Archivi tag: inediti

Da un libro a venire di Nino Iacovella

Nino Iacovella acconsente alla pubblicazione di un’anticipazione di un libro che ho avuto il privilegio di leggere in anteprima: La parte arida della pianura.

Una scrittura controllatissima e rigorosa, un’idea di poesia aliena da ogni narcisismo e lirismo, una rara lucidità di pensiero e di giudizio innerva pagine destinate a segnare la scrittura in poesia del tempo che stiamo così angosciosamente attraversando.

La scrittura di Nino è istanza di libertà e intransigente scelta etica, politica, resistenziale.

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Il mosaico dei ciechi, Una lettura dell’inedito “Colono 22” di Chiara Catapano

Non so dove sia il boschetto in cui Sofocle fa morire Edipo. Oggi Colonòs è il campo di sterminio degli alberi, l’insulto all’equilibrio della natura, che è poi l’unico vero “splendore” umano, il suo incespicare, il suo cadere, il suo niente.

E nel niente di tutto ciò che si spegne, ed era, nel niente di quel bosco in cui Edipo finisce di vivere – e inizia a respirare, finalmente, spegnendosi –, in questo vuoto saccheggiato si apre, silenziosa, la corolla della memoria. Intorno, all’improvviso, si fabbrica il silenzio del petalo.

Per irrompere nell’orrore di telefoni, metro, uffici e bar, basta una lacrima che, da sola, ha “divelto il giorno”. Questa lacrima che ha “divelto il giorno” mi ha aperto il sentiero in questa scrittura.

In una specie di discesa nel silenzio, quando fuori degli occhi un mondo rotto si accatasta deforme su sé stesso, nel fondo di qualcosa – che potremmo essere noi stessi – avviene un altro mondo, che si costruisce, o si ricostruisce inseguendo un equilibrio.

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Emilio Coco, Inediti da “La casa”

Nella zona più buia della casa
dove le tapparelle sono sempre abbassate
e le luci del grande lampadario
in falso stile inglese vittoriano
è da anni che si sono fulminate
e nessuno si è preso mai la briga
di sostituire con le nuove a led
le nere lampadine a tortiglione
troneggianti sui bracci con doratura a foglia
che farebbero gola
ai fanatici amanti del vintage.

In questa stanza di quaranta metri
che funge ancora da salotto e studio
anche se ormai non v’entra più nessuno
si aggira traballante un uomo solo
cercando compagnia tra i vecchi libri
che piangono l’assenza di una mano
sul dorso o tra le pagine.
Quasi a chiedere scusa, allunga le sue dita
a tastare la pelle raggrinzita
dei classici Aguilar, li sfiora a uno a uno,
quei corpi inerti, che più non sobbalzano
alle folli lanciate del cavaliere errante.

Senza profferire una parola
accosta il petto allo scaffale e cinge
in un unico abbraccio incontenibile
tutti e trenta i volumi.
Resta così finché viene distratto
da un brusio di passi alle sue spalle,
volge lo sguardo e scorge Dulcinea
splendente come rosa,
in abito di schiuma vaporosa
coi capelli che indorano
la sua svelta figura.

Un’alchimia di luci e di colori
riempie la sala mentre la donzella
stringe il suo cavaliere contro il seno.
Si spengono le luci e nuovamente il buio
ogni cosa ricopre col suo velo
nella mia stanza triste di poeta.

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Qualche appunto che mi hai chiesto

(più che a margine, provvisorio)

testo e foto di Mia Lecomte

Da bambina ripetevo convinta: «Tanto morirò presto». Qui la materia è labile, effimera. Il corpo si indossa distrattamente, sghembo, senza riguardo. Cadrà, sparirà, non ce ne accorgeremo neppure. C’è una grande eleganza – nessuna volgarità, tristezza, rassegnazione – anche nella povertà, nella sporcizia. Quello che conta è altrove e insieme profondamente in noi. Si sta come se non si stesse. Mai.

Come se fossi tornata a casa dopo tanto tempo. A colazione, la mattina.

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Chiara Catapano, Un paesaggio cresciuto dentro


Di quando Majakovskij in sogno ha letto una mia poesia

Considera questo: nulla di diverso
Solo una nota vagamente asprigna sull’amara radice.
La voce più tremenda della sua apparizione;
Le parole, scheletri di luce.
E lui seduto, terastico impassibile
Frusta l’aria dentro l’ugola russa.
Majakovskij non mi era mai venuto a trovare in precedenza;
L’ho considerato un gesto delicato
Compiuto senza troppi complimenti,
Alla sua maniera.

Ha raccolto i miei versi in grappoli metallici
Il succo lo premeva fuori
Schiacciando tra le mandorle
Dei denti, chicco dopo chicco
Il latte di un qualche arcaico sacrificio.
Ma poi com’era carico di senso il suo idioma
Una sorta di terra vergine tra il russo e il sogno;
Io dipingevo i suoni a doppia lama
Che non raggiungevano niente e nessuno
Ma che s’ incatenavano all’aria vibrante santità.
Il Dio ebbro della poesia non cercava più la sua morte,
E lui pareva contemplato dai cieli
Splendido, inarrivabile.
Il brusio della vita calato in quel fosco paradigma
Dentro l’ingranaggio dell’uditorio
Nel perfetto silenzio divaricato tra le parole.

