“Le parole cadute” di Adriano Padua nella lettura di Lorenzo Carlucci

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Note su “le parole cadute” di Adriano Padua

priusquam te formarem in utero novi te (Hieremias 1,5)

Le parole cadute è stato composto usando le parole contenute in una raccolta di circa 50 email private, scritte nel corso di due mesi da una donna e da un uomo”. Così ci avverte il poeta in una nota finale a questo libro breve e ci lascia ipotizzare un procedimento di questo tipo: le email vengono unite in un unico testo, il testo viene dato in pasto al software di cut-up citato nei ringraziamenti, il software restituisce una lista di sintagmi di struttura sillabica regolare, con i quali, infine, il poeta compone il libro. Una operazione dunque, a cui ci hanno abituato: cut-up poetry, poesia automatica, poesia combinatoria.

Presto però riconosciamo come in questo libro le tecniche gli strumenti di una certa tradizione di poesia sperimentale siano messi al servizio di un nuovo bisogno. Le email sono state scritte “da una donna e da un uomo”, e sono state scritte in “due mesi”. Queste indicazioni – autobiografiche e generiche – contribuiscono a collocare il dichiarato esercizio di poesia semiautomatica in una prospettiva inedita, ‘esistenziale’ e ‘sentimentale’, piuttosto che estetica, filosofica, sociale, sociologica. non solo per il tema, degno della più ‘bieca’ tradizione lirica (l’amore tra l’uomo e la donna), ma piuttosto per l’assenza di una qualunque forma di distacco (ironico, tragico, intellettuale) che caratterizza analoghi esercizi di stile. Siamo davanti a un esempio di naturalizzazione artistica di un insieme di tecniche nate in seno alla poesia sperimentale. L’applicazione di tali tecniche diventa qui un esempio – e non una allegoria o una metafora – di un processo simile, per la mistura di cecità e pulsione che lo muove, ad un processo biologico. Padua inaugura la ‘cut-up poetry applicata’ (applicata alla vita), quasi inaugurasse una scienza, similmente a uno studioso che trovasse fortunosamente una applicazione (ossia una interpretazione) naturale e sorprendente di una teoria o di un insieme di metodi a un campo apparentemente estraneo. In questa nuova applicazione le tecniche combinatorie – strumento astratto di esplorazione della coscienza, strumento ludico-conoscitivo del decostruzionismo – diventano utili d’una utilità vitale, ritmata da un bisogno individuale. Non procrastinabile. Diventano strumento di una strategia di sopravvivenza dell’individuo simbolico, dell’organizzazione dell’organismo individuale e autocosciente, dell’uomo considerato, diremo con Celan, “sotto l’angolo di incidenza della sua propria esistenza”.

L’organismo si organizza seguendo un codice intimo e insieme reagendo alla struttura dell’ambiente, utilizzando i materiali offerti dall’ambiente. trasformando l’ordine in disordine per creare nuova informazione. In questo caso, di fatto, le “parole cadute”, il prodotto (di scarto) della relazione con un altro individuo, diventano la materia che l’individuo usa – riorganizzandola per un nuovo senso – per sopravvivere proprio alla fine della relazione che le ha prodotta. Testimoniando in ciò di almeno due cose, e opposte: della capacità dell’individuo di riorganizzarsi dando intenzionalmente nuova forma alla medesima materia, e, d’altra parte, della assoluta dipendenza dell’individuo dal ‘dato’. Libertà e finitezza vanno qui di pari passo: indipendenza (dall’altro) e dipendenza (dalle parole dell’altro) sono qui i veri amanti, i veri ‘sì’ e ‘no’ della composizione, gli elementi. non ho che le tua parole per andare avanti, per andare oltre te, sembra dire il poeta. Ed ecco che la cut-up poetry applicata flirta, in negativo, la filosofia dell’esistenza (e non manca una certa atmosfera à la “jules et jim”): il mio io può organizzarsi e rendersi indipendente dall’altro soltanto attraverso i materiali offerti dall’altro nel dialogo amoroso e nel conflitto. La cut-up poetry applicata è diventata poesia. O forse: una serie di tecniche sperimentali sono diventate sistema primario, strumenti del linguaggio al pari degli altri, e Padua è un poeta.

