Sequenze di vento

Marco Ercolani
Giorgio Bonacini

Cosa avrò detto del vento? – che fa brillare il vuoto,
liscia il pelo dell’acqua, arruffa i rami e tramuta in oceano i prati…
In realtà non avrò detto che la prima di queste cose.

(Franc Ducros)

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Loro tornano la sera

Michele Obit

Mi serve un coltello, ben affilato, e le sigarette.
Poi andremo di primo mattino, mentre fa ancora buio,
in un dicembre raggelato, dal vicino, tu prenderai la corda,
tu il secchio per il sangue…

(Jure Jakob, Macellazione)

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Poema dell’Etna

Yves Bergeret

[…] Bergeret definisce la sua poesia “geologica”, perché la sua ricerca poetica mira a riproporre un’unità originaria tra la terra e il cielo, tra le forze primordiali della natura e la forza evocativa della sua poesia-liturgia, come ben dimostra l’interpretazione metaforica dell’Etna. «Il vulcano – afferma Bergeret – è la violenza dell’origine, come se il dito di Dio si fosse impresso nella terra e la terra avesse cercato di trattenerlo e da qui è nato l’Etna, una forza di distruzione non pacificata come l’uomo che abita le sue pendici, tra lo stupore dei suoi fiotti di lava e la paura di una distruzione imminente». Continua a leggere Poema dell’Etna

Il cibo senza nome

Pasquale Vitagliano

La chiave di lettura della poesia di Pasquale Vitagliano è il percorso di una voce che insegue, mentre la vive con intensità, una definizione del caos tutt’altro che calmo della vita con le sue ricadute continue nell’ossessivo (“Non è riuscita ad agglutinarla neppure / il tempo…”). Quella vita che in mille rivoli e frammenti continuamente scivola via, scorre inafferrabile eppure è tenuta, provata, goduta per qualche attimo, anche se “Hai voglia tu a sperare che / domani la storia potrà essere riscritta. / Tutto quello che hai detto, e fatto / si riverserà dentro senza farsi domande”. Continua a leggere Il cibo senza nome

De(ll’)amore

Giarmando Dimarti

Il titolo De(ll’)amore innesca gioco linguistico tra latino italiano, incorporando quest’ultimo in una trasformazione (parentetica) della medesima sostanza che, pure, dichiara se stessa all’esprimersi tra due lingue, anzi della medesima, producentesi quale trasmutazione e, dunque, incrocio di tutte le vie.
Le vie che incrociano condividono sorte di labirinto. Essere, trovarsi, all’incrocio implica o essere avversi o incontrarsi.
La lingua del De Amore (così voglio chiamarlo in questa selva selvaggia in cui si appresta ad essere aspro e forte, con essa lingua contro di essa) insiste sulla liminarità di soglia. In questa consiste, perché da questa ricava il proprio statuto. Selva d’amore da percorrere iniziaticamente, ove la parola si colloca in un tempo senza temporalità, ma ne acquista: dalla sintassi del pensiero, dalla sua logica penetrante, ossessivamente parlante le forme del tempo, dalla metamorfosi, dalle origini nelle dissonanze della modernità. Continua a leggere De(ll’)amore

Repertorio delle voci (XIX)

Manuel Cohen
Umberto Piersanti

Tornando assolutamente a
I Luoghi Persi”.

«la nostra storia è l’ultima vicenda
prima che torni l’autunno, venga l’inverno
era quel giorno l’ultimo che resta
di un’età favolosa quando vagavo
sempre tra i colli con nuove compagne
trasale il sangue nomade che teme
la tiepida dimora che l’attende
che resterà negli anni fissa e immota
e non la muta il tempo e le vicende.»

(Dentro le alte nebbie, pp. 21-22).

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Francesco Tomada, nell’ordine dei nomi

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Nadia Agustoni

“E oggi qualsiasi cosa mi passi accanto, può suscitare un verso dei poeti che ho letto: è la mia biologia che li porta, il mio ritmo cardiaco, essi vivono nelle mie fibre, talvolta parlano con la mia voce, della rete misconosciuta di strade che li conduce dentro il futuro, io non sono che una remota stazione, finché il Tempo non estinguerà il mio tempo di uomo.”

