Archivi categoria: teatro
Quaderni di RebStein (I-XLV)
La Biblioteca di RebStein (I-XL)
Le donne nel teatro napoletano
Le donne nel teatro napoletano
(Excursus)
Nella storia del teatro napoletano sono pressoché infiniti i personaggi femminili che animano la scena da protagoniste, ma, di fatto, sono pochi quelli dotati di uno spiccato rilievo drammaturgico. Nato da farse e pochade francesi, opportunamente rielaborate, il repertorio femminile del teatro napoletano dell’Ottocento è per lo più ancorato ai tipi e ai caratteri classici della tradizione muliebre, in una rappresentazione quasi sempre caricaturale, secondo i canoni di una verosimiglianza convenzionale e di una ripetitiva introspezione di maniera, a tal punto esteriore al personaggio femminile da farlo decadere spesso nell’ovvietà e nella mistificazione scenica e storica. Continua a leggere Le donne nel teatro napoletano
Juif errant
Juif errant
1943. Scritta a Genica Athanasiou durante le prove del Juif errant. Artaud, delirante, non recitò la sera della prima.
Genica,
con il Juif errant va malissimo. Sono talmente scoraggiato che non faccio più niente. Recito con un’assenza profonda. Per la prima volta mi rimproverano di essere inerte. Eppure non lo faccio apposta. La mia potenza di espansione si è bruscamente afflosciata. E poi, il regista è di una grossolanità odiosa. Continua a leggere Juif errant
Fiorenza, nostra Matria unica e vera (II)
Fiorenza, nostra Matria unica e vera
Carne della mia carne
“Io sono Ofelia. Quella che il fiume non ha voluto. La donna con la corda al collo La donna con le vene tagliate La donna con l’overdose SULLE LABBRA NEVE La donna con la testa nel forno a gas. Ieri ho smesso di uccidermi. Sono sola con i miei seni le mie cosce il mio grembo. Faccio a pezzi gli strumenti della mia prigionia la sedia il letto il tavolo. Distruggo il campo di battaglia che era la mia dimora. Strappo le porte perché possa entrare il vento e il grido del mondo. Mando in frantumi la finestra. Con le mani insanguinate strappo le fotografie degli uomini che ho amato e che mi hanno usata a letto a tavola sulla sedia per terra. Do fuoco al mio carcere. Getto i vestiti nel fuoco. Mi strappo l’orologio dal petto che era il mio cuore. Esco in strada, vestita del mio sangue.”
La Biblioteca di RebStein (XXVIII)
La Biblioteca di RebStein
XXVIII. Dicembre 2011
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Ironia dell’ombra (Antologia 1980-2011)
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La casa dove smontano le maschere
“M’abbarbicai conchiglia con la gobba pietrosa
e fui deposta, lenta, sulla sabbiosa grana. Vidi
lo smisurato e la mia scorza divenne la minima misura.
Il sacco si vuotò senza riflesso e seppi d’un mio ruolo
narrato senza scampo…”
Quaderni di RebStein (XXX)
Quaderni di RebStein
XXX. Settembre 2011
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6-0, 6-0
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Bene e Klossowski. Forme di un dialogo
Giuseppe Zuccarino
Carmelo Bene
Pierre Klossowski
Bene e Klossowski. Forme di un dialogo
A prima vista un avvicinamento – sfociato poi in amicizia e collaborazione – fra lo scrittore, saggista e disegnatore Pierre Klossowski e l’attore, regista e scrittore Carmelo Bene poteva dirsi confinato nell’ambito dell’improbabile. Erano in causa infatti due personaggi provenienti da mondi del tutto diversi: non è certo un’inezia, per limitarci all’emblematico dato iniziale, la differenza che intercorre fra l’essere nati a Parigi nel 1905 e a Campi Salentina nel 1937. Quando però, vari decenni dopo, i rispettivi percorsi artistici e intellettuali giungono di fatto ad incrociarsi, la distanza si è ormai ridotta in misura considerevole: il più giovane conosce bene le opere del più anziano, e a quest’ultimo non mancano certo le doti necessarie a comprendere di trovarsi di fronte ad un artista di livello tutt’altro che comune. Continua a leggere Bene e Klossowski. Forme di un dialogo
La morte di Tersite
“Dopo anni di solo teatro, torno alla poesia, a quello che è il mio cruccio permanente, la mia protesta in versi. E ci torno passando da quella che è stata la mia partecipazione al progetto àkusma, nato tra il 1999 e il 2000 e che è sfociato in incontri, discussioni, un convegno e una pubblicazione. Come scriveva Giuliano Mesa nella presentazione, l’obiettivo di Àkusma «coincide col suo stesso esistere come occasione di confronto, di dialogo fra alcuni autori che hanno accolto l’invito a reinterrogare insieme le ragioni e modi del loro scrivere e del loro agire. E’ la proiezione – in contatti, incontri, letture, e pagine stampate – del desiderio e della volonta’ di ricominciare dalle opere, dalle poesie, la cui conoscenza diretta e’ stata troppo spesso sacrificata al culto delle poetiche aggreganti, dei precetti teorici, al pregiudicante (e pre-testuale) incasellamento di un autore all’interno di una tendenza o contro di essa, nonche’ alla sua collocazione nel risibile e ultracompetitivo “mercato dei versi”». Continua a leggere La morte di Tersite
Centuria
Come da copione
Come da copione
(Le didascalie teatrali)
Shakespeare scriveva solo “Enter” (Entra) ed “Exit” (Esce) e nient’altro: nessun accenno al tono di una battuta, ad un movimento del personaggio, ad un evento scenico. Salvo rarissime eccezioni, i toni delle battute – per Shakespeare come per altri commediografi elisabettiani – erano di per sé automatici, inequivocabili oppure affidati alla sensibilità e al talento degli interpreti, che si preoccupavano, fra l’altro, di rendere vivi e visibili sulla scena gli effetti di una tempesta, di un’alba, di un martirio.
