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La fioritura dell’agnocasto / 1

Bellissimo, poi, per l’altezza e l’ombrosità è l’agnocasto che essendo al culmine della fioritura rende il luogo più profumato che mai (Socrate conversando con Fedro)

(dedicato a Francesco Marotta)     universa universis patavina libertas ● mi ripeto spesso il motto dell’Università patavina e ogni volta mi emoziona ● c’è un’installazione di Kounellis nel cortile principale di Palazzo Bo fatta di travi di legno consumate dal tempo e scheggiate ● l’artista le raccolse nella periferia della città, le pensò come segni materici della resistenza al nazifascismo ● e quelle travi alludono anche alla cattedra di Galileo, il perseguitato ● il cielo di Padova che si profila sulle cupole e sui minareti bizantini e orientali della Basilica ha una profondità che commuove ● i vetri della Specola riflettono ancora la vertigine della scoperta ● Padova è città d’acque e di cieli, andare e andare sotto i suoi portici è lasciar risuonare nella mente passi che pensano, che meditano

Le lointain / Il lontano

Yves Bergeret

Tratto da Carnet de la langue-espace.
Traduzione di Francesco Marotta.

Un pas puis l’autre
le lointain n’hésite pas ;
les chiens hurlent,
est-ce de joie ?

Les marées rapprochent écartent les montagnes
que tant de violence intimide
harcèle le jour la nuit.

Et si le lointain à pas sûrs s’approche encore
on sait coudre le cuir des montagnes :
tes doigts, le dur buis, le fil de la parole.

*

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Perché ci resti l’albero

Sédentaires aux ailes stridentes
Ou voyageurs du ciel profond,
Oiseaux, nous vous tuons
Pour que l’arbre nous reste et sa morne patience.

Sedentari dalle ali stridenti
o viaggiatori del cielo profondo,
noi vi uccidiamo, uccelli,
perché ci resti l’albero e la sua mesta pazienza.

*

René Char, Fête des arbres et du chasseur
(Festa degli alberi e del cacciatore),
“Quaderni di Traduzioni”, vol. LXXIX, ott. 2022.

*

Una carena infinita

Yves Bergeret

Parle la montagne

Tratto da Carnet de la langue-espace.
Versione di Francesco Marotta.

*

La tua vita: sedimenti, argille, sabbie.
Io sono la barca che puoi tirare a riva.

Rifletti.
Io sono una carena infinita.

Sono il rimbalzo di mille
fossili e utopie masticate.

Mettimi nella tua bocca.
Saprò sedurti.
Farò di te un’ancora.
Marosi e bruma svaniranno.
Sarai granito.

Chi vuole salire ascolta.
Sente il bordone millenario.
Lo protrae per mille anni ancòra.

*

Dimore

(da qui)

Le torrent met l’espace dans son lit.
L’espace met l’homme dans le lit du torrent.
Le torrent porte à l’océan l’homme allongé.
Debout voyage l’étranger
qui met l’espace dans sa gorge et le chante.

Il torrente depone lo spazio nel suo letto.
Lo spazio adagia l’uomo nel letto del torrente.
Il torrente porta l’uomo disteso verso il mare.
In piedi viaggia lo straniero
che accoglie lo spazio nella sua gola e lo canta.

*

Immensa materna montagna

Yves Bergeret

Parle qui grimpe

Tratto da Carnet de la langue-espace.
Versione di Francesco Marotta.

Tendo il braccio sinistro
fino alla grotta dove nasce il vento.
Tendo il braccio destro fino al letto
dove mia madre mi ha partorito.
Serro le dita.
Mi tiro su, sulla parete.
Ne spingo via la notte.
Ne sciolgo i chiodi di sofferenza.
Mi arrampico.

Le altre montagne intorno si abbassano
e io salgo.

Le mie dita cercano i gradini opposti,
mi aggrappo e salgo.

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Scalare

Yves Bergeret

Grimper.
Tratto da Carnet de la langue-espace.
Versione di Francesco Marotta.

Tra mani indurite
all’estremità di braccia nodose
e altissime ripide rocce
una fumarola: tu.

Due ere coesistono qui: lava ed erosione,
in sostanza due energiche lime
simili a due cavi neri, elastici.
Sinuosi come felini.
Che si incrociano solo sulla parete,
come voli e gridi di rondoni.

Gridi che vengono dall’alto
e attraversano lo spazio,
la splendida ruvida distesa
che stai percorrendo.
Lo spazio ti fa cenni
di assenso con la testa.
Il sudore che gli cade dalla fronte
crea le montagne,
gocce nate tutte
dal tuo doppio grido sulla parete.

*

La mano che canta

«Voyez, allez, apprenez, c’est le chemin de la vie que vous devez mener, bâtir, terrasser, inventer. Moi, je broute ma vie autour de mon rocher. Mais c’est ma vie-empreinte que je veux vous donner, recevez ces pierres aussi vides que les étoiles, recevez».

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