Il nome Osip ti viene incontro. L’eco dei passi lacera la tenebra stagnante dei tuoi sensi. Ti apre un varco tra i silenzi e le piaghe di un’esistenza che puoi solo immaginare. Viene a mostrarti i frutti di una terra che germoglia sotto il fuoco. Ti accolga l’abbraccio della lampada muta che accende ogni notte sulla soglia. Ti accolga il vento che dalla soglia soffia parole d’acqua alla polvere. Che rifiorisce le voci mai placate dei morti che gridano giustizia dal ciglio ferito dei suoi occhi. Questa è la casa, dimora dei viandanti, qui c’è la tavola che invecchia e che rinasce ad ogni incontro. La mensa di spighe mature imbandita per il transito degli anni. Guarda. Non si consuma l’olio del lume che ti aspetta, se arde nella coppa delle mani la luce fraterna degli sguardi.
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Dialogo con José Saramago
Massimo Rizzante
José Saramago
“Il dialogo a cui faccio riferimento riguarda non tanto i morti quanto un passato di esseri viventi, dove la memoria di ciò che è stato pensato, detto, sentito e compiuto è sempre presente in uno spazio e in un tempo nei quali siamo in grado di vedere gli uni e gli altri – i vivi e i morti – contemporanei di tutti e di tutto. In altre parole: riunire i due archivi in uno solo…”