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Icaro

(da: “La Foce e la Sorgente” – Quaderni, IV)

Lamenti di un Icaro

Gli amanti delle puttane
sono felici disponibili e sazi;
quanto a me, ho le braccia rotte
per aver stretto a me troppe nuvole.

E ringrazio gli astri disuguali
che fiammeggiano in fondo al cielo
se i miei occhi consunti vedono
solamente le memorie dei soli.

Invano ho voluto dello spazio
trovare il centro e la fine:
non so sotto che occhio di fuoco
sento spezzarsi la mia ala.

E bruciando d’amore per il bello
non avrò il sublime onore
di dare il mio nome all’abisso
che mi farà da tomba.

(Charles Baudelaire, Les plaintes d’un Icare, traduzione di Lucetta Frisa)

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Derrida legge Baudelaire

Ho l’onore e il piacere di proporre un nuovo saggio di Giuseppe Zuccarino. Lo studioso indaga i sempre stimolanti e originali contributi di Jacques Derrida questa volta relativi a Charles Baudelaire; Zuccarino continua così le proprie ricerche intorno alla luminosa e feconda presenza del pensiero francese del XX Secolo. [A. D.]

I paradossi del dono e della confessione in Baudelaire.

     All’origine del primo volume di Donner le temps di Jacques Derrida, c’è un seminario tenuto all’École normale supérieure di Parigi nel 1977-78. In seguito, una parte delle sedute del seminario è stata trasformata in una serie di conferenze esposte all’Università di Chicago nel 1991: sono queste a costituire la base del libro. Alla problematica del dono il filosofo aveva già accennato in vari volumi anteriori, ma in questo caso essa assume un ruolo centrale.     

Che l’idea di dono sia sempre inscindibile da una qualche forma di paradosso viene suggerito da Derrida fin dall’inizio. Egli infatti esordisce commentando una frase di Madame de Maintenon, sposa morganatica di Luigi XIV, che in una lettera a un’amica scriveva: «Il re prende tutto il mio tempo; io dono il resto a Saint-Cyr, a cui vorrei donarlo tutto». Ricordiamo per inciso che il verbo donner, oltre che con «donare», si può rendere in italiano in altri modi, come ad esempio «dare» o «concedere». Quanto a SaintCyr, è il nome di un’istituzione voluta dalla stessa Madame de Maintenon e destinata all’«educazione delle fanciulle povere e di buona famiglia. La sua fondatrice vi si ritirò e poté senza dubbio dedicarle tutto il suo tempo, secondo l’auspicio da lei dichiarato, alla morte del re, nel 1715». Benché la frase epistolare sia facilmente comprensibile, resta però bizzarra, e in apparenza illogica nel modo in cui è formulata: infatti, se tutto il tempo della dama di corte viene preso e occupato dal re, come può lei riservarsene un resto per donarlo a Saint-Cyr? Inoltre, a rigore, non il tempo in quanto tale può appartenere a qualcuno, ma soltanto ed eventualmente la scelta sul modo di impiegarlo. […]

Leggi il saggio completo di Giuseppe Zuccarino in
“Quaderni delle Officine”, CXXII, dicembre 2022.

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Baudelaire secondo Lucetta Frisa

 

Epigrafe per un libro proibito

Lettore pacifico e bucolico
bravuomo ingenuo e sobrio
getta via questo libro saturnino
orgiastico e malinconico.

Se non hai appreso la retorica
da Satana, l’astuto doganiere,
gettalo, non ci capiresti niente
oppure mi crederesti isterico.

Ma se, senza farsi sedurre,
il tuo occhio sa tuffarsi nell’abisso
leggimi, per imparare ad amarmi:

anima dolente e curiosa
che va in cerca del tuo paradiso
compiangimi! O ti maledico!

