Archivi tag: giuseppe feola

Creazione continua, V

d4c5a6a09aacc5c3bca72e6295565699_mediumGiuseppe Feola

Esistere / Creazione (XXVII)

Nello spazio del mondo trova posto
la vertigine nuova dell’esistere:
lo sguardo delle cose
chiama il tuo sguardo;
i fiori dell’oceano, le stelle del-
la terra, i vortici del cielo: insistere
del moto; la torsione
di tutto su se stesso:
e sotto a tutto,
dentro la notte ultima del senso,
quest’universo che non ha riposo.

Tratto da:
CREAZIONE CONTINUA, V

Creazione continua, IV

d4c5a6a09aacc5c3bca72e6295565699_mediumGiuseppe Feola

Rumore di fondo

Calpesto in silenzio il volto del mondo:
l’acqua del cielo rispecchia i miei passi.

Venti, onde, alberi, uccelli: in alto, in basso,
forme s’intrecciano
– si svolgono, diffondono segnali.

Nel cavo dell’orecchio, nello specchio
dell’occhio, crescono
le nuvole di antichi temporali.

Il favo del tempo è un bianco ruggito
d’oceano: si struggono le cose;
trapassano nel grembo risonante
del reale.

Dell’universo ascolto il
riverbero:

ascolto il grande rumore di fondo.

Tratto da: CREAZIONE CONTINUA, IV

Creazione continua, III

d4c5a6a09aacc5c3bca72e6295565699_mediumGiuseppe Feola

Sole
ἐκπύρωσις

La bianca
luce da cui si schiude il vento, all’alba,
la pietra da cui erompe
verde fiamma d’erba nella notturna
vertigine del tempo, il riluttare
insonne
di ogni sentimento, nello scorcio
tagliente
di vita che rimane

– che sarà mai domani tutto questo,

di fronte
all’esistenza del tuo occhio immane,
immagine visibile del Tutto

da cui creati siamo,
dal cuï sguardo il
povero nostro incerto
incedere nell’ombra, tardi o presto

sarà infine distrutto?

Tratto da: CREAZIONE CONTINUA, III

Creazione continua

anime (1)

Giuseppe Feola

Mattinale

Sono cadute le stelle alla foce,
nel mare della luce che s’allarga.
Il fiume è solo un velo che, di notte,
si disfa, e fa parere i desideri
fissi e lontani, al fondo d’un abisso:

l’occhio destro del cielo,
risorto, lo ricuce
prima che l’ombra, di lì, si cosparga
negli occhi dei viventi, e che li azzeri.

(Leggi l’intera silloge in “Quaderni di RebStein“, XLIV)