Gli spettatori del Globe Theatre avvertivano sulla scena i rumori dei tuoni e i lampi del temporale ma gli autori non ritenevano di dover scrivere anche queste preziosità infra-testuali. Le ritenevano, probabilmente, superflue e fuorvianti se non eccessive, giacché gli interpreti di personaggi storici o leggendari erano talora gli stessi autori per cui stabilivano che la storia o la leggenda rappresentata non avesse bisogno di ulteriori sussidi per l’interpretazione. Continua a leggere Come da copione
Milano Ictus
Qui si vende storia
Nevio Gàmbula
Questo libro è un doppio esercizio critico, condotto sul piano della scrittura drammaturgica e di quello della teoria letteraria, e che ha come bersaglio principale il New Italian Epic e alcune delle “mode” letterarie più invasive del momento. Gli autori, ognuno secondo la propria modalità espressivo-discorsiva, contestano che la letteratura sia concepibile soltanto all’interno delle maglie stritolanti del mercato editoriale, così come si pongono in conflittualità frontale con le forme più evidenti di intrattenimento, dal noir, al fantasy, al recupero della fiction impegnata o storica. Il libro si costituisce quindi come critica radicale del senso comune e, al contempo, come sperimentazione linguistica che si affida alla forza dirompente della parodia. Quel che conta, per gli autori, è la pratica “grottesca” della parola, il gesto profanatorio che istituisce il linguaggio come “rivolta disalienante”.
Il sito delle Edizioni Odradek.
Il sito di Nevio Gàmbula
e i suoi Esercizi di scrittura.
Ti canto, o Diva (ovvero il Sé Letterario)
Ti canto, o Diva
(ovvero il Sé Letterario)
Da un certo punto in poi della loro attività letteraria o della loro esistenza, gli scrittori si confrontano con il mito o con i miti della tradizione classica: perché? È il segno di una scelta che scaturisce dall’autobiografia letteraria degli autori o dalla loro biografia personale, quindi dall’età che si accumula? È un segno di rifondazione progettuale o di senescente disincanto? Continua a leggere Ti canto, o Diva (ovvero il Sé Letterario)
Dramma oscuro
Æschylus, Agamemnon
Θεοὺς μὲν αἰτῶ τῶνδ’ ἀπαλλαγὴν πόνων, / φρουρᾶς ἐτείας μῆκος, ἣν κοιμώμενος / στέγαις Ἀτρειδῶν ἄγκαθεν, κυνὸς δίκην, / ἄστρων κάτοιδα νυκτέρων ὁμήγυριν, / καὶ τοὺς φέροντας χεῖμα καὶ θέρος βροτοῖς / λαμπροὺς δυνάστας, ἐμπρέποντας αἰθέρι / ἀστέρας, ὅταν φθίνωσιν, ἀντολάς τε τῶν…
“Questo è un teatro mnemonico, ove pretende ancora d’accadere il già accaduto, di far ritorno l’incompreso, e una necessità fa spreco del possibile. Perché questa genealogia dei dolori, questi sentimenti inferiori? Sudditi della Storia, siamo preceduti. Ricordiamo. E poiché ricordare invita in alcun modo ad obbedire, la memoria sarà la causa prima, e cosa ereditaria il nostro passato.”