Nodi parlati

Elio Grasso

Nota di lettura a:
Alessandra Pellizzari
Nodi parlati
Trad. inglese di Patrick Williamson
Varese, NEM Editore, 2019

……Dopo il superamento delle “faglie”, quando si oltrepassano Alpi e altopiani, attraverso conglomerati zanzottiani e colli Euganei dove farsi notificare la presenza, e il superamento di fiumi e assi fluviali, nella regione abitata da Alessandra Pellizzari si giunge quasi sempre alla distesa lagunare dove la legittimità poetica sembra più consenziente e necessaria, e il poeta più esposto a legami linguistici e marinari. Dalla pianura acquorea la trama labirintica assume la forma di un pesce, i canali s’infittiscono alla più corta misura e ci si accorge di avere un bisogno di realtà, di uno strumento che fermi alla banchina, alle fondamenta: ecco i “nodi parlati”, nodi di avvolgimento sicuri per l’ormeggio e facili da sciogliere per necessità di veloci ripartenze.
……Dunque sono Nodi parlati le recenti prove di Alessandra, tese a raggiungere e confrontarsi quelle che lei definisce “Lacune” di Laguna, interruzioni o mancanze che ostacolano i movimenti di chi nella natura è cresciuto nascendo da avi rispettosi e ricchi di spirito. Una lingua mai distolta per secoli, architettonicamente leggibile da tutti, mentre oggi ci si addentra soltanto percorrendo anfratti, rii, sotto architravi, e facendosi largo fra la melma depositata dalla nostra contemporaneità perduta. Perché da molti anni la lingua di Venezia è costipata come un’anima aperta alle ferite. Variazioni a lungo impreviste, i loro effetti, sono ripresi dall’occhio fotografico dell’autrice mentre segue il volo degli uccelli migratori nei venti sabbiosi, alla ricerca di verità che appaiono taglienti. La pietra d’Istria mostra l’evidenza della ruggine giunta fin qui. Gli alabastri e gli archi dorati ancora riescono a tenere a fuoco il filo geografico, non si sa per quanto, ma i versi delle poesie non sono apologetici, si restituiscono con gli stessi materiali da cui originano, nel destino psichico che Pellizzari vuole a ogni costo rimandare allo straniero.
……La sostanza terrestre a cui ci ha introdotto questa ricerca poetica, fin dai tempi di Lettere a cera persa e Mutamenti, s’increspa di più a ogni nuova uscita, configurandosi a tratti come aperta ribellione, lezione di realtà, mentre la lingua non perde la guida e la voce s’insinua rapida e tagliente nelle fessure attestanti il “fuori sesto”, che non è solo temporale ma di fatto tellurico. La versione inglese di Patrick Williamson (Clove Hitches, a Venice poem), concentrata e garbata, segue le orme dell’autrice, riflettendosi come se il muto Pound nelle Calli avesse ricevuto una spinta a parlare, fra un gelato e l’altro insieme a Olga Rudge. Come ben sapeva Hugo Pratt, le favole ancora possono avverarsi dentro lo stampo ittioforme di Venezia. E non era da meno Jean Giraud (Moebius) nel suo Venezia celeste. La lingua inglese s’assesta nei territori lagunari, gli scrittori d’Oltremanica e d’Oltreoceano ne accarezzano il fluire, e spesso con dinamismo hanno resistito ai mutamenti epocali, inseguendo i suoni e gli scavi dentro l’italiano arricchito instancabilmente da certi poeti. Nodi parlati esprime gli odori e i suoni, talvolta ovattatati e talvolta limpidi secondo il moto delle maree e dei venti, che il corpo lagunare prodigiosamente conserva per chi vuole attraversarlo e cantarlo: è la resistenza della natura fatta lingua necessaria, positiva, vi si ascoltano i passi odierni, cauti e attenti, e i passi degli artefici letterari che la città millenaria teneva per sé prima che le pallottole, la pazzia o la vecchiaia li facessero fuori.
……Un mondo di creature che intentano relazioni con quanto ancora sopravvive: in queste poesie la fluidità delle immagini è compagna dei salti linguistici verso cui la ricerca poetica di Pellizzari è da sempre concorde. Ora con qualcosa in più: la strada civile e materna ritrovata nel complesso tessuto del territorio natìo.

 

Testi

 

Sulle coperture di convolvolo,
le orlature di nebbia dilatano i rossi amaranto,
gli accesi vermigli, i rossi spenti,
la cauta giunchiglia si veste di cremisi.
Dove, sulle coperture di un accordo,
il filo d’erba cammina lungo le vene
di una tegola,
con il suo arpeggio atonale a spina di pesce
e il tappeto bicorde si appoggia al cielo.