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Tre poesie tre di Carmine Vitale


1

mi ricordo che una sera
stavo facendo i conti (in tutti i sensi si potrebbe dire)
e d’improvviso ho smesso
era stata una giornata lunga piovosa perfetta per ricordare il passato
avevo bevuto due caffè nel pomeriggio
e tentato la fortuna segnando i numeri

Però si è accesa un piccola luce sullo schermo
MV
(pensavo che spesso trabocchiamo di stupidi sensi e crediamo che tutte le parole messe in fila come un tram legato ai fili diventino poesie)
La metafisica il mammut most valuable player
Se deve piangere si accomodi da questa parte, prego.
E invece:

“immagina la primavera astrattamente:
bocca appena dischiusa
a febbraio inoltrato, che infiltra di ruggine
l’oro del cielo
come nelle icone della tenera età
in cui il nero e la doratura
segnavano i mondi polari.
Il Bene e il Male, come due flotte ostili,
conversero, mischiarono le navi
e terra non fu data al loro mare.”

Devo aggiungere altro?

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3 (inediti) di > Manòlis Anagnostàkis


Traduzione e introduzione di
Crescenzio Sangiglio

Le poesie che seguono non risultano inserite in nessuna raccolta di Anagnostakis. E sono del tutto sconosciute, praticamente sono come inedite, essendo apparse una sola volta, rispettivamente negli anni 1945, 1946 e 1947, nella rivista anti-regime Ελεύθερα Γράμματα, “Lettere Libere” poi eliminata dalla circolazione e letteralmente scomparsa e inesistente. Sono state ultimamente ritrovate dallo studioso e ricercatore Vassos Vomvas che le ha affidate allo scrivente per la traduzione italiana.)


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Lisa Sammarco: quattro poesie da “Trenta poesie d’amore e nessuna strategia”

Lisa Sammarco su Perìgeion

ieri sera mentre come ogni sera tiravo giù le persiane
ad un tratto mi sono fermata
presa dal dubbio che fuori la sera fosse un errore
come quando all’improvviso qualcuno chiama
e invece il tuo pensiero è già nella quiete che rabbuia i vetri

[leggi tutte le poesie su perìgeion]

perìgeion

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Corpo di fondo, inediti di Lucianna Argentino

Julian Schnabel, Portrait of Stella, 1996


Scappo nel rifugio antiaereo della terza persona, invio un altro nei campi minati del passato. Lo stesso che una volta era alla prima persona, era io, e ho paura di chiedere se è ancora vivo. Sono vivi coloro che noi siamo stati?

Fisica della malinconia, Georgi Gospodinov


(i poeti)

Sta dalla parte di quelli che usano le parole per cercarsi nel buio che rosicchia la luce e ai quali accade, a volte, un di più di vita o una sottrazione perché essi vivono nello squilibrio – scomposti senza baricentro – obliqui equilibristi dell’invisibile. Senza consenso.

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Unici argomenti

Jeremy Jeddes, Wilderness, 2019, tecnica giclée

Riccardo Martelli


I

meglio le resine del suo corpo e del suo cibo
della prosopopea che cola dalla riunione di amici
chiamami come le ultime due cifre del mio cellulare
mi rammenterai meglio
esco imbevuto del suo profilo stagliato su pareti squallide
non potendo non volendo fare il fotografo
che attende lo spostarsi del sole
non mi sono allenato invano
la mia moral suasion che non sintetizza alcaloidi
la libido che porta a inselvarmi
unici argomenti dei calembours e aneddoti remissati
sul tuo divano o tra i tuoi condimenti disgustosi riposo
non amori ma massaggi rilassanti
non versi piagnoni mi interessano risate piene
proseguire nella sovrascrittura della giornata
preparando un antidoto grossolano abbastanza funzionante

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La rivoluzione ha ignorato Bach / prima parte (di Rocco Brindisi)

img_2270Il giorno del rapimento di Moro, la piazza grande era affollata. La maggior parte della gente passeggiava. Pure i compagni, che di solito la evitavano. Non ricordo se ci fosse il sole. Leggevo, nei loro volti, una quieta esaltazione.  Quello che era successo non mi commuoveva e neanche m’inquietava. Mi incuriosiva.  Non  mi sentivo toccato dal massacro della scorta. Non amavo i poliziotti, nessun poliziotto si era mai ribellato a un ordine ingiusto, al disonore di sparare su una folla. Questa convinzione non mi ha mai abbandonato. È anche vero che non ho mai applaudito all’uccisione di un poliziotto.  Continua a leggere La rivoluzione ha ignorato Bach / prima parte (di Rocco Brindisi)

Massimiliano Damaggio: Bottiglie per i naufraghi

                                   a Francesco Marotta


Le parole che non trovi
sono tutte in certi uomini
impegnati a coltivare interi alfabeti d’aria

