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Pensare il volo (7)

Pensare il volo, pensarlo come slancio della mente e dello sguardo, identificarlo con il necessitato senso di libertà e con il sogno, lucidissimo, di menti intese a liberarsi dal giogo della gravità.

Enigmatic Whisper

Quando Rosa Barba riprende le sculture sospese nell’atelier di Alexander Calder e, montando il film, associa le immagini delle opere in moto al suono di quel medesimo loro incessante muoversi, ne fa, insomma, la colonna sonora del proprio lavoro, congiunge in un unico atto filmico il proprio incantamento per l’arte calderiana, l’idea di arte in Calder – liberazione traverso il movimento e la leggerezza: le strutture e le forme sospese sono mosse soltanto dal moto, altrimenti invisibile, dell’aria -, la presenza costante del suono, il variare della luce lungo l’arco del giorno.

Leggo Pascal Quignard: Olivier Messiaen, nel cuore del XX secolo, ha scritto: «Gli uccelli sono i più grandi musicisti del pianeta». Andava ripetendo che «uccellini e uccelline» sono i «maestri degli uomini». Che rappresentano i «testimoni naturali della musicalità assoluta durante l’evoluzione nel corso del tempo». […] La casa dove vivo in una stradina di Parigi è vicina a quella dove viveva Messiaen. Là vive ancora suo figlio. Ci separa un giardino ridiventato selvaggio. È un perduto da aggiungere alla Perduta, che è la natura stessa. Condividiamo lo stesso usignolo, gli stessi merli scuri, le stesse grida laceranti dei gatti, la notte, come bambini che piangonoBute (Analogon edizioni, Asti 2014, traduzione di Angela Peduto, pagine 34 e 35).
Suono ed empito al volo sono dunque concomitanti, si alimentano a vicenda, si liberano a vicenda. E a Parigi si può abitare un tempo specialissimo nel quale continuare a essere contemporanei di Olivier Messiaen.

Pensare il volo (5)

Pensare il volo, pensarlo come slancio della mente e dello sguardo, identificarlo con il necessitato senso di libertà e con il sogno, lucidissimo, di menti intese a liberarsi dal giogo della gravità.

Leggo Pascal Quignard, leggo Bute (Analogon edizioni, Asti, 2014, traduzione di Angela Peduto, pagina 60): Timogene ha scritto: di tutte le attività colte la musica è la più antica, solo il movimento della luna la precede.
Bute, uno degli Argonauti, si getta senza esitazione nel mare per raggiungere a nuoto l’isola delle Sirene allorché la nave Argo giunge nei suoi pressi mentre Orfeo intona il canto che vinca il canto delle Sirene e salvi i compagni – Quignard dedica l’intero libro al gesto di Bute e alla musica (Rari, molto rari, gli umani che si gettano nell’acqua per raggiungerne la voce, la voce infinitamente lontana, la voce nemmeno voce, il canto non ancora articolato che viene dalla penombra.
Qualche musicista.
Qualche scrittore più silenzioso di altri, dentro pagine ancora più mute – op. cit. pagine 76 e 77).
E non riesco a scorgere differenza o distanza tra il desiderio del volo (o, almeno, di librarsi al di sopra dei ganci e degli artigli e dei lacci che tentano di trattenere, di legare, di frenare, d’impedire) e lo slancio del tuffo di Bute verso l’acqua, ch’è pure del tuffatore di Paestum (anche a lui Quignard fa riferimento) – è la mente che sceglie lo slancio a capofitto, in giù, appunto, apparentemente opposto allo slancio teso verso l’alto, al salto o al distacco dal suolo: ma determinante è, credo, il fatto che sia la mente a scegliere il tuffo o il salto, il che è l’esatto contrario che subire il salto o il tuffo; Bute obbedisce al richiamo dell’origine, il desiderio del volo segue quel richiamo come se esso provenisse da un’altra acqua, fatta di luce e di aria; e, infatti, è il movimento della luna una delle fascinazioni che attraggono al volo e che suggerisce ritmi musicali, così come il canto delle Sirene attrae al tuffo a capofitto nel mare. E la musica sembra stare nei pressi dell’origine, subito dopo il moto anch’esso musicale della luna.
Se poi la scrittura non dimentica, a sua volta, la propria anima musicale, allora il desiderio di volo e il desiderio di nuoto si ricongiungono in movimento di danza che attraversa il corpo anche (e proprio) mentre scrive.

Breve saggio su Milano (un notturno)

Il centro di Milano va svuotandosi delle persone, chiudono gli ultimi locali di ristoro, quasi più nessuno nelle strade e nelle piazze, piccoli mezzi del servizio di nettezza urbana, i lampeggianti accesi, ronzano a ridosso di un marciapiedi o in un angolo.
Il centro di Milano senza vocio e quasi senza rumori, senza andirivieni e senza l’eccesso delle luci che esplode dai negozi in strada, cerco il centro di Milano restituito al silenzio e alla solitudine apparente dei suoi edifici.

