Dimentico sempre di dare l’acqua ai sogni – di Francesca Pellegrino

[…] Dimentico sempre di dare l’acqua ai sogni è un’entrata chiassosa, che mi cattura per il linguaggio diretto, veloce, di una femminilità che assimila e brucia il dramma della totale esperienza di tinte chiare e fosche, a volte tenero, a volte gradasso per nascondere la fragilità dell’essere, immaginativo, prepotente, qua e là surrealista e volitivo quanto credo sia la personalità della poeta. Altri lettori abituati al sonoro scialbo, sbagliando possono scambiare il suo frastuono armonioso per prosastico. Tra poesia e prosa c’è l’arte della invisibilità che separa e unisce. Soltanto il lettore progredito di sensibilità, non di quantità libraria, è certo di quella invisibilità. Un altro aspetto della Pellegrino è che non ripete il messaggio precedente perché lo stile, che le appartiene sin dalle origini per naturalezza matura, varia per naturale animosità verso canoni strausati. […]
(Alfredo De Palchi)

Francesca Pellegrino
Dimentico sempre di dare l’acqua ai sogni
Prefazione di Raimondo Venturiello
Nota critica di Alfredo De Palchi
Patti (ME), Casa Editrice Kimerik, 2009

Testi

Nevermore

Non c’è da crederci:
il cielo quando piange
è una sola unica bugia
che cola.
Salva giusto qualche seme
che ancora spera
ammesso che non sia
di grandine .però.
che quella col mio giardino
ha fatto cose da matti.
Tanto che andrò di ruspa
e sangue
sul disordine dei fiori
pestati.

Cose da grandi

Eravamo forse troppo piccoli
e gli occhi – si sa –
crescono coi denti aguzzi
della fame.
Poi non la smettono più
di mordere
lacrime.

Windows 2008

Ci sono cose trasparenti e
fragili
tra me ed il mondo.
Cose che sbattono e
sbattono – se c’è vento
o che altrimenti
sudano
tutte le rugiade che mi perdo.
Da qui dentro.

Old

Alle tredici
il mercato della frutta
puzza di cosa vecchia e
inacidita.
Intorno ai pomodori
c’è una roba bianca
che ad assaggiarla
si fanno gli occhi piccoli
e la lingua stretta
in mezzo ai denti.
Niente di che
sono solo cose andate a male.
Del resto anche io
ho un buco nuovo di zecca e
qualcosa come di ruggine.
Tutt’intorno.

Maledetti d’Amore

Ci si ammala dell’amore
che brucia, dentro.
E con la febbre negli occhi
si fanno le cose impossibili
con le braccia
con le mani
con le gambe.
E con gli occhi roteare
fino all’ultima orbita.

Fino a scomparire buio nel buio.

Strappare di morsi
il petto a squarciagola
urlare il nome
con il vento a favore.

Con tutta la voce.

Senza che mai (che mai)
altri occhi vedano oltre
la propria follia.
Malati d’amore anch’essi.

Fragile

Alla fine
questi occhi
sono tutto ciò che resta.
Sanguinano ed io
vado col dorso della mano
che quasi non se ne accorge
nessuno.
Non vorrei mai sporcare
la camicia nuova
bianca
di queste ore bianche
stanche
che se stringo le pupille
mi sto lontana luce
stella bruciata
cenere.
Come in uno specchio
che s’inverna
freddissimo
un po’ incrinato a sinistra.
Proprio sul cuore.
E per favore
non venitemi a dire
delle soglie sveglie d’attese
figlie di una foglia che cade
vergine e rossa.
Come la bocca di una puttana.
Perché la parola
fragile
mi si rompe sempre
in mezzo alle labbra
per poi andarsene
dove era prima di adesso. Fredda.
Anzi freddissima.

Privazioni

Tengo aquiloni in ostaggio
giù nella mia cantina. Almeno
fintanto che avrò
denaro sufficiente a pagarmi
il riscatto.
Ogni tanto scendo
e lascio un sorso di vento
vicino alle loro catene.
E vado via
solo quando hanno smesso la sete.
Con la coscienza pulita.

Queen Bees

La carne che si butta
appassisce vermi sotto il sole
un sole qualunque, dico
ed accade d’inverno come d’estate.
È uno spreco senza tempo
questa carne che si getta
neanche gustata toccata annusata
inutile utero che fa sangue azzimo
una volta al mese.
E l’urgenza delle api al miele.
Senza fiori.

Luci spente omissis

Intanto conto spore
dappertutto
e Volo lampadine spente
sperando Di
sperando un po’ di Luce e
chissà come fanno l’Amore
le Falene al buio.

