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Da un’eternità passeggera
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partirsi per poco
dall’inesorabile obbligo
che tradisce il segno
in minuziosi spazi
di lacustro –
tornare al silenzio
del lume ininterrotto
che veglia la pagina
e geme nel viola
dei suoi accenti di deserto
trovare requie
in lettere mai evase,
in sussulti di risposte
disattese,
cercare altri numi,
indecifrabili
a ogni meraviglia di speranza
Da un’eternità passeggera
Novi Ligure, Joker Edizioni,
“I libri dell’Arca“, 2024
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La Biblioteca di RebStein (LXXXIX)
La Biblioteca di RebStein
LXXXIX. Aprile 2024
Lorenzo Pittaluga
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La musa che resta (inediti 1992-1995)
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Il male degli astri
Lorenzo Pittaluga
Muoversi dal luogo per patire
l’assurdo della mano che non tocco
per partecipare al lutto ornato
del corpo sapido di familiarità.
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Fermare l’immortalità che mi pencola
addosso e il Cristo monade che mi spaventa
riempie caselle e interstizi che mai mano
unì fra secoli di istante e di polvere.
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Tendere le braccia all’assoluto
chiedendogli spiegazioni del dato
e delle figure come componendo
un’aria finita sulla fiammella.
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Faccia a faccia sul come
dell’asceta che piglia
la sua ombra e la contrae
ridiventando cenere.
(La musa che resta. Inediti 1992-95,
“La Biblioteca di RebStein”,
vol. LXXXIX, aprile 2024)
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La ruota della vita
Il nulla dell’inverno
Wallace Stevens
The Snow Man
One must have a mind of winter
To regard the frost and the boughs
Of the pine-trees crusted with snow;
And have been cold a long time
To behold the junipers shagged with ice,
The spruces rough in the distant glitter
Of the January sun; and not to think
Of any misery in the sound of the wind,
In the sound of a few leaves,
Which is the sound of the land
Full of the same wind
That is blowing in the same bare place
For the listener, who listens in the snow,
And, nothing himself, beholds
Nothing that is not there and the nothing that is.
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Continua a leggere Il nulla dell’invernoIl tredicesimo invitato
Fernanda Romagnoli
Il tredicesimo invitato
Grazie – ma qui che aspetto?
Io qui non mi trovo. Io fra voi
sto qui come il tredicesimo invitato,
per cui viene aggiunto un panchetto
e mangia nel piatto scompagnato.
E fra tutti che parlano – lui ascolta.
Fra tante risa – cerca di sorridere.
Inetto, benché arda,
a sostenere quel peso di splendori
si sente grato se alcuno casualmente
lo guarda. Quando in cuore
si smarrisce atterrito «Sto per piangere!»
E all’improvviso capisce
che siede un’ombra al suo posto:
che – entrando – lui è rimasto fuori.
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E’ questo il mondo
Nanni Cagnone
Colui che festoso
su trampoli, senza
mai pensarli fittizi,
lo ammetta: non c’è
grano di sabbia
prediletto; ceda
il segno dei mediocri,
la superbia; consideri
pochezza
le sue acclamate opere;
ricordi aver diritto
a un sepolcro, e sia
dal tacer fatto cortese.
Siano le allodole
a cantare, o mulinelli
d’acqua dolce, poi che
nella notte ancor ci culla
quel palpito, lontano
mostrarsi d’astri—
è questo il mondo,
noi siamo inferiori.
(Nanni Cagnone, Sterpi e fioriture,
Lavis (TN), La Finestra Editrice, 2021)
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La sconfitta del poeta
Sentiero costiero
L’inutilità del profilo
La mano del fuoco
Passi sulla battigia
Abitare lo spazio
Genesi
Palmo trasparente
Poemi-pitture in mostra
Quaderni delle Officine (CXXXIII)
Quaderni delle Officine
CXXXIII. Gennaio 2024
Elisabetta Brizio
"Amori ac silentio sacrum" di Adolfo De Bosis
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“Amori ac silentio sacrum”
Elisabetta Brizio
LIBERTÀ – «Libertà» è una parola magniloquente e impegnativa: a che tende l’esortazione di De Bosis «operare, soffrire, amare, combattere» (si confronti d’Annunzio, nel vitalismo di Maia: «Volontà, Voluttà, / Orgoglio, Istinto»), a conclusione della Prefazione a Amori ac silentio? Qual è lo scopo reale di questa spinta ad agire in nome della libertà? Un falso scopo che scherma un’assenza di finalità e che si risolve come inizio e termine del discorso, o qualcosa di più, qualcosa di effettivo? È un po’ il limite dell’estetismo, del quale già Croce indicava la genericità degli assunti, riconducibili a un contegno, emotivo e intellettuale, verbalistico, intemperante, narcisistico. Una «fabbrica del vuoto», un movimento senza obiettivi – scevro com’era di reali o giustificabili motivazioni all’infuori di una smaniosa ed esaltata insofferenza, di un «dilettantismo di sensazioni» – e votato pertanto a perseguire null’altro che «una parvenza di scopo». L’estetismo non si concretizzava né in una reazione alle estenuazioni romantiche, giacché a liquidare certe forme epigoniche del romanticismo aveva già provveduto la restaurazione carducciana; né, in un Paese qual è il nostro, dalla salda e per certi aspetti retriva tradizione umanistica e classicistica, aveva molto senso (malgrado le pesantezze e la rigidità deterministiche e mimetiche, già lamentate da d’Annunzio a proposito di certo verismo) temere istanze positivistiche avverse alla purezza e all’autonomia del fatto artistico. (…)
Tratto da Lemmi simbolisti e progressivi in
“Amori ac silentio sacrum” di Adolfo De Bosis,
ora in “Quaderni delle Officine”,
vol. CXXXIII, gennaio 2024.
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