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Il cesto dei libri sulle acque, 5

Cristina Annino

Casa d’Aquila

Vado verso la casa in una
miseria di caldo sopra di me, nella morta
estate senza onori.

Né telefono, fiori. Tento di capire che
dica l’uscio premendosi la bocca con le
mani. Che vuol
dirmi senza onori la casa? Non entro ma
guardo fuori l’oscillante lingua
dei piani.

Penso: non ci fossi più m’aprirebbero
con cerimonia, su fondo turchino e
le dita fari, leggendo quanto
ci misi a scalare
una casa vivendo. Sarebbe
la Verità, perch’avevo ragione
in tutto, e parlavo ai pesci del mare.

Alzo le mani senza resa, senza
voltarmi. Niente fiori, casa dolorosa; ti
peso sui due reni della bilancia. A chi
andrà
tutta questa ricchezza, lo spreco delle
forze, l’aquila dentro di me?

Cristina Annino
Magnificat
Poesie 1969-2009

Novi Ligure (AL), Puntoacapo Editrice, 2009

Pubblicità

Post-Kult, 3

Londra, settembre 1940, Biblioteca di Holland Park

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Oscillare senza cadere

Marco Ercolani
Cristina Annino

Marco, ho letto Turno di guardia tutto d’un fiato. Non poteva essere altrimenti, la tua scrittura è appassionante, limpida, addirittura gratificante per chi la legge, lo sai, inutile ripetere quel che ti ho sempre detto. Inoltre mi è piaciuto perché, più di un diario medico diciamo, o di osservazione e contenitore di malattie mentali, mi sembra che tu intenda teorizzare il rapporto follia-scrittura e adoperi il tuo posto di guardia come mezzo per esprimere concetti tuoi che avresti comunque. Una riprova, intendo. Continua a leggere Oscillare senza cadere

Blanc de ta nuque

Stefano Guglielmin

A poco più di due anni di distanza da Senza riparo. Canone e finitezza (Milano, La Vita Felice, 2009), un’opera complessa e affascinante nella quale l’autore ha cercato con coerenza di disegno ed esiti convincenti di far interagire, in un dialogo intenso e serrato caratterizzato in primo luogo dalla sistematicità e dal rigore della lettura e dell’analisi, le istanze teoriche che muovono la sua ricerca critica, ormai più che decennale, e un certo numero di scritture esemplari dell’odierno panorama poetico italiano, Stefano Guglielmin pubblica ora, con Blanc de ta nuque. Uno sguardo (dalla rete) sulla poesia italiana contemporanea (Bologna-Milano, Le Voci della Luna-Dot.com Press, 2011) l’intero repertorio di note, riflessioni, saggi, interventi elaborati, prodotti e resi disponibili in rete sull’omonimo blog in cinque anni di attività militante.

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EffeKappa

Franz Krauspenhaar

A una prima lettura, sembra che l’intero far poesia di K sia drammatico, in quanto drammatica ne è l’origine: stupore e ribellione di fronte all’orrore del mondo. Poi, e velocemente, tutto si capovolge, il drammatico diventa la grammatica che definisce un mondo costruito da un ego spropositato che trancia via ogni fede precedente, fiducia, senso reale del tempo o regola di viaggio.
     Egli “emana” intendo quasi fisicamente, non la visione che ognuno ha dell’universo con i vari rapporti umani e sentimentali, bensì una qualità di mondo utile a che lui solo possa soffrirne, sopportarlo e parlare. Disperarvisi dentro, nella fedeltà dichiarata a se stesso che quella rappresentata sia l’unica Terra possibile. E fa poesia. Continua a leggere EffeKappa

Le case del poeta

LE CASE DEL POETA

Conversazione con Cristina Annino
Nota e a cura di Nadia Agustoni

Proponendo a Cristina Annino una memoria delle sue tante case avevo in mente il lungo racconto di Nico Naldini, che fa da introduzione al libro di Pier Paolo Pasolini: “Un paese di temporali e di primule” 2001, dove i luoghi, le case e le persone sono restituiti nei vari momenti della vita e legati ad accadimenti significativi, sia per gli affetti privati che per il frangente storico. Quei paesaggi e le case di cui Naldini parla, sono insieme paesaggio e cultura. Nella cattiva memoria del presente, il concetto di cultura è spesso distante da quello di vita, perché talmente svilito e impoverito da essere inteso quasi solo in senso libresco. Ecco invece che siamo messi di fronte, con naturalezza, alla sua complessità e all’intera forza da cui ha origine. Continua a leggere Le case del poeta

Il racconto delle pianure

Cristina Annino
Nadia Agustoni

Il racconto delle pianure
Intervento sul libro di
Nadia Agustoni.

“L’affinità profonda e singolare tra poesia e morte – da Dante a Pavese – ritorna paradossalmente viva nell’ultimo libro di Nadia Agustoni, “Il peso di pianura”, riprendendo fili sospesi e fluttuanti di una delle sue prime opere, “Grammatica Tempo” del 1994. Ma nel frattempo qualcosa è cambiato nella poetica dell’autrice e questa sua nuova creazione appare letteralmente sconcertante rispetto alle precedenti pubblicazioni […] “ [Qui]

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Le parole che dobbiamo imparare

Nadia Agustoni

Le parole che dobbiamo imparare.

