Minimi esodi ad Albion Road

Giovanni Turra Zan

Giovanni Turra Zan

“Ci provo ogni anno al ritorno e
ogni anno si aggiunge maceria.
Su questa, più in alto, non filtra
più sole, ma genio al risparmio
energetico e sugo d’alveare”.

Testi tratti da:
Minimi esodi ad Albion Road
(opera vincitrice della prima edizione del premio
Editoria di Poesia“, Novi Ligure, 2011)

“Ho una sorella senza sangue,
ella è una magnolia che cede;
non mi dimentica neanche se ingerisce
una lager più tachipirina e mi semina
un seme buono nel teflon dove cucina
quel poco che urla, quel tanto che illustra.”

Pensi al camposanto come
alla soluzione per le ostriche
e ad Abney Park si fa annuncio
lo smarrirsi d’ogni linea nel seguirne
le pietre. La morte è un pic-nic
sui pochi nomi nel cortile di St.Mary,
non quelle becere vecchiette coprenti
i pianti ai vivi. Lo dici con un link
che contamina gli amici e s’infiamma
tutta la parola, mentre ascoltando
egli si fa terra e si congela.

*

Lo si accusa d’elegia in eccesso
se destina al petto le sue punte.
E che dire se le stesse sono inscritte
al mutamento di segni e indirizzi,
alla vita appesa a un lembo?
Stai su di una scala d’assenze
nello studio di Mount Pleasant e offri
zenzero agli afflitti e agli scoiattoli
imperiali; getti sale nei comignoli
per gustarne gli interni.
Ti risolvi a canzonare i sepolti
e chiedi asilo al tentacolo
di una minuscola strada che
ti esilia nel lago; a fagioli
e pancetta ti sfama e ti offre
l’acconto per l’acquisto del sepolcro.

*

Era risaputo ai circoli eccentrici
che ti piacesse non essere.
Si vociferava nelle sale, tra i tavoli
e i ritratti dei nobili appesi alle
pareti tinta mirto. Si consultavano
Sir John Brooke e Henry John Temple
nella stanza 23, ed era un calcolo
strategico la liberazione. Lei la riteneva
la migliore delle Gallery che, con cura,
tu evitavi. C’era inoltre il piacere
del riassunto, di vedervi la posatura
della gloria in ogni stringa e giubba
e ruga, dove ti nascevano domande
e angosce sulle prospettive che avanzavano
dalle retrovie della storia.
Era questo il docile muoversi ad elastico
come le cose che sanno del giallo
di una giostra a cavalli, quando oggi
ti soffermi. E poi ti giri.

*

Sulla mappa si vede in sfumature
di grigi tutta Church street e se ne
connota lo spazio come una tolleranza
per chi rifiutava la dottrina data al secolo.
Le sette e le loro case d’incontro
fioriscono e vi si dà asilo agli esuli,
alle idee di un ministero di mancanze
tra il cielo e il soldo.

*

Con le tre vesti nere solo sedute,
non i piedi nudi ma calzati adidas,
varcavi il cancello di Clissold park
e la cerimonia di cenere sotto il rovere
aveva inizio, con foto di gruppo.
Il vento era contrariato da quel gesto e le ceneri
ti si sbriciolavano addosso, come se tu avessi riposato
sul fuoco spento. Sottobraccio accompagnavi
la più fragile al luogo dello spargimento,
a depositarvi una rosa strappata
al custode, e Jerome che si dispera ti chiedevi
perché se in fondo la visse così di striscio.

*

Sembrava un rito, la prova che l’angelo
portava il tuo peso alla macina;
il composto dava spinta ad un fermento
e poi, dopo, dopo una sosta al Vortex,
al primo piano sopra i libri usati,
una colazione con la pentatonic.

*

Ma se ci perdessimo in ore di sosta
al labirinto di siepi presso la reggia
sul Thames, che ci fregherebbe poi
delle mogli e dei figli mai avuti, e
se si scoprisse di Robin
che al Coffèe Corner apprese
i gesti coreutici degli sciatti.
Non è così che si vive, che si copre
lo Stabat Mater con i vagiti mai prodotti
e i riflessi di Moro degli adulti?