E anche se nel posto dove vivono
l’unica acqua è quella della pioggia
loro li affidano a certe bottiglie per i naufraghi,

che se non s’infrangono prima
c’è il rischio che possano perfino
dissetare

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Anna Salvini, Chiudere gli occhi per prima (Inediti)

Premessa: non sono molto brava a presentarmi  e non so mai cosa dire; preferisco che siano le parole a dire chi, in parte, sono. Io sarei molto sintetica, così:  “Calma apparente” è la mia opera prima, pubblicata da Interno Poesia nel 2017 e andata in ristampa nel 2021. Nel tempo i miei testi sono stati pubblicati su: Poetarum Silva, Versante Ripido, Cartesensibili, Rebstein, Perìgeion, Margutte, Interno Poesia, Poeti Oggi, La poesia e lo spirito. Anna Salvini.


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Riflessi (sette inediti di Gianluca D’Andrea)

Ho l’impressione che, con la coerenza che ne contraddistingue la scrittura, Gianluca D’Andrea stia cercando di andare oltre la cronaca e oltre la storia (presenti e affrontati in maniera convincente in tutti i suoi libri più recenti) per approdare a una visione capace di fondare e, in qualche modo, spiegare il presente e il contingente: il ductus poetico rimane quello di Transito all’ombra (Milano, Marcos y Marcos, 2016), sempre saldo e affidato a una sintassi articolata e sorvegliatissima perché D’Andrea mai ha perso la fiducia nella capacità raziocinante della mente e sempre ha cercato nel linguaggio quegli strumenti capaci di dire con lucidità – le questioni di riferimento possono essere rintracciate, humus fertile, in Postille (Forlì, L’Arcolaio, 2017) e in Forme del tempo (Osimo, Arcipelago Itaca Edizioni, 2019).

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Nino Iacovella: Le pareti del Minotauro (inedito)

di Nino Iacovella

(inedito dal libro in preparazione “La parte arida della pianura“)

 

Antonietta avrebbe visto il suo destino
ancor prima che nelle carte

dentro al silenzio, al lupo nella stanza,
sulla neve del pavimento
dove brulicano gli inverni
a portata di mano

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Marco Ercolani: le mura intorno (inedito)

 Marco Ercolani ha affidato alla Dimora del Tempo sospeso un suo libro inedito, scritto tra l’agosto 2018 e il settembre 2019, intitolato Le mura intorno. 

Per tre lunedì consecutivi pubblicheremo frammenti dal libro e poi, nella Biblioteca di Rebstein, l’opera completa.

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Nino Iacovella: La donna del lago (inedito)

La donna del lago

La testa snodata, infinita del sogno
che nuota nell’acqua scura del lago

Ci si desta sempre quando lo scenario non coincide,
ma adesso non ci sono risvegli ad attendere

ed è un abisso il fondale delle notti

“L’amore è bello solo se è vero amore” scriveva Gabriella
come se le parole riemergessero a galla,
un colpo di pistola, la testa bucata nel sonno
un corpo alleggerito dalla morte che risale
con il pigiama, le mani legate, i piedi senza scarpe

Il sogno non distingue appieno la natura degli ostacoli
se tronco, pietra, corpi, come un pesce nuota

con occhi divisi e contrapposti
per guardare l’intero spazio, profondo
degli uomini che vanno a morire

Il sogno guarda, sgrana la catena che oscilla
come un’alga sul fondale, un cordone ombelicale
che arriva sino alla donna affiorata sul limbo dell’acqua,

Il corpo di lei era avvolto con un telone di plastica bianca,
legato in tre punti con cinghie da tapparella
appesantito da tre blocchi di cemento armato
ai quali il suo uomo l’aveva incatenata

Dicono che i circuiti neurali durante le notti
s’illuminano, arabeschi di luce, fuochi d’artificio
in un giorno di festa,
e qui la pietà è un filo che non si spezza

dalla nuca come un sogno che entra nel sogno,
il proiettile cambia sembianze, non è più un cuneo di piombo,
ma la macchia nera che vediamo quando si guarda in faccia il sole

ed è un attimo, quell’attimo di grazia
che oscura l’esplosione del colpo
e le nasconde l’arrivo della morte

inedito da Madre della violenza (La Parte arida della pianura)
Omicidio di Cernusco

 

Ecco 21

0b298-img_5998Valter Lauri

Ci sono generazioni intere di poeti che si affacciano, che ridetermineranno il canone della scrittura – alcuni di certo a buon diritto perché ne saranno capaci -, che si vedono dedicate antologie sugli anni ’60, ’70, ’80. E’ giusto che sia così, è nell’ordine naturale delle cose, va bene. A volte però ci si imbatte per caso in qualche pensionato che, dopo una vita intera passata a fare altro, sente il bisogno di scrivere. All’inizio sono pensieri sì carini, ma che fanno quasi sorridere e si accettano perché chi li ha messi giù ha acquisito quantomeno il diritto di essere ascoltato. Dopo un anno ti accorgi che le cose diventano serie, c’è una ricerca che procede, una consapevolezza espressiva che matura.

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