Marco Ercolani
La tua domanda mi tormenta fin dall’inizio del nostro colloquio. Essere schiavi è l’inizio di tutto il dolore umano. Quando si è asserviti a teorie o a persone, si comincia a impazzire, proprio per combattere quelle prigioni. Da qui l’istinto di fuggire, l’ossessione del nomadismo. Ascoltare sì, ma non assentire al mondo come se ne fossimo solo gli specchi. Vivere da monaci in esilio, fuori dal mondo non per troppo tempo, solo per il tempo che siano noi a decidere. Mi chiedi se si può guarire dalla follia: non hai trovato medici competenti per risponderti? Ne deduco che ti fidi di me come psichiatra. Non so se fai bene, ma ho letto Freud e Binswanger, e ho capito che sono malinconico. La malinconia non è un’entità clinica ma il necessario riposo da tutte le malattie psichiche. L’uomo è una scia non richiusa. Torni in quella scia quando entri in una casa abbandonata e non trovi nulla: sono tutti corridoi, lunghi corridoi immersi dentro una nebbia; apri le porte, una per una, e se non trovi niente, pazienza; dietro quelle porte ci sono altri piani da salire, e se sopra non vedrai nulla, slànciati per altre scale, canta, sorridi. Finché non smetti di salire non smettono di esserci i gradini sotto i tuoi piedi. Niente chiude il viaggio. Ma bisogna fare attenzione alla fine della luce, ai muri freddi e improvvisi. Lì vedrai il limite, lì si spegnerà l’istinto nomade: e ti spaventerà la morte. (pp. 19-20)
Marco Ercolani, L’altro dentro di noi,
Verona, Anterem Edizioni / CierreGrafica,
“Piccola Biblioteca Anterem”, 2024.
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