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Depressione e amicizia

Giuseppe Zuccarino

Depressione e amicizia

Dopo aver pubblicato nel 1976 un volumetto narrativo, Le lecteur, etichettato come récit (racconto), tre anni dopo Pascal Quignard fa uscire il suo primo romanzo, Carus[1]. Nell’avvertenza all’edizione riveduta del 1990, l’autore chiarisce che il titolo dev’essere inteso come un omaggio a due autori latini: «Orazio invecchiato, riflettendo sulla propria vita, la giudicò esente da ogni rimprovero giacché egli era stato caro ai suoi amici: carus amicis. Si dà il caso, inoltre, che Carus sia il cognomen di Lucrezio, che è il patrono segreto di questo libro»[2]. Quignard tornerà a ricordare la formula oraziana anche in opere successive, come Albucius («L’ambizione che nutriva un antico romano del tempo della repubblica era di essere definito, dopo l’incinerazione, “carus amicis”, caro ai suoi amici») e La haine de la musique («Orazio invecchia. Quintus Horatius Flaccus riflette sul corso della propria vita. Di colpo, la considera giustificata per il fatto che egli sarà stato “caro ai suoi amici”. Carus amicis. Queste sono le parole che scrive Orazio, con lo stilo tremolante»)[3].

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Le ombre erranti

Pascal Quignard, Les ombres errantes Pascal Quignard

Tratto da:
Les Ombres errantes
Paris, Éditions Grasset, 2002
Traduzione di Stefania Roncari

 

Capitolo XXXVII
Terrore

Ludwig Wittgenstein fu il teorico della scomparsa del linguaggio.
La Sprachlosigkeit è il nome che fu dato in Germania nella guerra del 14-18.
Indicibilità di ciò che è stato vissuto al fronte nelle parole – per non parlare della Propaganda che è in uso prima.
La lingua cessa di essere un ponte tra l’Ego e il Cosmo.
La voglia di dire si perde nelle cesure.

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Quaderni delle Officine (LXIII)

Quaderni delle Officine
LXIII. Novembre 2015

quaderno part_ b_n

Giuseppe Zuccarino

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Due immagini-chiave per Quignard (2015)
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La vendetta della maga

Giuseppe Zuccarino
Pascal Quignard

Al ripensamento dei miti greci è dedicato anche un altro volumetto [dopo Boutès e Lycophron e Zétès], sempre incentrato su un singolo personaggio, in questo caso Medea(1). A prima vista, si tratta di un piccolo lavoro d’occasione, destinato a uno spettacolo rappresentato per la prima volta nel 2010. Gli interpreti erano lo stesso Quignard, nelle vesti di lettore del proprio testo, e la danzatrice Carlotta Ikeda, che nella sua lunga carriera di coreografa ha mostrato di saper unire il butoh giapponese alle tecniche di danza contemporanea occidentali. In realtà l’argomento scelto, vale a dire il personaggio di Medea, è ben radicato nell’immaginario di Quignard, specialmente grazie alla sua conoscenza delle letterature classiche. Continua a leggere La vendetta della maga

Cassandra e la letteratura

Giuseppe Zuccarino
Pascal Quignard

Cassandra e la letteratura

Può stupire l’inclusione del libro di un narratore, Pascal Quignard, in una collana di poesia. E in effetti Lycophron et Zétès (Paris, Gallimard, 2010) rappresenta un prodotto anomalo per molti aspetti. Comprende due testi assai diversi fra loro: il primo è la traduzione dal greco di un poema di Licofrone, il secondo uno scritto nuovo, costituito da una serie di divagazioni in prosa. Procediamo con ordine, ricordando innanzitutto che a un Licofrone vissuto nell’epoca ellenistica (gli studiosi sono però discordi sull’identità e la collocazione cronologica di quest’autore) si attribuisce un poema, Alessandra, famoso per la sua oscurità. Si tratta di un lungo e intricato monologo della protagonista, Cassandra (Alessandra è una variante del nome), la più bella tra le figlie di Priamo, profetessa infallibile ma anche giovane sventurata. Infatti, per volere di Apollo, nessuno crede alle cose vere da lei preannunciate e, dopo la conquista di Troia da parte degli Achei, il destino la condanna a una fine crudele. Continua a leggere Cassandra e la letteratura

Quignard e la lezione di Sainte Colombe – di Giuseppe Zuccarino

[GIUSEPPE ZUCCARINO]

Quignard e la lezione di Sainte Colombe

Lo stretto rapporto di Pascal Quignard con la musica è cominciato presto, fin dall’infanzia, in ossequio a una lunga tradizione. Suo padre proviene infatti da una famiglia di organisti, attivi nel Württemberg e nell’Alsazia. Il giovane Pascal ha imparato così a suonare vari strumenti: pianoforte, organo, violino, violoncello. Assai più tardi, il suo profondo interesse per il campo musicale lo ha portato a presiedere (fra il 1991 e il 1993) un importante gruppo orchestrale, Le Concert des Nations, diretto da Jordi Savall, e a fondare nel 1992 con François Mitterrand il Festival d’opéra et de théâtre baroques di Versailles. Tutto ciò, naturalmente, non gli ha impedito di dedicarsi nel contempo a un’intensa e prestigiosa attività letteraria, che lo ha portato ad essere considerato, e non solo in Francia, come uno dei maggiori narratori contemporanei. Continua a leggere Quignard e la lezione di Sainte Colombe – di Giuseppe Zuccarino