un altro giorno di sabbia senza impronte
scivola tra le dita, prende fuoco alla luce ostile
che instancabile danza dove più esile invecchia la luna –
la notte non ha più segreti
e i suoi doni rivelano al corpo
l’estraneo chiarore che avvicina ossa e ombre
in un abbraccio, un colore indefinibile che ama il freddo
come il mattino le rose cresciute sulla lingua –
il tempo che credevi privo di esistenza
compone la sua opera, conserva nel palmo
neve che profuma al tocco dell’aurora,
e intanto tu guardi il letto, il bianco del lenzuolo
aggrumarsi in macchie di calore, tendersi lacerarsi
fino a che il cielo si abbassa all’altezza dello sguardo
(il dolore naviga nella stanza
come una vela inquieta in uno stagno immobile,
cade dagli occhi, squama la pelle sul labbro
e la voce brucia, raggelata, come una stella
nei sogni del vento –
a casa, perdute nel lontano,
le mie carte parlano al silenzio parole che non conosco,
si affidano all’angelo amaro degli assenti
perché ancora un’eco rimanga – una lenta
nostalgia del mondo
mentre la morte gioca a nascondersi nei nidi del sole)
(da qui)