Missing

L’andatura si tiene per inerzia
al taglio delle gambe. Al centro.
Qualcosa che procede inutile e
stanca. Lenta.
Come di emorragica piaga d’utero.
Nera.
E non si sente neanche più
il rumore che fanno i passi
parole imboccate al silenzio
ed una sigaretta bruciata viva
nella gola.
In fondo non si muore
se non ad ogni istante
restando.

Raccomandazioni

Il migliore dei casi
è una tavola da riassettare
dalle cose di ieri
ricordando di comprare lo zucchero
più tardi
ed anche il pane e le
sigarette. E raccomandare
a mio figlio
di non tenersi mai silenzi
sul cuore
e di mettersi la maglia di lana
d’inverno.

Forever

È la solita questione
dei numeri periodici.
Quei numeri infinitamente
indefiniti
eppure razionali.
Di quelli che
ad ogni divisione
si prendono il resto e se
lo mettono sopra. Una barra
drittissima in testa
per dire che non finisce mai
non si finisce mai di
morire.

***

26 pensieri riguardo “Dimentico sempre di dare l’acqua ai sogni – di Francesca Pellegrino”

  1. Questo è un libro molto bello, multiforme nella scrittura ma al tempo stesso, secondo me, coeso nel partire da un’incomunicabilità di fondo per aprirsi al dialogo e poi tornare a scavare nella profondità dell’uomo. O, piuttosto, della donna, perchè il punto di vista di Francesca sa essere pienamente femminile, e non perchè la poesia vada classificata per genere. Trvo che Francesca abbia classe nel senso migliore del termine, che abbia davvero un talento naturale.
    Complimenti a lei, e un caro saluto a fm.

    Francesco t.

  2. Facevo una riflessione dopo la lettura del libro di Francesca. Si tratta di una di quelle opere che andrebbero lette sempre integralmente: qualunque selezione di testi, anche la più riuscita, toglie qualcosa alla comprensione del disegno complessivo e alle sue interne articolazioni.

    Siamo di fronte a un’opera stilisticamente compatta, pur nella multiforme varietà e alternanza di registri e temi, nella quale il rischio insito nell’uso di certi accorgimenti e strumenti espressivi è affrontato con piena consapevolezza di mezzi e fini, e con ottimi risultati.

    fm

    p.s.

    Ciao ft, ci vediamo presto…

  3. Ho già scritto della scrittura di Francesca una breve nota e poi più a lungo su questa raccolta.
    Francesca, se desidera, può divulgare la breve recensione nel suo sito o dove crede. Qui, a testimonianza della mia gioia di questo incontro, lascio la mia prima impressione sulla sua scrittura:
    Ho visto freschezza e insieme densità colare felicemente da questi testi -istantanee che attraversano ricordi dell’infanzia e vita piena di donna come a voler assestare la memoria in un angolo della mente, mitico. Francesca si muove su questo terreno con grande naturalezza e con uno stile che ha già una personalissima incisiva impronta. Buon cammino, Francesca.
    E grazie a Francesco per aver ospitato una validissima voce, come sempre
    Annamaria Ferramosca

  4. incantevole scoperta.
    Francesca: abbiamo una camicia bianca in comune, in versi… e, forse, un inverso mondo, inverso corso, esilio tondo.
    “è uno spreco senza tempo/ questa carne che si getta”

    continuiamo a leggerci nel canto, per dirla con Francesco

    grazie, Francesco e Francesca

    Ilaria

  5. Complimenti a Francesca. La sua voce è decisamente originale, forte. Confesso che la prima lettura dei testi ma ha un po’ spiazzata. Il suo linguaggio mi ha messa “sull’attenti”, è come se mi fossi irrigidita… poi ho riletto le sue poesie, le ho rilette ad alta voce, ho guardato meglio tra le pieghe dei versi, e ho colto una grande profondità e tanta sensibilità (oltre che una capacità veramente notevole di “giocare” con le parole…). brava!
    stefania

  6. Poesia interessante, essenzialmente lirica, di un lirismo raffinato, curato. Altrettanto notevole il linguaggio che denota una cifra già ben definita, matura; per esempio, efficace, e di tempra “frammentista”, ho trovato il sovente isolamento di parole all’interno del verso, le chiuse dei testi, talore gnomiche, da cui pure emerge tutto il tenero-sofferto mondo femminile. Complimenti Francesca. (D.S.)

  7. Abele – mi sento poeticamente, perfettamente compresa da te, che segui i passi che vado – sempre trovando il giusto “piglio” – l’esatta misura emotiva, che è anche la mia, quando scrivo. Grazie.

