Rien ne désaltère mon pas scrive in conclusione di Dans la chaleur vacante André du Bouchet – Paul Celan traduce: Nichts stillt den Durst meines Schrittes.
E si tratta della medesima sete che muoveva i passi del pittore.
Celan conosceva il paesaggio bretone, vi aveva visto i menhir e ne aveva scritto: Continua a leggere Andanze (brevi studi per Pierre Tal Coat /4)→
Pierre Tal Coat: Et vient la nuit (acquaforte e acquatinta, 1980).
La lezione di Cézanne è implacabile disciplina, rigore d’attenzione e cura.
I giorni di Château Noir echeggiano, lezione di luce e di assetati passi.
Sei dunque, pensée en marche, ovunque il pittore vada, tu lo attendi e, al contempo, lo accompagni.
: pensiero andante, wandernder Gedanke, pensée en marche :
Sta nel bianco tra le campiture di colore, in quei solchi dove tutti i colori sono compresenti e generano il bianco, è in quei corridoi di silenzio e di sospensione, di attesa e di aria inspirata, lì.
Pierre Tal Coat: Vol d’oiseaux I (litografia, 1959).
Il silenzio dei licheni è grido acuminato che trafigge
le pagine della notte.
Siete stati nell’atelier del pittore, ne sapeste udire la voce
ma talvolta non i silenzi – ne portate negli occhi i colori
ma non sempre le intermessure tra pennellata e pennellata.
I voli degli uccelli, ornitomanzia senza metafisica e senza teologia,
penetravano le pagine del giorno.
La sua mente è stata quelle pagine disegnate o colorate o incise,
il ritmo della sua mente è stato quei voli folgoranti, vertiginosi, ………………………………………………………………………………velocissimi:
i campi arati un marrone solcato di nero (è nera la Terra, come sapevano gli umani dei primordi).
Pierre Tal Coat: Comme si en marche (acquaforte e acquatinta, 1980).
Che cos’è un’andanza?
Lo spazio dello sguardo condiviso, l’esigenza politica che si faccia comunità di pensieri e d’intenti e che bisogna accendere un fuoco, cuocervi il pane, vegliare l’operosità dei giorni.
L’andanza è
l’acqua da condividere, la soglia d’alberi benigni, ancora andare perché l’andanza è nello sguardo comune.
L’andanza vorrebbe talvolta meditante solitudine, ma anche il chiamarsi delle voci dalla veranda della casa e dalle rotte erratiche della biblioteca.
E andando, sempre andando si fa casa, così come si fa giorno per rotazione naturale della terra attorno al suo perno di luce e l’esigenza culturale di stare insieme, scrivere, disegnare, aprire lo sguardo, gli sguardi.
Pierre Tal Coat, Comme si en marche (acquaforte e acquatinta, 1980).
Esiste questa giuntura tra il corpo, che esperisce tramite i sensi uno spazio di determinate dimensioni, ma comunque finite e definite dalla circonferenza dello sguardo che le vede e la mente, capace d’immaginare l’illimitato e l’infinito.
Chiamo soglia questa giuntura: di qua il cosmo che i sensi colgono, di là i molteplici universi che la mente è capace di raffigurare a sé stessa.
Non sempre la soglia dev’essere varcata o può essere varcata. Talvolta deve rimanere lì dove la sua natura di confine permette una ben più ampia esperienza dell’esistere.
La soglia vibratile tra corpo e mente è una di queste: la si porta sempre con sé, invalicabile eppure feconda: la soglia si muove con noi, siamo noi la soglia.
Pensare il volo, pensarlo come slancio della mente e dello sguardo, identificarlo con il necessitato senso di libertà e con il sogno, lucidissimo, di menti intese a liberarsi dal giogo della gravità.
Pierre Tal Coat: Envol, 1974.
Ma la gravità richiama alla terra, trattiene, forse talvolta impedisce, certamente sta in rapporto dialettico con il desiderio di volo, con un’idea di leggerezza.
Quando a metà degli anni Settanta Pierre Tal Coat vede planare e poi di nuovo levarsi in volo sul Lago Lemano due gabbiani ne dipinge quell’atto, certamente, ma ponendosi innanzi a due problemi da risolvere: come dipingere quel volo che è movimento, ma, anche, come dipingere il paesaggio che, materiato di luce, è a sua volta in perpetuo moto – il rischio è quello di dipingere l’uno immobilizzando l’altro.
Il movimento è, invece, doppio e concomitante, doppio e libero, doppio e danzante.
È così che sul foglio di carta si mostra il movimento della mano, del braccio e del pennello dell’artista che fa tutt’uno con quel volo e con quel paesaggio divenuto pura luce (aria, acqua, vegetazione: soltanto luce in moto), il volo dei gabbiani diventa il volo stesso del tratto pittorico in atto, in moto, in danzante elevazione: volo del dipingere che mostra sé stesso. Envol: prendere il volo: staccarsi dalla superficie lacustre con l’energia di uno slancio del pensiero che salendo incrocia vortici d’aria e di luce: cabrare pur rimanendo fedeli all’acqua e alla terra: doppio moto, doppia ascesa che cercherà una nuova, rapidissima discesa e, di nuovo, il levarsi verso l’alto.