D’altro canto il lavoro di Padua si offre pure a una lettura sapienziale, mistica, esoterica: il poeta, riorganizzando “le parole cadute”, riordinandone i frammenti, ne scopre il ‘vero’ senso, il senso che in esse viveva da sempre, forse da prima che fossero pronunciate, e che era soltanto mascherato dalla prima organizzazione dialogica. “Le parole cadute” hanno preso forma nella dialettica, da una intenzionalità dialogica, necessaria per portarle dal non essere all’essere. Ma il loro senso ‘primo’ può essere ricostituito solo dopo la frantumazione meccanica del tessuto sintattico intenzionale da parte di un agente non intenzionale. Quasi che senza l’imparzialità di un agente non-intenzionale, il poeta non fosse in grado di liberarsi dai condizionamenti individuali e fosse quindi privo della forza di affrontare l’idra semantica del testo. L’uso dell’espediente meccanico è qui necessario per superare una impossibilità che ha anche una dimensione psicologica. Senza l’ausilio del software di cut-up il poeta non avrebbe avuto la freddezza di fare a pezzi il corpo dell’amore, il testo tessuto dolcemente, dolorosamente. In un certo senso questa deriva sapienziale non è altro che un ritorno ai primi amori delle stesse avanguardie in seno alle quali sono nati i primi esperimenti di poesia combinatoria e metaintenzionale: gli amori delle avanguardie storiche con le correnti mistico-sapienziali di fine Ottocento. Dal processo alchemico di separazione degli elementi (non intenzionale) e a quello di ricomposizione (intenzionale) emerge un processo di ‘inversione’: le “parole cadute”, le scorie di un rapporto finito diventano, mercé il processo di riorganizzazione, “segnali di cose a venire”. Un segnale non può indicare qualcosa che non esiste, non si tratta di una ipotesi. Questi segnali hanno una relazione concreta (quasi: fisica) con il futuro che segnalano: ne sono il prodotto e insieme (a parte subiecti) le condizioni. Questa inversione ci ricorda che l’individuo è nell’istante sempre investito da una doppia corrente. Dalla corrente del passato che lo espunge e dalla corrente del futuro che gli resiste. E di questa condizione sono segni perfetti le parole, capaci di contenere le direzioni del senso, le inversioni del senso. Nel suggerire continuamente questa inversione, e nell’esemplificarla nel verso, la poesia di Padua guadagna una dimensione metafisica e filosofica, e chiude bellamente un cerchio, l’equazione impossibile di pieno e di vuoto che sembra essersi proposta di risolvere. Per questo anche il testo possiede una bellezza oggettiva, quasi irritante, provocatoria e umile, simile a quella di un risultato scientifico.

 

Testi

 

3.

in noi due come bestie
sono intrappolate
poesie dove tutto
tace

annegano nel liquido
nero della terra
dando ai nostri corpi
quello che con gli occhi
loro
non possono vedere

ed è luce comunque
indipendentemente dalla folla
che è morta
di monotonia
vicino al tuo vivo silenzio

 

5.

il senso delle cose latitante
ridarlo con criterio
in seguito impazzire nuovamente
coscienti che la storia non ci unisce
e noi gli andiamo contro
cercando di nascosto
il modo di aspettare e di proteggersi

divisi
in parti diseguali
i giorni sono fili troppo tesi

 

6.

fermo immagine muto
prima ancora di dire
le parole importanti
destinate a restare
uguali

ricordare un po’ tutto
anche quello che non
hai vissuto per niente

un’insana passione
ci vorrà per poter provare
l’abitudine
che resiste oltre ogni
nostra rabbia

 

7.

sono limitato ad ogni sogno
da gerarchie ed obblighi
sociali e di lavoro
sto a quest’ora assurda
senza dormire

il mio
amico inesistente mi ha convinto
e devo organizzare in poco tempo
una cometa
da recitare al pubblico
con dedica

 

9.

sei tutto
le prime ottanta cellule felici
le foglie che si bruciano
la virgola mancante
dal testo in cui tracciamo traiettorie

sei pulpito silente
nei vuoti d’aria della realtà
in queste vaghe attese
bellezza a doppio taglio tra le rime
che è lama e si sostiene nonostante
tutto accadendo più improvvisamente
mi sembra consacrarsi

ti ascolto
ripetere che non si può curare
il male che ci spetta

 

10.

usare la prima persona
a volte fa male
e l’effetto
traspare

esiste un mare di fare
di fuori
un innesto
che ci tocca comprendere
nel medesimo gesto

presto avremo possesso
di un bordello di gioia
molto fragile

 

12.

dando senso al pensiero
l’infezione contagia per bocca
è viva nei corpi

altrove
la notte ha come una
ipnotica armonia
il cielo è resistente
stabile e superiore
è fatto di grafite e di paura

stropicciata e sporcata di luce
riecheggia la sua superficie

 

18.

immobili al cospetto
di astri ininfluenti e rime facili
rimangono
i libri in equilibrio

la morte recitandoci
non rende bene i crolli
dello stabilimento che abitiamo
l’involucro di pelle

guardando fisso il sole
è troppa
la luce che ti acceca

 

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Adriano Padua, Le parole cadute (segnali di cose a venire), Napoli, Edizioni d’if, “I Miosotis”, 2008 (opera vincitrice del Premio Mazzacurati-Russo 2007/2008).

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9 pensieri riguardo ““Le parole cadute” di Adriano Padua nella lettura di Lorenzo Carlucci”

  1. Due apprezzamenti.

    Il primo ad Adriano che è riuscito in un mezzo miracolo. Questa plaquette può essere qualcosa che rimane. E’ un’opera di pregio. Del resto anche “Romanzo” lo era.