(Pierluigi Cappello, La mela di Newton)

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La Biblioteca di RebStein (XXV)

La Biblioteca di RebStein
XXV. Novembre 2011

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Roberto CorsiLiliana Ugolini

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Gli occhi di Prometeo (2009)
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Gli occhi di Prometeo

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Roberto R. Corsi
Liliana Ugolini

(Dalla Prefazione di Roberto R. Corsi)

Questo progetto nasce intorno al dicembre 2008. Annotando e presentando al pubblico un libro antologico di Liliana (Tuttoteatro, 2007) mi è venuto spontaneo confrontare uno dei suoi procedimenti caratteristici – l’avvicinare personaggi mitologici a tonalità di colore – con l’esperimento tentato in musica da Aleksandr Nikolaevič Skrjabin (spesso “continentalizzato” in Scriabin o Scriabine) nel suo Prométhée ou le poème du feu, op.60 Continua a leggere Gli occhi di Prometeo

Sei sestine su nulla

Matteo Veronesi

“Che cosa cerca di venire a fine
alla cortina estrema del silenzio
ch’è come velo su sembianze morte:
forse l’enigma del sudario vuoto
il segno che non dice altro che nulla
e involto tace, di là d’ogni tempo?”

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Controfigure 4 / Scheda-padre

Antonio Scavone

     Mio padre ha avuto un ictus, gli si è girata mezza faccia, parla a stento. La paralisi lo ha colpito sul lato destro del corpo e lo ha dimezzato, diviso in due parti vistosamente distinte, ma lui proprio non se la sente di passare per disabile e così si dà da fare, si industria, un po’ si illude.
     È tornato al lavoro – l’hanno sistemato a confezionare pacchi nel reparto “Magazzino” – e si è messo in testa di poter riprendere l’altra metà delle funzioni vitali, quelle che gli sono venute meno per quella metà del corpo, come si dice, “offesa”. Nei momenti di riposo non riposa mai: fa delle lunghe passeggiate per il quartiere, si ferma a parlare con tutti quelli che incontra, si rade tutti i giorni, si prende cura della sua persona e persino mia madre ci fa capire – a me e a mia sorella – che anche a letto vuole dimostrare di essere quello di una volta. Continua a leggere Controfigure 4 / Scheda-padre

Lettere a Seneca

Lucilio Santoni

“Le donne, lo so, non dovrebbero scrivere / ma io scrivo”, inizia così Una lettera di donna di Marceline Desbordes-Valmore. È forse l’incipit più bello e più forte che poesia possa avere.
Così, con un’amorevole parodia, dico che lo so, non si dovrebbe fare un libro mescolando testi in prosa, testi poetici, lettere, pensieri, citazioni, ricette di cucina, commentari calcistici, stravaganze, provocazioni, gatti. Ma io ho voluto farlo. Continua a leggere Lettere a Seneca

Scuola di poesia

Massimo Sannelli

Le intemperanze saranno lette bene da chi ha orecchio: si tratta di cambi di intonazione, cioè di umore. Non c’è molto rigore, nemmeno nell’ortografia, e il lettore dovrà creare il suo ordine, liberamente, spezzando – si può fare – la serie dei frammenti. Dopo le parole in Rete, c’è stata una prima edizione sulla carta (Wizarts, 2010): qui è stata stravolta (tagliata e allungata), abbattendo – soprattutto – i suoi limiti interni. La scuola ha un corpo nuovo, forse più adulto ora.
     La coesione della docenza e della decenza ha portato alla nascita e alla chiusura della scuola nella Rete: per una violenta carità la scuola è apparsa, per una violenta carità ha abbandonato Internet. Per questa scuola ho perso il primo dei miei amici e il secondo dei miei maestri: il primo ha chiesto di non essere nominato nel «sottobosco», il secondo ha rinnegato il «capofila», perché non è più «oscuro». Continua a leggere Scuola di poesia

non potendo cantare il mondo che lo escluse / Reb Stein cominciò a leggerlo nel canto