Sulle sequenze dei camini, l’altana
accompagna la rabbiosa grandine,
mentre la cadenza degli inganni
raffigura una nuvola.
Dove l’intrico arranca,
tra le modanature
sulle cicatrici dei disincanti,
dispersi sulle partiture,
sulle righe iterate del tempo.

 

The fringe of fog on convolvulus roofs
dilates amaranth reds, fierce vermillion,
and dull reds; the cautious daffodil
dresses in crimson.
The blade of grass runs on the roofs
of a chord, along the veins of a tile,
with its atonal herringbone arpeggio
and bichord carpet outlined by sky.

The altana accompanies hot-tempered hail,
on sequences of chimneys,
while the cadence of deceit
depicts a cloud.
The tangle trudges there,
between mouldings
on the scars of disenchantment,
dispersed on scores,
on iterated lines of time.

 

*

 

Gocciolano le merlature dei pinnacoli,
appisolate sull’innalzamento di un doppio
diesis. Qui, tra le remissive pause dei trafori,
reclinati sulle dorature di foglie,
gli umori dei venti e i riflessi piombati,
àlbano.

Gocciolano le liquorose coppe,
sulle giunture/suture dei contrappunti,
tra i gradi congiunti degli architravi.
Le brunite nicchie
e i venosi rivoli, rinviati dai marmi,
spiovono.

 

Dripping battlements of pinnacles,
dozing on a soaring double sharp.
Here, between yielding pauses of fretwork,
wind moods and leaded reflections,
stretched out on gilding of leaves,
dawn.

Dripping fortified cups
on the seams/sutures of counterpoints,
between joined degrees of architraves.
Burnished niches
and venous rivulets, rebuffed by marble,
flow down.

 

*

 

Quando sulle coperture dei preludi
si zittiscono i violini girovaghi,
gli antri annebbiati degli archivolti,
intonano voci.
Dove finirà la contaminata bellezza?
Forse su una voce più grave,
sul gesto incompreso
di una cella campanaria,
sull’ondulata frazione di tempo?
Laggiù,
dove gli uccelli migratori lasciano
le dimore incerte dell’arco soffocato,
tra le sbavature cifrate di una nave.
Forse sul vento sabbioso,
sulle fosche verità delle seti?
Quando le taglienti verità
della pietra d’Istria,
cederanno all’evidenza dell’algosa
ruggine,
sulle lische dei mattoni,
il rosso granata,
scorticato dalle polveri,
andrà a svanire nella chiusa gotica,
annodando i silenzi.

 

Voices sing on the roofs of preludes,
through foggy caves of archivolts,
whenever wandering violins
are silenced.
Where will the contaminated beauty end?
Perhaps, on a more serious note,
with the misunderstood gesture of a belfry,
on the undulating fraction of time?
Over there,
where migratory birds leave
the dicey dwellings of a suffocated arch,
among the encrypted smudges of a ship.
Perhaps on the sandy wind,
on the dark truths of silt?
When the sharp truths
of Istrian stone
give way to the evidence of rust seaweed,
on brick-bones,
the garnet red,
flayed by dust
vanishes into the Gothic enclosure,
silences snarled.

 

*

 

Oh moniti di granito,
tra viscere nude,
che lentamente il mondo consuma,
con gli stridori di nerofumo,
nei serali compositi.
E tu, airone cinerino,
dalle ossa contorte,
spezzi gli intermezzi roteanti
di tamburi circospetti,
nelle marce oratorie.
Dove deponi il tuo nido sfocato?
Tra i gironi sdegnosi del fondaco?
Sulle altezze dei contrabbassi o sul cordame
di un’insegna?
Come svapora il colore trafitto,
quando brucia il volto rubato di un capitello?
Oh viscere nude, tra i guaiti dei fondali,
i regni e i labirinti di palafitte,
motteggiano le morti fangose.

 

O granite warnings,
deep down in the entrails
that the world slowly consumes
with the grating of carbon black,
in compound evenings.
And you, grey heron,
with crooked bones,
breaking the twisting interludes
of wary drums,
in oratory marches.
Where do you lay your shadowy nest?
Among disdainful rounds of the warehouse?
On the top of double basses or the ropes
of a sign?
How does the transfigured colour fade
when the stolen face of a capital burns?
O bare entrails, the muddy dead banter
amid the wailing of the sea-bed,
the kingdoms and labyrinths of pile dwellings.

 

*

 

Sulle tessere e i fogli d’acqua,
nella mescola che s’intorbida,
il preludio dello scafo di luna
risuona sulle scaglie di sale.
L’incarnato sfolgora
sugli specchi di scale inondate,
tra i rinvii e carni di velluto
dove poggia l’avidità dello sguardo.

 

The prelude of the crescent hull
resounds on salt flakes,
on tickets and sheets of water,
in a muddied mess.
The complexion blazes
in mirrors of flooded stairs,
between idlers and velvet flesh,
where greed rests its gaze.