Continua a leggere Baudelaire secondo Lucetta Frisa

Quaderni delle Officine (LXII)

Quaderni delle Officine
LXII. Settembre 2015

quaderno part_ b_n

Giuseppe Zuccarino

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Variazioni sulla morte impossibile (2015)
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Fosca Massucco: la mira dell’occhio

Fosca Massucco Manuel Cohen
Fosca Massucco

REPERTORIO DELLE VOCI
NUOVA SERIE N.8 (XXXV)

Fosca Massucco:
la mira dell’occhio

L’esordio in volume di Fosca Massucco (Cuneo 1972), avviene in età matura, dopo un discreto apprendistato certificato da alcune pubblicazioni e premi (‘Anna Osti’ e ‘Città di Colonna La Tridacna’). A questi fattori estrinseci, oltre che ad un paziente lavoro sulla scrittura, è da attribuire il pregevole risultato de’ L’occhio e il mirino: un’opera prima che ci presenta una voce sicura nel passo, personale nelle movenze: parafrasando l’enunciato programmatico del testo e portandolo alle sue estreme conseguenze, si potrebbe riconoscere che il bersaglio o obiettivo sia stato raggiunto dall’occhio e con il mirino. Ma sarà utile per il lettore riportare un passo dalla prefazione di Dante Maffia: «Si avverte subito che la Massucco ha alle spalle molte esperienze che però ha diluite ricavandone impressioni, giudizi, sensazioni, percezioni che adesso la aiutano a saper guardare il mondo e a saperne leggere le coordinate. In ognuno di questi componimenti si avverte una saggezza che sembra provenire da terre lontane, dall’oriente, ed è per questo che la scansione dei versi ha risonanze di sinfonie. Ecco, musica e arti figurative entrano ed escono dal laboratorio della Massucco e fanno da contraltare con i suoi pensieri. È come se lei avesse fatto incetta di sensazioni e ora volesse riordinarle attraverso lo sguardo mirando al centro. E bisogna dire che ci riesce e riesce a creare anche una circolarità espressiva senza vere e proprie cesure. Continua a leggere Fosca Massucco: la mira dell’occhio

Morire dal lato sbagliato

Vicente Marti, Vision anatomica

Giuseppe Zuccarino

Morire dal lato sbagliato

     Se nell’esistenza dei viventi ci sono poche certezze, una di esse è costituita senz’altro dall’ineluttabilità della morte. Nonostante ciò, l’umanità ha spesso cercato di negare lo spiacevole dato di fatto, e un rilevante ausilio in tal senso le è stato fornito dalle religioni. Continua a leggere Morire dal lato sbagliato

I fiori del male

Charles Baudelaire
Francesca Del Moro

Sono passati cinque anni da quando ho terminato la mia traduzione dei Fiori del male, ultimo atto del dottorato di ricerca in Scienza della Traduzione. Solo ora, riprendendola in mano per apportare gli ultimi ritocchi, mi sono resa conto di quanto questo lavoro abbia influenzato la mia poesia. Di quanto la voce di Baudelaire continui a suggerirmi le parole. Eppure ho da tempo smesso di passare le notti a combattere con le rime e le misure dei versi, ad arrabbiarmi contro qualche parola capricciosa, o con qualche bellissima espressione cui non riuscivo proprio a rendere giustizia nella traduzione italiana. Quei “Fiori malaticci”, le immagini delicate o potenti, i racconti epici o quotidiani, il linguaggio dolce o aspro, le scene grandiose o raccapriccianti che si alternano nel “libro” di Baudelaire, sono rimasti piantati dentro di me. Continua a leggere I fiori del male

Nell’inferno della carne (II)

9788877992666g

Tiziano Salari

È la «gabbia d’acciaio» della razionalità, secondo l’espressione di Max Weber, che stringe in una morsa la società moderna (il mondo globale), da cui la poesia cerca dei varchi per liberarsi, quando non è nelle droghe, nel sogno, nell’ebbrezza, nell’Olimpo della forma e dell’estetismo aristocratico. Da una parte l’estrema funzionalità della scienza e della tecnica, l’utilitarismo che cerca di asservire tutto, compreso l’arte e la letteratura, ai propri scopi, dall’altra l’interiorità, il senso del tragico, la ricerca poetica, sempre più emarginata, che non riesce a scalfire o a incidere in quelle che sono le tendenze dominanti, ma getta un fascio di luce nel nostro errare esistenziale.

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Nell’inferno della carne (I)

9788877992666gTiziano Salari

Diceva Baudelaire che la carogna sotto il sole restituiva al centuplo alla grande Natura ciò che essa aveva congiunto insieme e che da quel mondo in putrefazione saliva una strana musica, come un rumore di vento o di acqua corrente. Nel Malte, Rilke se ne ricorda parlando della musica di Beethoven, che avrebbe dovuto avvolgere il mondo, restituire all’universo ciò che solo l’universo sarebbe stato in grado di sopportare, scorrendo come acqua o vento tra le montagne e i deserti della Tebaide.

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