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I muratori
Il tuo primo inverno
……..Il tuo primo inverno
……..(Ton premier hiver)
Verso la fine del tuo primo inverno
appoggiandoti al cesto di vimini che spingi davanti a te
cominci a muoverti in piedi da solo.
Il cesto è lieto di sentire la tua forza.
Scivola sul pavimento.
Scivola come una lunga canzone sul mare.
Tu e il cesto fate andare la vostra lunga canzone.
Essa risveglia il pavimento e la terra del giardino
che l’inverno aveva assopiti affinché recuperassero energie.
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Io metto al mondo il mondo
Voce della donna che canta
Voix de la femme qui chante
Tratto da:
Parla l’isola
L’île parle (2010)
(da qui)
Io sono la voce della donna che canta.
Quelli che credono che io viaggi da una tenera gola
al loro orecchio maschile, si sbagliano. Ingenuamente.
Perché io mi muovo dalla radice del vulcano dell’isola
al petto di tutti coloro che balbettano nell’approssimazione.
Gli uccelli silenziosi
Di acque e di alveari
In dialogo con la lingua-spazio (2)
In dialogo con la lingua-spazio (1)
La Porta
La porta malandata dà sulla notte
ma tu la superi dalla parte opposta ed entri
sulla scena tutta illuminata
dove noi, i tuoi figli, ti aspettiamo.
Ti basta una sillaba per dare inizio
al grande ballo, duro e spigoloso,
in cui la voce delle madri è forse più forte
delle grida dei maschi stamattina.
Poi ti sposti sul proscenio, di lato,
e lasci che la danza prosegua da sola, nell’aria
sibilano dei pugnali, un metronomo oscilla
al di sopra delle teste. Una pioggia
di luce e di gioia rimbalza sulle tavole
del palco dove il fondale della tua voce,
come una porta aperta, risuona.
………………………………………………………(La Porte, da qui)
……………………………………Traduzione di Francesco Marotta
Strada / Linea nel cielo
Grandi calligrafie del dialogo (4)
Pixel colorati, virus e biopolitica
La nuvola e l’alba
L’angolo della casa
Il torrente e il camoscio
Nonostante gli stracci (3)
Nonostante gli stracci (2)
Nonostante gli stracci (1)
Grandi calligrafie del dialogo (3)
La grotta silenziosa
Il dialogo creativo tra me e Maya Mémin ha avuto inizio trent’anni fa, e non si è mai interrotto. Insieme abbiamo spesso esposto in Bretagna e a Parigi e realizzato nella sua stamperia a Rennes parecchie edizioni di libri per bibliofili. Ho sempre sentito e compreso il lavoro di Maya Mémin, grazie alla maestria del colore a stampa, come la traccia di luce che ci offrono lo spazio, il mondo e la vita con le loro grandezze e i loro inciampi, le loro libertà e le loro profondità, che Maya Mémin depone sulla carta facendo girare la grande ruota della sua macchina stampatrice.
Philippe Miénnée, che ci ha riuniti per la sua rivista, ci dà la possibilità di far capire che un’opera non è certamente il frutto della rilucente sensibilità di qualche essere tutto compreso nella sua interiorità, che se ne sta in disparte, lontano dal mondo; ma che, al contrario, essa è una domanda senza compromessi sull’impressione che il mondo, in faticoso travaglio, lascia sul nostro corpo e sul nostro spirito; una domanda sullo slancio che ci piacerebbe imprimere al movimento della parola e della vita in cammino nel mondo, una domanda sull’impressione semplicemente umana che vorremmo suggerire alle nostre sorelle e ai nostri fratelli compagni di strada, tenaci e liberi costruttori come il tipografo e come noi stessi.