***

24 pensieri riguardo “Minimi esodi ad Albion Road”

  1. E’ solo un assaggio, quello che avete sotto gli occhi, una breve selezione di testi tratti da una splendida silloge inedita di Giovanni Turra Zan. Che ringrazio di cuore per avercene fatto dono.

    E mentre io me ne sto qui a fare ricerche e a chiedermi, con ansia crescente e crescente spasmodico desiderio di certezze e di risposte, chi sia Giovanni, chi siano i suoi amici, quali i percorsi e i nemici che osteggia, a favore o contro chi scriva, quanti anni abbia, in quale mosaico generazionale sia possibile collocarlo, cosa faccia concretamente ogni giorno per rifondare la poesia, vi invito caldamente a leggere la sua opera, che apparirà a breve, integralmente, come XXXI volumetto dei “Quaderni di RebStein

    fm

  2. Un caro saluto a Giovanni e a fm, come sempre.
    Il lavoro di Giovanni per me, lo ammetto, è sempre stato non immediato, suscitandomi però quel senso innato di rispetto che portano in sè le cose che hanno valore.
    Dunque lo leggerò subito e con grande curiosità.

    Francesco t.

  3. Leggo e leggerò…questi versi con molto interesse, stupita per tanta modernità lessicale e per le numerose allitterazioni che scandiscono un ritmo con suoni duri ma appropriati. Mi sembra questa scrittura un ‘ ” Elegia minimale”, di oggi, di come viviamo noi, la maggior parte di noi.

    Un saluto,

    Rosaria Di Donato

  4. Riporto il commento lasciato sul post sUCCESSIVO da Stefano Guglielmin:

    mi piace il modo in cui giovanni ha risolto la complicazione del sentire e del concetto, scrivendo un verso disteso ma denso, aperto ad un mondo che conosce e che ama. Disteso e denso difficilmente convivono: qui invece fanno sinergia. Merito delle soluzioni stilistiche adottate.

  5. Lingue, umori, paesaggi. è l’ Uomo, sono le pomeridiane 5 di domeniche o venerdì senza sole né traffico. Densi vapori trattengono sul palmo ciò che, scucito al cielo e pur in affanno, ha l’uggia dalla sua, e l’ala di un angelo indagatore. Chi partecipa, partecipa commosso e da lontano, quasi ironica paterna distanza. Fotografa, annota, trafitto da tenerissime miserie, quei fatti dell’inizio, quei fatti finali. Spargono e piangono le cose di sempre, nuove cose. Sì,“siamo il nostro andarcene”.
    Ilaria

  6. Un saluto a tutti.

    Giovanni, ho una curiosità: visto che l’opera ha vinto un premio letterario, che immagino fosse un premio “editoriale”, come mai non è stata pubblicata?

    fm

  7. Il Bando del premio era ambiguo. Sembrava che il primo premio fosse la pubblicazione gratuita dell’opera. Come succede, per esempio, con il Premio “R. Giorgi” organizzato da Le Voci della Luna, appena conclusosi (e che regala 100 copie gratuite del libro al vincitore). O con il Premio L. Montano per l’inedito, organizzato da Anterem. Invece non era così. La vittoria offriva solo il “privilegio” di essere pubblicato con la casa editrice che affiancava il premio, ma con un contratto che prevedeva comunque il pagamento agevolato delle copie del libro. Io ho scelto di non pubblicare perché non ritenevo che pubblicare con tale casa editrice fosse in sé un privilegio, perché il Bando non era chiaro e disambiguato, e perché, alla fine della fiera, il premio proprio non c’era. Ho comunque provato a negoziare con l’editore, ma non c’è stata intesa. Ho poi scoperto che al vincitore ex-equo era stato offerto un contratto diverso, sempre a pagamento, ma con un costo minore per singola copia del libro. Alla domanda del perché di tale sperequazione, mi si rispose che era perché l’altro poeta è più conosciuto di me (se mi avessero detto che la differenza consisteva nella sua maggiore maestria, non solo ciò sarebbe stato vero, ma anche avrei accettato volentieri tale apporto alla meritocrazia; ma evidentemente il linguaggio dell’editore fotografa la sua politica editoriale latente?). Storia conclusa. Eccomi qui, in altra, e per me più significativa, compagnia. That’s it

  8. Fantastico! La *fantasia* e la *creatività* italiche sono veramente senza limiti e confini!
    Peccato che ultimamente, e sempre più spesso, somigliano in modo imbarazzante alle *doti* mutuate dai comportamenti standard della cricca che regge le sorti di questo paese…

    Una vera *chiavica*, tanto per usare un francesismo.

    fm

    p.s.

