
Max Loreau
“Vue d’intérieur”
Ed. Carte Blanche, 2005
Traduzione di
Stefania Roncari
Qualcuno s’intrufola, come allo sbucare della notte.
Passa con ostinazione così lento, molto sveglio, il visitatore del giorno pallido, della polvere, il paziente migratore della carne intima, tanto insospettata quanto inesistente. Passa e ripassa o forse sono le cose così lente dell’amnesia quasi istantaneamente distratte? Dappertutto il sonno impetuoso s’insinua nel cuore delle cose, schiave della lucidità prigioniera.
Qualcuno s’intrufola dentro, sfiora inamovibile, ci riprova duemila volte.
Sfiora con tutta la sua vista sottile, così neutra da sembrare in procinto di trattenere a piacere l’occhio cattivo, l’attacco, la rudezza, il carico. Si nutre di colpi insistentemente differiti, di morsi conservati per tempi favorevoli. Si eterna aperto nell’istante interminabile – trasparenza diventata forza impassibile, luce chiusa assente come il suo recinto, vasto sgretolamento, dove passa e ripassa, leggero come un’ombra dentro l’abbaglio tranquillo, che fa pensare alla grana di una pellicola sensibile.
Luce rasa e fragile, inesistente; rimugina l’a-dimensionale.
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