiana per settimane, specialmente all’epoca del primo lockdown… Continua a leggere “CollaterAle” di Jacopo Ninni, o dell’unico effetto giusto

Nel muro una crepa e nella crepa una finestra. Sui libri di Francesca Perlini, Anna Maria Curci e Viviana Fiorentino  

 

di Lorenzo Mari

Trovare i muri attorno, costruzioni dall’opera certissima e ferrea, e tradurre/traslare/operare trasferimenti al di là di questi limiti – renderli incerti. Ci sono tre libri recenti di poesia, scritti da altrettante autrici, nascosti in questa descrizione, un po’ vaga, di una dialettica interno/esterno che non è soltanto un esercizio formalista di topologia testuale, ma è prova della carne e del sangue, di intelletto e spirito, e questo non in vista di una qualche, consolante mistica di fondo, ma sempre all’interno e in funzione dell’esercizio della parola poetica.  Continua a leggere Nel muro una crepa e nella crepa una finestra. Sui libri di Francesca Perlini, Anna Maria Curci e Viviana Fiorentino  

Di una nuova peste rossa. Massimo Sannelli e Sante Notarnicola

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di Lorenzo Mari

Scrivo e riscrivo, ma alla fine è tutto da rifare, pensando alla lotta di classico di Massimo Sannelli.

Beninteso, niente è sbagliato: l’ortodossia, se riesce ancora, in qualche modo, a colpire, colpisce altrove.

Scrivo e riscrivo, faccio e rifaccio, semplicemente, perché fa rifà anche Sannelli, impegnato da anni in un lavoro di cancellazione, ripubblicazione e mutazione della propria opera. È un lavoro e insieme uno spreco (non in senso morale, né in senso qualitativo, etc.) che ne ha modificato profondamente, in primo luogo, l’autorialità, spingendola, innanzitutto, verso i territori dell’autopubblicazione. Territori apparentemente marginali rispetto al sistema letterario, territori sui quali vigono i sospetti maliziosamente istillati dal sistema stesso – …e la qualità? e il controllo? – territori, infine, che Sannelli cerca continuamente di minare, rendendo instabile e precaria tanto la sua andatura quanto la nostra. Un obiettivo di importanza cruciale nella sua poiesis, credo, come in molte altre che ambiscano, non senza una certa attitudine metafisica, a una qualche autenticità di fondo.  Continua a leggere Di una nuova peste rossa. Massimo Sannelli e Sante Notarnicola

“Soggetti a cancellazione” di Lorenzo Mari

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Dei Soggetti a cancellazione di Lorenzo Mari (Arcipelago Itaca Edizioni, Osimo 2022) vorrei dire qui il fecondo paradosso per cui la fragilità della scrittura e del linguaggio, il loro tendere alla cancellazione (che è sia auto-cancellazione che subìta cancellazione), la loro messa in discussione radicale diviene, invece, forma di possibilità nuove del dire e dello scrivere – e vorrei anche dire della forma-libro che, come dilatandosi e fattivamente rimandando ad altri luoghi, si dà a vedere, leggere, percepire come spazio pluridimensionale, espandibile, virtualmente illimitato.  Continua a leggere “Soggetti a cancellazione” di Lorenzo Mari

René Daumal: la guerra santa

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di  Lorenzo Mari

L’annuncio della guerra santa è annuncio della voce / René Daumal, “La guerra santa” (Ursae Coeli, 2021)

La guerra santa di René Daumal – prima uscita della collana Ursa Minor, curata dall’associazione e casa editrice Ursae Coeli – è uno smilzo libretto che arriva ai nostri giorni direttamente dai primi anni Quaranta, recando con sé, al tempo stesso, una traccia consistente del fascino che l’opera dell’autore francese ha suscitato nel corso degli anni presso il pubblico italiano, con ogni probabilità a partire dalla pubblicazione adelphiana del Monte Analogo, a cura di Claudio Rugafiori, nel 1968. Continua a leggere René Daumal: la guerra santa

“Trilce” di César Vallejo nella traduzione di Lorenzo Mari

César Vallejo, Trilce, 1922Dichiara Moshe Kahn parlando della sua (splendida, annosa e ammirevole) traduzione in tedesco di Horcynus Orca, la prima in assoluto, tra l’altro, del capolavoro darrighiano a livello mondiale: «Le due colonne maestre di una traduzione sono la libertà e la responsabilità dal e verso il testo e il suo autore – due princìpi fondamentali per tutto il mio lavoro di traduttore».