    E’ inutile dirti che, con la tua presenza qui, anche la “compagnia” cresce di valore e di significato. Quali che siano. A prescindere.

  9. Che dire?

    Che l’Italia, volendola paragonare a un albero, di *queste* gemme è strapiena: talmente carica, che anche i rami più alti si abbassano per il peso fino a toccare il suolo.

    fm

  10. ok ok. il post non è sul concorso di poesia di Puntoacapo editore, ma sul mio lavoro… ; ) Grazie comunque dell’appoggio “morale”,

  11. Giusto, parliamo di cose serie…

    Ad esempio: moltissimi hanno letto il post, molti hanno aperto e letto l’e-book: se la metà di questi ultimi l’ha anche scaricato, abbiamo già più lettori di un qualsiasi libro pubblicato nella “bianca” o nello “specchio”.

    A noi basta questo; il resto, come già detto, è chiavica.

    fm

  12. io sono una piccola frazione del “la metà di questi” (e poi non si dica che non è un problema…:))

    devo ancora leggerlo tutto, per adesso ottimo l’assaggio.

    Mi soffermo sul titolo, dato che qui sono “esodi”, anche linguistici (soprattutto di lessico – in particolare di sostantivi che diventano propri ), esodi “minimi” che non tranquillizzano affatto, dato che l’essere minimi qui è un essere compressi, anche nei versi,

    esodi minimi, tanto compressi per non essere o non diventare biblici, esodi non di un’umanità ma dall’umanità se così si continua (su questa strada);
    dopodiché qui sono esodi, non “visioni”, anche se ben qui, anche per qui, “le figlie di Albione” potrebbero ben “udire lamenti” e “riecheggiare sospiri”…

    un caro saluto a tutti.

  13. Grazie Margherita. Non vi è nulla di biblico nella mia poesia. Ed è intenzionale. Vi è la storia minima di esodi dal sè al mondo, e al sè nuovamente. Un sè che si contorce al minimo, dopo l’assaggio dei mondi. Come una contrazione dell’anima mundi che solo nella morte troverà dispiegamento e sconfinamento. Biblicamente. O meglio, come attraversando un eterno kaddish.

  14. sono lieto di traversare la poesia di Giovanni, così ellittica e imprevedibile, e mi spiace del suo non-sbocco editoriale. Ma qui, nella Dimora, stiamo tutti meglio e “sembra” che queste piccolezze non esistano. “Sembra”, ma talvolta l’illusione è leopardianamente benefica. Buon lavoro.
    M

  15. Grazie Marco. Oramai il concetto di editoria attraversa il multimediale e qui, io, mi sento “pubblicato” a tutti gli effetti. Se Francesco dice che mi pubblica, so che il lavoro è degno. Nel tenere assieme sentire e concetto, come dice Guglielmin, raggiungo un buon accordo con la pubblicazione in Rete. Ed in Rete, checché se ne dica, si ricevono più critiche e “correzioni” che con un libro. Alcune osservazioni critiche avute online mi hanno aiutato molto. Ad maiora. GTZ

  16. Sono d’accordo con Giovanni sul concetto di editoria attraversata dalla multimedialità e sull’importanza dello scambio immediato…sul sentirsi “pubblicato” su La Dimora…è capitato anche a me…e sulle scelte di Francesco la dice lunga il fatto che i post sono sempre tra i più letti di WordPress, nel bene e nel male…come a dire che non è che qui se la suonano e se la cantano da soli…

  17. Giovanniiiiii, letto ancora da inghiottire…che farò volentieri a piccoli sorsi, a presto…la vera rivoluzione altro che l’e-book..è il potersi autoprodurre…come sempre grande Giovanni

  18. Caro Giovanni, ti leggo con più di due anni di ritardo (perchè non conoscevo ancora questo blog, anzi, i blog di poesia in generale, e nemmeno te), ma adesso che ci sentiamo spesso, e ci leggiamo, posso dire che sono orgoglioso di averti come amico.

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