A chi scrive dall’esilio o dalla solitudine, da un’esperienza del margine vissuta a tratti collettivamente e quasi sempre individualmente, l’incontro con chi è già di là del margine, forse senza averne toccato l’alterità, è un arduo confronto. Uso parole come esilio, margine e alterità perché ognuna racchiude uno dei significati che hanno investito scrittura e vita di alcune generazioni negli ultimi decenni. Ci siamo affidati alle parole perché sono il luogo in cui immaginare l’utopia diventa possibile, ma l’utopia è ciò che non è mai presente, più simile al riattraversare il confine da parte a parte ogni volta, che a una concretezza. Qualcuno, dopo averle amate, ha rifiutato le parole, da principio con la forza del grido e in seguito facendo suo il diniego di un “Bartleby”, ma nonostante tutto quel “di là” utopico ci è rimasto precluso. Per questo è difficile sentire nostro questo tempo, ma cosa voglia dire scoprire un altro tempo, cosa compiono le parole quando hanno la presenza della propria tragicità e ci portano un’esperienza completa dell’umano, noi possiamo saperlo da altri.

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C’è bufera dentro la madre

Stefano Guglielmin

“Poesia percussiva che sottrae all’orizzonte spazio, creando invece un immaginabile tetto-limite-cornice contro cui le parole sbattono il loro significante per poi riabbassarsi. Movimenti ripetuti e cortocircuitati che costituiscono la bufera semantica per l’effettiva bufera che Guglielmin sta mettendo in scena.”

(Cristina Annino,
dalla Prefazione)

le lascia i graffi sul collo. e un bacio, talvolta.
capita quando smette di stare a vedetta, quando striscia
sul colmo del bene. appena la bile sfiorisce, lei lo veste
d’affetto come fosse un pulcino. gli alza le dita dal mondo
se le posa sul petto.

(Continua a leggere qui…)

***

L’azzardo totale

Marco Ercolani

“mettendo fine
ubiquamente di nuovo
allo stanco vocabolario
del mondo”

L’azzardo totale

«Penso/ alle strade di città, alle fonde/ piazze dei morti vuoti e scordati». I versi finali di Guardando uno sconosciuto dopo aver letto un fatto di cronaca sono emblematici della poetica di Cristina Annino. Si può dire che un soffio squassante e tragico percorra la lingua italiana con una sprezzatura affine solo alla poesia di Amelia Rosselli. «Dietro le sue imposte / chiuse l’uomo-soldato uccide forse e marcia / sui morti. Tutto è fermo, bianco e vorace». Niente lascia pensare all’esistenza anche vaga o remota di un io lirico. «Penso / a tanti casi ancora, altri morti in fila, / piccoli, storti e rigidi come birilli o dadi». Annino, fin da questa poesia, pubblicata in Ritratto di un amico paziente (1977), chiama il lettore a misurarsi con la sua voce, «tagliando a fette il reale e l’immaginario stereotipati, togliendo loro assolutezza, per gettarli appunto nel caos fecondo della lingua» (Guglielmin). Continua a leggere L’azzardo totale

Il processo

Cristina Annino

Oggi, alle quindici in punto, ora locale, portando Wolfang sul prato (roba da pazzi, ha vomitato ancora!) ho visto un enorme cumulo di luce rotolarsi, è il caso di dire. Nel giorno del mio compleanno, ha tremato la terra. Odiio!, insomma, il giardino davanti casa. Così mi sono informato, ed ecco che si deduce. Ci sarà un processo mondiale –tenetevi forte- la terra ha chiamato il suo santo, capite?, protettore, dice. Che roba! E’ stanca, pare, delle cacche di cane. Wolfang ha riso come un lacchè. Allora, dài, tutti a vedere il processo, gente, corriamo!!!

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The cats will know – di Stefanie Golisch

[STEFANIE GOLISCH]

cristinaThe cats will know
(A casa di Cristina Annino)

E’ un mondo nel mondo, il mondo di Cristina Annino.
Appena si apre la porta della sua casa romana si è dentro e pian piano il fuori comincia ad allontanarsi.

Qui valgono altre regole.
Qui si gioca a carte scoperte.
Non ci si nasconde davanti a se stessi. Perché il mondo di Cristina, i suoi fantastici quadri, abitati e animati da uomini, donne con lunghi capelli che sembrano incendiarsi verso il cielo e animali reali, surreali, iperreali, riporta l’ospite in un paese lontano, remoto, nascosto o reso invisibile all’io adulto, ben educato, razionale e molto ragionevole.

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Come lampade nella cenere – Cristina ANNINO

Testi tratti da: Cristina Annino, Casa d’aquila, Bari, Levante Editori, 2008.

Dalla sezione Canti d’aceto

Sosco (*)

Stamani ha piovuto; nel buco non
sentivi il baccano, sono impazziti
alberi. La piccola
foresta ha battuto la finestra con una
cinghia. Che cosa
stupida gli elementi! Questa forza
scempia o vigliaccata sonora, e l’aria
ride sulla terra con sufficienza di
prove. Continua a leggere Come lampade nella cenere – Cristina ANNINO

Un poemetto inedito di Cristina ANNINO

maximilian capa
(Immagine di Maximilian Capa)

DUE CIVETTE SUL COMO’

BELLO BU, giovane poeta laico, “politicamente impegnato” lui dice.
GEGE’, vecchio poeta di scuola tradizionale. “Ho un piede nel Nobel” dice lui.
OSPITE, anonimo lettore di poesia.

(Di notte sempre la stessa lagna! Due civette sul comò; anche al buio le vedo, sul serio. Grido dal letto:” Bello Bu, Gegè, vade retro! “ Lì stanno, invece, togliendomi il sonno, di coccio grigio, o vetro, coi corpi fosforescenti. Si spengono solo all’alba. Che c’entro, io, con loro? e come fanno, dopo, a volare via?)

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