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Scritto 81

IL MARTELLO DI YOSHIMASU GOZO

Il martello apre la parola: percuotendola la fa risuonare e la scheggia | la fessura | la spacca | la slabbra | la ferisce

Il martello inchioda oppure appiattisce o piega oppure ritma un tempo di lavoro o di canto

Il martello prolunga il palmo e le dita e il braccio

Un martello può uccidere

Ma il SUO martello estrae voce  suono e vibrazioni e poesia che è pensiero diventato vento

Questo vento martella le tempie e il libro.

Questo martello – brandito alto nell’aria – abbattendosi ristabilisce la presenza

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Scritto 78

(Per Ettore Spalletti

Il colore non è accessorio, ma è la LUCE ed è il SILENZIO. Impensabile (impercepibile) lo SPAZIO senza il colore. L’immersione nel colore è nascita, muoversi nel colore è rinnovata nascita genesi. Strato su strato il silenzio addensa il sostare nell’esistere: lèggere il limite bianco dell’azzurro, ascoltare la cubicità e la conicità della luce. Spazio:moto:incessante: superfici di levigate materie (eppure porose, tessiture delle vernici, microscopici avvallamenti e rughe) di concepite distanze – goniogenesi. Oftalmogenesi. Così lo sguardo nasce a sé stesso diventando e si fa spazio     :     colore. 

Scritto 77

 Abitare la possibilità, come nel verso di Emily Dickinson (I dwell in possibility), abitarla, intendo qui, nella scrittura. Scrittura come questa che vado impiegando ora, governata da leggi condivise da una comunità di parlanti e riguardanti la decifrazione dei segni, la loro corrispondenza a determinati suoni, i significati dei segni aggregati tra di loro, la sintassi di quei significati – scrittura come quel tracciare segni aperti all’interpretazione di chi li osserva, non governati da alcuna legge precostituita in un sistema linguistico condiviso.

Abitare la possibilità della scrittura come gioioso atto di liberazione e come potenzialità infinita di realizzazione.  Continua a leggere Scritto 77

Scritto 76

(per Stefano Raimondi)

La cisterna-prigione     – in fondo alla quale si fu gettàti a giacere –     si rovescia in spazio ascoltante, in silenzio significante, in soglia. 

Nulla di quello che filtra per gl’interstizi va perduto dall’orecchio di chi, giuseppe sepolto sotto i passi d’ignari transitanti, stringe nel suo rannicchiarsi in posizione fetale la chiave dell’aprire, la pietra focaia dell’illuminare, il pugno di farina figliato dal germogliare.

Forse c’è buio in fondo alla cisterna, ma certamente c’è la luce dell’ascoltare, del vedere i sogni altrui, del fantasticare.

Forse c’è la durezza del fondo di pietra impermeabile, ma certamente c’è la tenerezza di un giaciglio di parole, di musica, si sommesso sperare.

Ascoltare è l’etica del dire. 

Scritto 3

Eduardo Chillida: Gravitación. Elogio del agua, 1987.

Questo scritto rimanda a sé stesso, ma, subito, esso vuole rompere il cerchio, contrastare l’autoreferenzialità
Questo scritto riflette su sé stesso e si riflette (la direzione è, cioè, doppia: esso riflette nel senso che medita e pondera e pensa intorno al suo nascere, farsi, concludersi – e si riflette nel senso che si rispecchia nel suo stesso costituirsi in testo).
E, subito, si apre per accogliere.
Si pensi alla cifra tipica di Eduardo Chillida: a quella sorta di braccio completato da un arco di circonferenza – arto costruito per prendere con gentilezza, o per accogliere nel golfo dell’arco che lo conclude e che lo proietta verso l’aperto.

Scritto 2

Eduardo Chillida: Gravitación. Elogio del agua, 1987.

Ma il gesto dello scrivere s’inoltra (s’inoltri) in direzione della parola.
Ch’essa sia chiara e antifascista, mi ricorda il carissimo Yves Bergeret.
Mi scrive che spesso la mercificazione di ogni aspetto dell’esistere svaluta e indebolisce la parola, vale a dire la persona. Aggiunge che continua a leggere testi di altissimo valore etico e intellettuale e che, tuttavia, ogni cosa, intorno, sembra disfarsi in un calderone nauseante e feudale.
Dalla Dimora del tempo sospeso nulla che riguardi la parola rimane intentato nel suo volere e dover essere avversione dichiarata al ritornante fascismo, al violento oscurantismo.

ho solo parole per dirti che nel cavo degli occhi
portavo scritta l’attesa del tuo nome
il profumo del tuo volto che vampa come una vela
pronta per salpare –
naufrago sulla tua lingua
abbagliato dai soli che fiorisci in pieno inverno (Francesco Marotta, da Hairesis).

Scritto 1

Eduardo Chillida: Gravitación. Elogio del agua, 1987.

L’atto stesso dello scrivere, il gesto nel suo puro e semplice attuarsi, può essere capace di guidare la mente lungo un binario di gioia, motivata quest’ultima dal puro accadere dello scrivere.
In tal senso, che si tratti di comporre testi lineari o di scrittura asemica, non esiste differenza: qui celebro il disporsi della scrittura sul foglio (o sullo schermo), il moto delle dita che, premendo i diversi luoghi di una tastiera o reggendo una penna o una matita, fanno materializzare i segni scrittori.