 

*

 

Così lungo gli stupori di musiche e di silenzi,
la voce rauca della garzetta spargerà il seme.
Lì nel fondale del Lazzaretto,
dove il vecchio cormorano si piega
ai ritorni, mentre rinvigorisce l’onda urlante.
Sulla riva che figúra in celidonio e assenzio di laguna,
s’infiorano il gelso e i tralci d’uva,
sul luccichio delle pietre,
sulle vene comunicanti
di un barchino abbandonato.
Le forze si manifestano sulle lacrime di limonio,
sull’àncora arrugginita che vortica,
tra il verde oscuro di verde.

Lungo i ghebi sinuosi andrà a morire
la primavera estranea alle sue piaghe.
Tutto da ogni parte sarà uguale,
diverso a se stesso, muto frutto poroso,
parola-chimica e cancrena.
Così, lungo gli stupori di musiche e di silenzi.

 

Such long amazements of music and silences,
the hoarse voice of the gazette will sow its seed.
There, with the Lazzaretto as a backdrop,
where the old cormorant bends at the loops,
while revitalizing the screaming wave.
On the bank where lagoon celandine and absinthe
appear, and grape shoots and mulberry embellish,
on the glitter of stones,
on the communicating veins
of an abandoned barchino.
Forces take form on sea-lavender tears,
on the rusty anchor that swirls,
through the murky green of green.

The strange spring with its scourges
will go to die among sinuous ghebos.
Everything from everywhere will be equal,
different to itself, mute porous fruit,
word-chemistry and gangrene.
Such long amazements of music and silences.

 

*

 

La notte raccoglie gli sguardi degli aironi
tra gli agropiri.
Le onde vociferano i silenzi,
tra i filari di San Francesco del Deserto,
sulle note che sprofondano
ai limiti delle luci,
sulle note che irradiano la fronte del cielo,
rabbuiato di sabbie e di fumi.
Smuove l’ala di una nuvola sui
cori interrotti dei cipressi,
stretti nel puro accadimento.

 

The night gathers heron glances
through sand couch.
Ripples make silences clamour,
among the rows on San Francesco del
Deserto, on notes that subside
to the bounds of lights,
on notes that illuminate the sky’s brow,
darkened with sand and smoke.
Unsettle the brim of a cloud
over interrupted choirs of cypresses,
strait by pure accident.

 

*

 

Dai merletti delle barene
i cormorani si apprestano a partire,
mentre i gabbiani incorniciano l’alba.
Il rumore dei passi tra le calli, il crepitio
di foglie increspate
sulle scie dei cieli stralunati,
s’insabbiano tra i ricordi nel fango.
Le mani, i riflessi, i corpi terrosi,
tra gli sterposi nulla e i fogli d’alga,
i motivi di musiche, gli incontri di sale
le bocche avide di suoni.

 

Cormorants about to leave
the lace of sandbanks,
while seagulls frame the dawn.
Footsteps echoing the streets, ruffled
leaves crackling
on the trails of thunderstruck skies,
buried among memories in the mud.
Hands, reflections, earth-covered bodies,
among bare scrub and sheets of seaweed,
musical motifs, meetings of salt mouths
greedy for sounds.

2 pensieri riguardo “Nodi parlati”

  1. buon pomeriggio e un saluto. mi permetto un mio personale ” punto di lettura “. alcune sequenze di versi nei testi in italiano forbitissimo e colto qui presentati si muovono impediti da sè stessi,reclusi in sè stessi e oserei persino nella loro eleganza, non del tutto espressi in potenza. cerco di spiegarmi.l’ uso smodato di molti nomi e aggettivi ad architettare immagini [ più che a farle vedere ] riesce, a mio sentir, solo a metà.l’ altra metà rimane come sommessa sommersa o abortita e abbruttita nello sforzo di delineare una trama ritmicamente immaginifica.non dico che le immagini non si generano ma è come se fossero slegate fra loro, scarsamente empatiche. E’ come se l’ autrice desiderasse intimamente fortissimamente di volare ma con un soffitto troppo basso, senza botole sul tetto ma che in fondo è sotto quella copertura* che c’è la ” salvezza” tutto molto ben fatto, educato ma per raramente nudo, caldo, sensuale, rivelato vivo. eppure ho la sensazione che la poetessa abbia una propensione ed una rara attenzioni per i suoni, per la musica. aggiungo che sì ci sono versi che mi sono piaciuti e che ho sentito vibrare come ad esempio:

    ” Le forze si manifestano sulle lacrime di limonio,
    sull’àncora arrugginita che vortica,
    tra il verde oscuro di verde.

    Lungo i ghebi sinuosi andrà a morire
    la primavera estranea alle sue piaghe.
    Tutto da ogni parte sarà uguale,
    diverso a se stesso, muto frutto poroso,
    parola-chimica e cancrena. ”

    paola lovisolo

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