    Francesco Tomada – quando pen so alla tua poesia, penso ad una scatola con su scritto “fragile” – che – ci hai mai pensato? – è una parola che si scrive uguale, sia in italiano, che in inglese. Ecco. E sentire da te, queste parole per il mio libro, è motivo di gioia. Grazie.

    Francesco Marotta – quando penso a come vorrei che si leggesse il mio libro, penso ad una poltrona e a due occhi che inseguono i versi – uno dopo l’altro. Un po’ così come hai detto di aver fatto tu: in un unico sorso. Perchè io lo so cosa lega una parola all’altra – e ci sono dettagli che altrimenti, andrebbero persi. Non li vedrebbe nessuno. Ma chi lo legge come lo hai letto tu, li vede benissimo … e speravo davvero che questo libro, trovasse il tuo consenso. Tantissimo. Grazie di questo spazio, del tempo e della fiducia.

    Annamaria – amica mia, io nella mia incomprensibile paura di sbagliare, ho temuto di divulgare, senza il tuo consenso diretto la nota che hai avuto cura di ascrivere per me. lo farò – perchè mi è preziosa, il prezioso dono di una poeta che ha voluto dedicarmi. E credimi che ho occhi buoni per sentire la bellezza e la pienezza, di ogni tua parola. Grazie.

    Ilaria – se è vero che ci accomuna una stessa camicia bianca, non posso fare a meno di sentirti vicina – in quegli esili che fuggiamo – per saperci. Grazie.

    Stefania – sei rimasta sugli attenti – hai scritto – ho pensato: ho provocato una reazione! Ed è stata una gran bella sensazione – quella di invitare – senza chiederlo – a rileggere il tutto – nella sua intera profondità. E – per fortuna – l’hai trovata. Grazie.

    Daniele – l’analisi alla mia poetica, mi rassomiglia tantissimo – e mi tocca soprattutto quel “tenero-sofferto” – che credimi, nella realtà è palesato sempre troppo poco, per saperla come una consolazione. Grazie.

  8. trovo lo stile di Francesca morbidamente “aspro”, tagliente e pungente come succo di limone sulla pelle segnata dalle intemperie del tempo, in lei la maturità di una donna nel pieno della vita, che sente il quotidiano in modo carnale fino a metabolizzarlo in alta e pura poesia spontanea, la spontaneità del talento e dell’osservazione che si fonde all’animo che sente e fa sentire, fa vibrare, sa dire ed ha da dire.

    bravissima Francesca ed un abbraccio a Reb Stein.

  9. E’ bella intensa e ironica la tua poesia cara Francesca. Sorprendente nel piglio, pulita e scorrevole “cume re d’ughje” …come l’olio…Mi è capitato d’incontrarti piacevolmente in altri siti. Se non sbaglio sei di Taranto… venerdì 22 sono all’hotel Akropolis a presentare in mio nuovo libro al quale Francesco ha già dato ampio spazio in questo blog qualche giorno fa. Se ti va sono lì.
    ciao v

  10. ci sono cose e volte nelle quali ci si va a buttare
    a cercare lo schianto
    a ripeterle ancora
    sono tutte le volte che leggo le tue parole
    sono le stesse cose che si aprirono un pò di tempo fa
    sono la luce piccola che cade dalla mela
    sono questi tuoi raggi di stupore
    chiusi in un ombrello
    per difendersi
    per rallegrare
    per cantare
    sono bellissimi
    questi tuoi versi
    come il numero sette
    c.

  11. Giacomo – il piacere è tutto mio, Giacomo. Grazie, sempre

    Vincenzo – mi muovo molto di rado – ma proprio il 22 Maggio, partirò per la serata del Premio de Palchi a Verona – e tornerò domenica. Mi dispiace moltissimo perdermi il tuo evento. Tantissimo. E ti ringrazio di questo passaggio – dentro le mie righe. Un carissimo saluto.

    Carmine – sette è un numero dispari – tra i più belli in assoluto. Grazie di leggermi

  12. come ho avuto modo di presentare a Francesca i miei complimenti per il suo libro anche qui da Francesco mi piace rinnovarle quel pensiero.
    un saluto
    paola

  13. Ho l’abitudine di leggere poesie, le leggo da una vita. E’ una forma
    oltretutto per me di rilassarmi. Trovo che la Pellegrino è un’ottima
    poetessa, possiede tutto o quasi le qualità per farsi amare dai let-
    tori: lirismo, originalità, spontanetà e quant,altro. Complimenti.
    Cercherò ancora di leggerla. Umberto

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