Tradurre Horcynus Orca, Finnegan’s Wake, i Cantos, Zettel’s Traum appartiene a quegli azzardi che nessun traduttore consapevole affronta a cuor leggero, ma con i quali si misura nella certezza che sia un dovere traghettare in altra lingua questi capolavori e, nello stesso tempo, che quel “traghettare” sia l’atto d’omaggio più concreto e alto che si possa e debba rendere a un’opera amata e ammirata.

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L’attesa tra le macerie. Sui libri di Glauco Piccione e Isabella Bignozzi

    di    Lorenzo Mari

Navigando nel sito di Transeuropa Edizioni, ci si accorge rapidamente del fatto che “Nuova poetica 3.0” è una collana di poesia che ormai ha tanti anni di esperienza alle spalle, avendo acquisito, di conseguenza, dimensioni oceaniche. Da questo, potrebbe scaturire l’impressione che una tale prolificità confermi e al tempo stesso tradisca la caratterizzazione scelta, ossia che si inglobi la nebulosità tipica dell’esperimento 3.0, ma all’interno di una materia necessariamente esondante, magari non sempre all’altezza della “novità” che si intende promuovere. Continua a leggere L’attesa tra le macerie. Sui libri di Glauco Piccione e Isabella Bignozzi

Giù i pantaloni!

Pubblico il primo di una serie di contributi che con impagabile generosità Lorenzo Mari offre alla Dimora del Tempo sospeso; nel ringraziare e nel salutare il carissimo Lorenzo mi permetto di sottolinearne la grande competenza critica, la bravura di traduttore e di studioso e il valore di poeta e scrittore  [A. D.]

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lettura critica  di Lorenzo Mari a I pantaloni del Po di Giancarlo Fabbri (L’arcolaio, 2020)

 

Trovo non poche difficoltà, nel tentativo di parlare de I pantaloni del Po (L’Arcolaio, 2020) di Gianfranco Fabbri.

È una difficoltà, innanzitutto, dovuta al rapporto di amicizia e di collaborazione che da tempo mi lega al lavoro di Fabbri, nel suo ruolo, da quasi quindici anni, di deus ex machina de L’Arcolaio, tra Forlì e Forlimpopoli. Invece di nascondere questo sodalizio – come troppo spesso accade nelle recensioni amicali dei libri di poesia – ne voglio dare conto nel modo più trasparente possibile, così come, del resto, fanno Gian Ruggero Manzoni nella sua introduzione (fino a rievocare quel “Manifesto del Visceralismo”, di alcune decadi orsono, che l’ha visto protagonista, insieme a Fabbri e a tanti altri artisti e intellettuali dell’area romagnolo-ferrarese), e Roberto Dall’Olio, già autore per i tipi dell’Arcolaio, nella sua postfazione. Ma è soltanto in questo modo, in fondo, che si viene a delineare una comunità autoriale che sia contigua, eppure, al tempo stesso, visceralmente diversa, dalle congreghe real-virtuali grandi e piccine che costellano il panorama poetico attuale, nonché una comunità valorosa, perché portatrice di valore. Cercherò di parlarne anche a conclusione di questa breve nota.

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L’ospitalità dello sguardo

Viene pubblicato il 9 luglio da Mimesis Edizioni il libro di Lorenzo Mari Il taccuino dell’intellettuale. Disegno e narrazione nell’opera di John Berger. Propongo una breve conversazione con l’autore che discute con passione e competenza alcuni luoghi bergeriani.

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