    Il secondo a Lorenzo, perché è riuscito a entrare nelle pieghe del testo senza fargli violenza. Sono concorde su quanto scrive circa l’inedita applicazione di una tecnica combinatoria al più “poetico” (lasciatemi passare l’aggettivo) dei sentimenti, provocando un ribaltamento inaspettato della prospettiva iniziale.

    Sono invece più cauto nei confronti della seconda lettura che Lorenzo offre. Quando fa riferimento alle correnti mistiche ed esoteriche di fine Ottocento, penso a Mallarmé e a Stefan George. Tuttavia mi sembra che le intenzioni del testo, fatta salva la sperimentazione, vadano più verso un taglio intimista-esistenziale che misterico in senso stretto. Ma qui vorrei il conforto sia dell’autore che del recensore.
    Intanto saluti a tutti

  2. sono convinto che l’intenzione dell’autore sia – come suggerisci tu, luigi – più vicina alla prima lettura che ho proposto. quella biologico-esistenzialista.

    trovo però significativo – al di là della dimensione storiografica – che il testo ammetta anche la seconda lettura, diciamo così, “ghematrica” e “rabdomantica” (che tra l’altro m’è venuta in mente solo mentre scrivevo la nota). quasi che si trattasse di forze o ragioni implicite nella scelta degli strumenti, connotazioni che sono state cancellate ed epurate nel corso del tempo perché percepite come troppo “massimaliste” o come “passatiste” (non sempre a torto) ma che sono in qualche misura connaturate a quelle tecniche formali. e che si risvegliano inevitabilmente proprio quando padua riapplica quelle tecniche alla vita.

    ciò detto, penso che questa chiave di lettura vada al di là del richiamo puramente storico alle relazioni tra le avanguardie e le correnti esoteriche ottocentesche, e ammetta una descrizione “alleggerita”, che non turbi cioè la coscienza contemporanea: il “senso primo” che il poeta ritrova nelle “parole cadute” dopo il loro smembramento meccanico non deve necessariamente essere ontologicamente e metafisicamente invadente, non necessariamente “heavy”. forse solo un po’ “hard”.

    ciao e grazie,
    lorenzo

  3. Per i ringraziamenti vi scriverò in privato, sia francesco che luigi che lorenzo prestano costante attenzione alla mia opera (e ci perdono tempo) e questa è una cosa che mi gratifica moltissimo, un vero e proprio motivo per continuare. Non è una cosa scontata continuare, ogni volta che scrivo qualcosa c’è sempre la possibilità che sia l’ultima.

    da autore appoggio la lettura che lorenzo fa in seconda battuta, diciamo l’interpretazione rabdomantica, che mi sembra un termine adatto. anche il sottotitolo del libro la suggerisce, fermo restando che l’operazione principale che caratterizza l’opera è sicuramente rivolta ad ottenere quel ribaltamento di cui luigi parla.

    ora vado a stappare una gazzosa con gli amici, visto che questa è la prima recensione al libro!!

    abbracci

    adriano

  4. Caro Adriano, credo sia giusto festeggiare, visto che l’analisi di Lorenzo e le considerazioni di Luigi sono “tracce” che rimangono.

    Sono particolarmente felice, poi, del premio che hai vinto, che porta il nome di due miei indimenticabili maestri.

    Un caro saluto a voi e un grazie per i commenti.

    fm

  5. In coda, in ritardo [ come sempre… ]

    Le parole cadute sono.

    [Ac]cadute dentro. Con segnale: in/cedere, in/cidere. Le parole cadute sono parole in piena: Padua lega “a tempesta” Pagliarani
    [proviamoci ancora/
    col rosso ]
    e passati presenti di un tempo che [ anche quello che non/
    hai vissuto per niente ].

    Alambicco alchemico del Suono – il Senso segue e si plasma sul respiro: nel “come si legge” – “come si lega”. In quel suo “non cerco, mi modifico” – il segreto. Come segreto il senhal [ li/qui// di di ] che morirà con gli attori!

    Abbraccio Adriano [ e festeggio con te! Pure: gazzosa? Ripudiata la cola? per me – un cuba libre, grazie! ] e Francesco e Luigi, forte e sempre.

  6. Bentornata, Chiara. Ti avevo lasciato un saluto nel pomeriggio, ma mi accorgo solo ora che è letteralmente scomparso. Niente male, rinnovo il piacere di scrivere quello che avevo già scritto:

    “Un abbraccio grandissimo, sempre, a te: Chi-Ara. Perché, sempre, Chi-Ara è – anche: Chi-Ama”.

    fm

  7. ciao adriano, sono molto contento di sapere che la seconda mia proposta di lettura è quella che senti più vicina alle tue intenzioni. è quella per cui tifavo anche io. luigi, che ne pensi?

    ciao,
    lorenzo

  8. Grazie Francesco

    [ e perdona la latitanza/latitante ]… Il tempo mi perde… Pure: sei sempre nella piena di pagine che è: porta/porto. Onda continua. La perfetta modulazione di frequenza [ Frequency Modulation ].

    Un abbraccio da Chi

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